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L'angolo del legale - Ottobre

Come può un lavoratore difendersi dai colleghi di lavoro che lo mortificano e lo umiliano?

Gentile Avv. Peretto,

le scrivo perché mi trovo in una bruttissima situazione da cui non so proprio come uscire. Sto subendo da parecchio tempo delle vessazioni sul posto di lavoro da parte dei miei colleghi: mi prendono spesso in giro e mi umiliano per alcuni aspetti del mio carattere e per alcuni miei difetti fisici. Fino ad ora ho cercato di sopportare, minimizzando il problema, ma ora si divertono anche a farmi dei dispetti ed io non ce la faccio più.

L’ambiente di lavoro è diventato molto ostile. Cosa posso fare per difendermi?

Grazie

Valerio

 

Egr. Sig. Valerio,

c’è sicuramente una soluzione per uscire da questa brutta vicenda. Lei non può e non deve più subire queste angherie da parte dei suoi colleghi.

La prima cosa che può fare per difendersi dalle offese dei colleghi è farlo presente al suo datore di lavoro. Il datore di lavoro, infatti, è responsabile per la salute psicofisica dei dipendenti e, se non dovesse attuare delle misure per punire il fatto ed evitare che si ripeta, ne sarebbe egli stesso responsabile.

Se poi gli atteggiamenti dei colleghi dovessero perseverare può intentare una causa per mobbing.

Il mobbing, infatti, non è solo quello del datore di lavoro o dei vertici aziendali

(cosiddetto «mobbing verticale»), ma anche quello dei colleghi di pari livello (cosiddetto «mobbing orizzontale»). A tal fine sarà sufficiente dimostrare

che è stato vittima di dispetti continui e sistematici, volti a mortificarla ed umiliarla.

Quando manca l’elemento della continuità e i dispetti, sia pur ripetuti, sono occasionali, si potrebbe parlare di straining che è una forma di illecito simile al mobbing, tuttavia, caratterizzato da una minore continuità delle condotte illecite. Anche in questo caso, però, bisognerà intentare una causa ai responsabili.

Scopo di entrambi i tipi di processo è di ottenere il risarcimento del danno. Secondo la giurisprudenza, inoltre, il dipendente che si accanisce sul collega può essere licenziato. Pertanto, una volta ottenuta la condanna, si potrà anche chiedere l’allontanamento del molestatore in un’altra unità operativa.

La Cassazione (sent. Cass. 18717/2018) inoltre ha individuato un’altra soluzione per difendersi dai dispetti e dalle umiliazioni del collega di lavoro: quello della querela per stalking.

Secondo i giudici supremi, infatti, questa scatta per le continue prese in giro e i dispetti al collega. Naturalmente non si può parlare di stalking tutte le volte in cui si è dinanzi a scherzi sporadici, ma è necessario che vi siano vessazioni e umiliazioni continue, tali da creare disagio psicologico,

stress, ansia e – in definitiva – un danno per la salute della vittima oppure da indurla a cambiare le proprie abitudini quotidiane ma è necessario che vi siano vessazioni e umiliazioni continue, tali da creare disagio psicologico, stress, ansia e – in definitiva – un danno per la salute della vittima oppure da indurla a cambiare le proprie abitudini quotidiane.

Lo stalking è un reato; pertanto il colpevole subirà un processo penale. Ma lei però potrà agire anche per ottenere il risarcimento del danno.

Spero di esserle stata di aiuto in questa spiacevolissima vicenda e sufficientemente esaustiva.


Come possono tutelarsi i condomini di uno stabile in cui vi sono cani che abbaiano insistentemente ed emanano cattivi odori?

Gentile Avv. Peretto,

io abito in un grande condominio. Alcuni dei condomini si lamentano perché dicono di sentire degli odori sgradevoli provenire dal mio appartamento e dal mio terrazzo dove tengo la cuccia del mio cane ed addirittura si lamentano quando questo abbaia e minacciano di denunciarmi.

E’ possibile che accada ciò?

La ringrazio per la risposta

Giuliana

 

Gentile sig.ra Giuliana,

Gli animali, soprattutto i cani, sono dei compagni adorabili ma bisogna fare i conti con i diritti dei vicini di casa che spesso non sopportano la presenza degli stessi o sono intolleranti verso alcune situazioni che possono verificarsi.

Relativamente a quanto mi riferisce è chiaro che se l’animale è abituato a fare i bisogni nella ciotolina sistemata sul balcone o nel piccolo giardino condominiale, è facile che, prima o poi, il cattivo odore diventi insopportabile ed allora il vicino potrebbe decide di denunciare la situazione, e lei potrebbe rispondere del reato di «getto pericoloso di cose» punito con l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206 euro. (art.674 c.p.).

Questo potrebbe succedere anche se il cane facesse i bisogni sul suo balcone ma gli odori superassero la soglia di “normale tollerabilità”: così ha deciso la Corte Suprema di Cassazione con sent. N. 35566/ 2017.

Si può arrivare a chiedere l’allontanamento dell’animale dal condominio in caso di odori sgradevoli (art. 844 c.c.) se il vicino che non ne può più presenta una richiesta al Giudice di Pace.

Per quanto riguarda l’abbaio del cane, è ovvio che un cane non può prescindervi ma bisogna tener conto delle esigenze del vicinato e del diritto al riposo delle persone.

L a Cassazione con sent. N. 5613/2017 ha recentemente deciso che esiste il reato di disturbo della quiete pubblica quando un cane abbaia insistentemente, purché il fastidio sia avvertito da tutto il condominio o dal circondario.

Questo vuol dire che, se a lamentarsi è solo il vicino di pianerottolo o gli anziani del piano di sopra, questi potranno soltanto chiedere al giudice civile un risarcimento del danno. Ma sussisterebbe il reato penale se vi fosse una lamentela generale di tutti i condòmini o dei vicini delle case adiacenti. A quel punto si può parlare di disturbo del riposo e delle attività delle persone punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro (art. 659 c.p.).

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