COLLEFERRO - Si è chiuso lo scorso fine agosto il termine per la consegna dei progetti di cui al bando emesso dal Comune di Colleferro per il concorso di idee per la realizzazione di un momumento alla memoria di Willy Monteiro Duarte, giovanissima vittima dell’efferato omicidio avvenuto nel corso di una rissa nei luoghi adiacenti a quelli della “movida” di Colleferro, un sabato sera di settembre di tre anni fa.
L’obiettivo, si legge sul bando, è quello di creare un simbolo e un momento di riflessione e di condivisione su quanto avvenuto in quella tragica notte, a pochi passi dalla caserma dei carabinieri e dalla stessa casa comunale, sotto gli occhi di decine di giovani.
Il monumento ha trovato collocazione nell’ambito della nuova piazza, la Piazza bianca, colore del lutto della comunità Capoverdiana di cui è originaria la famiglia di Willy.
Già a fine 2020, poco tempo dopo l’omicidio, l’Amministrazione si prefiggeva di voler ricordare adeguatamente il giovane Willy, creando un luogo contro ogni violenza e discriminazione, dato anche che una giovane architetta della città prometteva di donare il progetto di una piazza per ricordarlo. Nel maggio 2021 si deliberava l’approvazione del progetto di fattibilità di manutenzione straordinaria, messa in sicurezza e valorizzazione del decoro urbano dei giardini “Angelo Vassallo”, luogo dell’omicidio, per un costo complessivo di 450.000 Euro, di cui 400 mila messi a disposizione dalla Regione Lazio sei mesi dopo.
Il 14 giugno 2022 la delibera della Giunta Comunale n. 112 approvava il progetto definitivo e l’avvio della procedura di espropriazione di pubblica utilità, necessaria per l’acquisizione delle aree su cui costruire la piazza bianca, cioè per “buttare giù” il bar che insisteva sul terreno adiacente ai giardini.
Un anno fa, il 6 Settembre 2022, con la posa della “prima pietra”, l’Amministrazione comunale ha simbolicamente avviato i lavori per la realizzazione della “Piazza Bianca” alla presenza della famiglia di Willy e di tutte le Autorità locali civili e religiose.
I giardini, i “giardinetti”, ormai un luogo “sacro”, “divenuto meta di pellegrinaggio” – recitava la mozione - e curato da amici e sostenitori di Willy, sfregiati ancora una volta, - prima col sangue innocente e la violenza animale di quattro prepotenti, delinquenti, arroganti, già noti a tutti per precedenti reati e prassi di violenza quotidiana, e lasciati indisturbati dalle istituzioni anche in quella orribile notte, - poi con l’asfalto divelto, dietro le transenne, con l’impossibilità di usufruire dello spazio dove Willy ha perso la vita ma dove anche centinaia di bambini colleferrini hanno giocato, studenti e pendolari aspettato l’autobus e anziani hanno letto il giornale per decenni, prendendo un caffè. Una voragine nell’asfalto tanto profonda e immobile che sembra sanguinare come la stessa ferita di un omicidio tra giovani nella nostra città, una ferita che non si rimargina.
Tra l’altro, i giardinetti, quelli storici, sono un cantiere fermo nel cuore della città morandiana, quella intoccabile su cui girare cortometraggi e dove anche il cortile di una scuola diventa una piazza “spaziale” - i “giardinetti” non ne fanno parte?
La tragedia di Willy va certo ricordata, è davvero importante riflettere e lasciare che le future generazioni siano invece ispirate da valori di pace, dialogo e fratellanza. Il coraggio di Willy, il suo sorriso, il suo sacrificio mentre voleva solo difendere un amico in difficoltà, con solidarietà e altruismo, hanno meritato la medaglia d'oro al valore civile alla memoria, assegnata dal Presidente Mattarella.
E’ stato istituito un premio per gli studenti del Lazio.
Sono state fatte interviste, trasmissioni, dirette e poi sui fatti violenti e la morte, una storia di ragazzi, ci hanno fatto perfino un podcast, tutti cavalcando perfettamente l’onda.
Il caso Willy Monteiro che ha scosso tanto l’opinione pubblica nazionale non va dimenticato.
Coltivare la memoria è certo importante e l’architettura dà, da sempre, forma alla storia, monumenti e memoriali sono le prime figure universalmente diffuse per ricordare avvenimenti o uomini di valore. Ogni monumento nasce con l’obiettivo di tramandare una memoria, è quindi portatore di un significato e ha una funzione simbolica che lo rende una delle massime espressioni del ricordo.
Ma davanti a una generazione che urla smarrimento e ha conosciuto da vicino le cifre della violenza, basterà una colata di cemento, per quanto bianca e simbolica?
