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Il reato di occupazione abusiva

Ha fatto scalpore il caso del pensionato che, tornato a casa, l'ha trovata occupata.

Presentate diverse proposte di legge per combattere il fenomeno e tutelare i proprietari.

Ha fatto scalpore l’ennesimo caso del pensionato che - una volta tornato dalla spesa quotidiana - si è trovato senza casa, scoprendo che era stata occupata e fosse tanto difficile rientrarne in possesso.

Il suo calvario è durato quasi un mese ma gli esperti del mondo della giustizia affermano che è stato un rientro lampo!

La politica questa volta si è mossa e diversi partiti hanno messo mano a proposte di legge per combattere il fenomeno dell’occupazione abusiva, come se non fosse storia vecchia, concentrandosi sui casi delle abitazioni lasciate momentaneamente dai proprietari e non degli immobili lasciati vuoti o inutilizzati dai proprietari.

In realtà chi entra illegittimamente in un’abitazione privata commette sempre un reato però si deve distinguere se l’immobile è generalmente occupato o meno; infatti la Corte di Cassazione con due sentenze della seconda sezione penale, la n. 26225 del 18 settembre 2020 e la n. 35024 del 9 dicembre 2020, ha già assicurato che non è punibile chi occupa gli alloggi sfitti per “stato di necessità” (art.54 C.P.) avendo commesso il fatto perché “costretto della necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”.

Chi già storce il naso per questo distinguo che lascia discrezionalità al giudice di capire quale pericolo corresse l’occupante, è meglio che fermi la sua lettura perché le sorprese non finiscono qui e potrebbe farsi il sangue amaro nel costatare come il legislatore trovi tanta difficoltà a proteggere la proprietà privata.

In realtà per occupare un’abitazione privata si debbono commettere diverse illegittimità: la prima è di “danno al patrimonio” perché solitamente si forza la porta d’ingresso, spesso blindata, ma questo non è un reato; infatti il Codice Civile (art. 2043) dispone che il danneggiante è obbligato al risarcimento del danno (facendo una causa) ma dato il profilo economico di chi occupa, generalmente è come chiedere acqua ad un assetato.

Per entrare in una casa abitata, però, di solito si compiono contemporaneamente almeno tre reati: il primo è la violazione di domicilio (Art. 614 C.P.) che comporta da 1 a 4 anni di reclusione, il secondo è l’invasione di terreni o edifici (Art. 633 C.P.), che comporta da 1 a 3 anni di reclusione e una la multa da euro 103 a euro 1.032, e il furto delle utenze (Art. 624 C.P.), che si perpetua durante tutta l’occupazione, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516. Quest’ultimo reato tuttavia è sistematicamente sottovalutato, sia perché difficile da quantificare sia perché marginale sotto il profilo economico, rispetto al valore della casa, ma rappresenta pur sempre un ulteriore danno per il proprietario ed un reato per l’occupante.

L’articolo 614 è rimasto invariato per quasi 90 anni, perché, rispetto all’originario punto del Regio Decreto n. 1398 del 19 ottobre 1930 (c.d. Codice Rocco), l’unica differenza pratica è il lieve aumento della pena detentiva, introdotto dal Governo Berlusconi nel 2009.

Ma incuriosisce un particolare: il testo precisa che “Chiunque si introduce nell'abitazione altrui…. è punito con la reclusione da uno a quattro anni”, il che farebbe intendere una disposizione tassativa ma dopo si precisa che “Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.



Questo cambio del termine, da participio passato ad aggettivo che esprime una possibilità, fa sì che si costringe il malcapitato a presentare querela ed imbarcarsi nel lungo iter della battaglia con la burocrazia giudiziaria più lenta dei bradipi.

Anche la stesura attuale del secondo articolo ricalca il testo del Regio Decreto, perché se si trascura la conversione dell’ammenda da lire ad euro, la sola modifica attiene l’aumento del massimo della pena, passato da due a tre anni.

In questo caso il testo parla direttamente di “punito a querela della persona offesa” perché, precisa, “si procede d’ufficio solo se il fatto è commesso da più di cinque persone”.

Per i più curiosi aggiungo che anche il furto è punibile su querela della persona offesa e non poteva essere diversamente.

Visto che quindi il deterrente all’occupazione abusiva è costituito da tre articoli attivabili solo su querela e con tutti i tempi lunghi ad essa connessi la gente si chiede: “ma non è possibile arrestare l’occupante visto che è colto in flagrante?”

La risposta è semplice ed è un NO.

Questo non perché la flagranza è solo nella forzatura della porta d’ingresso, come è stato sostenuto da alcuni rappresentanti delle Forze dell’Ordine per non intervenire, ma perché l’Articolo 380 del Codice di Procedura Penale prevede l’arresto obbligatorio da parte delle forze dell’Ordine per “chi è colto in flagranza di un delitto non colposo consumato o tentato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni”.

Ora senza pensare ad una squadra di numerosi occupanti (più di 5 per alzare il minimo della pena ex Art. 633), visto che basta un solo individuo per forzare l’ingresso di un’abitazione, se facciamo bene i conti i tre reati commessi contemporaneamente assommano a un minimo di 2,5 anni di detenzione quindi è insperabile ed impensabile l’arresto degli occupanti che metterebbe fine all’invasione abusiva.

A chi si chiede se non si debba modificare proprio il meccanismo d’intervento delle forze dell’ordine per permettere la liberazione della casa in modo più tempestivo la Politica risponde che si sta muovendo e infatti sono stati già presentati almeno 4 disegni di legge da diversi partiti (Atti Camera n° 3165, 3240, 3358 e 3359).

I testi degli ultimi due ancora non sono disponibili in Commissione e c’è forte attesa, il primo introduce l’articolo 633 bis con la riduzione della pena detentiva (non dimentichiamo che il sovraffollamento delle carceri spinge alle depenalizzazione delle pene minori) mentre aumenta la sanzione fino a euro 5.000; aggiunge però la previsione (un po’ generica) che, se l’occupazione si protrae oltre le 48 ore dalla querela del proprietario, la polizia possa intervenire senza indugio.

L’altro disegno prevede una riformulazione dell’art. 633 più articolata, con l’aumento del massimo della detenzione (ma senza indicare il minimo) ed un aumento della multa (anche se in misura minore dell’altra proposta).

In aggiunta c’è tutta una casistica che fa aumentare la pena di un terzo, l’ipotesi di intervento della Polizia per interrompere il reato nel caso “di flagranza di reato o di quasi flagranza”, prevede il sequestro preventivo dell’immobile e l’esecuzione di sgombero, infine introduce nell’articolo 380 del C.P.P. (arresto obbligatorio in flagranza) anche il caso di occupazione abusiva.

Agli occhi dell’uomo della strada le nuove proposte sembrano solo parzialmente efficaci; in primo luogo perché, in contrasto con la ratio dell’Art. 382 C.P.P., insinuano l’idea che non ci sia flagranza di reato nell’occupazione di domicilio che si protrae nel tempo. In secondo luogo perché non si prevede l’affidamento automatico al proprietario legittimo della custodia dell’immobile sequestrato, al fine di rimetterlo nel possesso della dimora prima possibile.

In ultimo non si comprende perché il legislatore, una volta proposti nuovi casi per l’arresto immediato, che è la vera soluzione alle occupazioni illegittime, non definisca adeguate soluzioni o misure alternative alla detenzione, coerenti con il problema di non intasare i tribunali prima e le carceri successivamente.

Staremo a vedere…



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