Basterà un monumento, per quanto frutto di idee creative e dalla manifattura artistica?
Tra l’altro, questo avviene in un momento in cui una delle critiche più sostanziali nel dibattito contemporaneo sul concetto di monumento è proprio il fatto che numerose opere tendono ad astrarre cercando un comune denominatore, hanno la pretesa di essere l’espressione di una presa di posizione collettiva rispetto agli avvenimenti storici e tuttavia molto spesso offrono all’osservatore pochissimi o troppo pochi punti di riferimento per una riflessione autonoma. L’architetto e storico dell’arte Adachiara Zevi scriveva qualche anno fa dei “monumenti per difetto”, difetto di monumentalità, cioè dell’assenza di alcune prerogative generalmente attribuite ai monumenti, come unicità, staticità, ieraticità, persistenza, ipertrofia dimensionale, simmetria, centralità, retorica, eloquenza. Spesso i monumenti descrivono troppo e ci espropriano così della possibilità di elaborare originalmente il ricordo che finiamo con il delegare totalmente al monumento.
Scriveva poi di “contro-monumenti” o monumenti “a scomparsa” e anche di monumenti “diffusi “ e “dinamici” che hanno caratterizzato la scena dal secondo dopoguerra, molto oltre il monumento, preferibilmente in bronzo, da progettare in base al bando del Comune di Colleferro, che appare quasi anacronistico.
“Una volta che assegniamo una forma monumentale alla memoria, spogliamo in un certo grado noi stessi dall’obbligo di ricordare” (James Young, storico americano).
Speriamo tanto non avvenga questo!
E’ urgente, però, sottolineare che siamo in piena emergenza sociale, assistiamo ogni giorno a inaccettabili casi di bullismo, femminicidi, stupri, violenze, troppe volte riguardanti, tristemente, giovani e giovanissimi; in sintesi continue tragedie senza fine.
C’è un urlo silenzioso, ma neanche troppo, di giovani che esprimono in tanti modi il loro disagio, la loro solitudine, la loro sfiducia – frequenti casi di DCA, autolesionismo, crisi identitarie, dipendenze e uso di sostanze e tanto altro -, un urlo assordante che andrebbe accolto, ascoltato, accompagnato, aiutato, prevenuto, reindirizzato, curato.
La povertà educativa è una piaga sociale anche a Colleferro, basta uscire un sabato sera e imbattersi in gruppetti di ragazzini/e con bottiglie in mano, modi volgari e approccio aggressivo che, nel non sapere cosa fare, si riuniscono nelle stanzette delle vending machines. Ne hanno parlato anche a Rai3 e a quel punto c’è stata la rivolta degli intellettuali colleferrini: e certamente, concordiamo, non è così la totalità dei giovani, molti frequentano anche la biblioteca, l’oratorio diffuso, e investono nel loro futuro impegnandosi negli studi, nello sport, nell’arte.
Ma è innegabile, purtroppo l’emergenza c’è e va ben oltre i confini cittadini.
C’è tanta fragilità dietro la maschera sorridente e spavalda dei giovani della movida.
Siamo sicuri che immortalare per sempre le tracce di un omicidio in un giardino pubblico, spendendo 450mila euro, sia la risposta all’ondata di violenza e alla crisi dei valori dei nostri ragazzi?
Immortalare e cristallizzare la Colleferro che non ha saputo difendere una giovane vita, lasciandola in balia di calci e pugni fino a morirne; scrivere sul bronzo la responsabilità di tutte le istituzioni, e perchè no, anche dei gestori dei bar e dei tanti cittadini che assistono a spaccio, prepotenze e utilizzo smodato di alcolici – è questa la risposta all’odio?
Basterà una piazza con i colori del lutto per accogliere e incanalare le energie e i talenti giovanili prima che vengano dispersi?
Sarà sufficiente un monumento per essere attivi nella prevenzione e nella sensibilizzazione delle giovani generazioni? Servirà a dare una spinta all’azione educativa dei giovani e alla rieducazione anche delle famiglie, spesso grandi assenti nel progetto formativo dei minori?
Domande ad alta voce, che cercano e meritano una risposta che sia di più della cementificazione di un giardino e/o del bronzo di un monumento.
Iniziative davvero deludenti per un'Amministrazione giovane, che si prometteva innovativa.
Ricordare certamente, ispirarsi a valori buoni, sicuramente.
Urgente rispondere all’emergenza sociale giovanile oltre il bronzo del monumento, oltre una bella piazzetta di cemento bianco.
Oppure sarà solo la narrazione artistica e politica di una triste storia e di uno scarico di responsabilità.
Willy, scusaci l’incapacità di guardare oltre, come invece facevi tu, sorridendo sempre.
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