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Piano scuola, più ombre che luci

Operazione d'immagine del Ministero nei nuovi programmi scolastici.

Circolari poco chiare, utilizzo di fondi già stanziati e docenti trasformati in animatori.

Il Piano Scuola Estate 2021 viene annunciato da una circolare di fine aprile: un ponte per un nuovo inizio, descritto col nuovo stile di viale Trastevere, non burocratico, inclusivo, a tratti lirico. Che cita financo John Lennon.

Si parla di “diffuse privazioni sociali, culturali, economiche”, “dedizione umana e professionale”, “sguardi plurimi”. “Occorre” si legge nel preambolo del documento “una scuola aperta, dischiusa al mondo esterno.

Aprire la scuola significa aprire le classi ai gruppi di apprendimento; aprirsi all'incontro con ‘altri mondi’ del lavoro, delle professioni, del volontariato; come pure aprirsi all'ambiente; radicarsi nel territorio; realizzare esperienze innovative, attività laboratoriali. Si tratta di moltiplicare gli spazi, i luoghi, i tempi, le circostanze di apprendimento, dentro e fuori la scuola.”

Chi può dirsi contrario a tale afflato?

Sulla carta, nessuno. Moltiplicare spazi, luoghi e tempi pare la soluzione, un farmaco potente per annosi malanni, che anche i non addetti ai lavori conoscono.

Peraltro si chiede alle scuole di organizzare tre mesi di recupero in meno di un mese, con le altre annuali e consuete scadenze in corso, investendo gli organi collegiali di decisioni prive di cornici certe di riferimento, poco chiarite anche dalla successiva circolare di maggio.

L’impressione, che si vorrebbe sbagliata, è che si sia di fronte ad una operazione di immagine, che spaccia per investimento fondi già stanziati, che chiama “ponte per l’apprendimento” la necessità di organizzare forme di recupero.


Ma andiamo con ordine.

· Il Piano, in tre fasi che arrivano al settembre del 2021, quindi alla ripresa dell’anno scolastico, non è stato preceduto da un monitoraggio di ciò che le scuole di ogni regione hanno fatto: come ha funzionato il servizio scolastico nelle diverse istituzioni? C’è stato un riconoscimento, una valutazione, pure un sondaggio delle scelte autonome delle singole scuole? Di fronte all’emergenza, che non è più tale da un pezzo, la Dad è servita da salvagente, per un po’ è sembrata la panacea, poi si è fatta un’inversione ad U e si è cominciata a considerarla didattica di serie B, surrogato, “quasi” scuola. Giudizi pressapochisti sono piovuti addosso a docenti, e anche a discenti impegnati ore in video, da parte di intellettuali e personaggi in vista, che conoscono le scuole per averle frequentate negli anni ’60-’70, tutti a discettare di “tempo da recuperare”. In un sol colpo si è annullato il valore di un lavoro importante, svolto inizialmente in assenza di quadri normativi di riferimento, poi via via normatosi strada facendo. In sostanza, pare che questo piano debba colmare lacune causate da un insegnamento intermittente: non è così. O almeno, non è così dappertutto.


· Si obietterà che sono stati stanziati soldi, e che questa è un’opportunità in ogni caso. Indubbiamente, ma giova qui ricordare che non si tratta di un investimento ad hoc, ma di nuovi nomi a fondi vecchi e già stanziati: tre, per l’esattezza. I 510 milioni disponibili per l’attuazione del Piano scuola estate sono infatti così ripartiti:

320 milioni di euro dal PON “Per la scuola” 2014/2020, il cui bando è scaduto il 21 maggio 2021;

150 milioni di euro distribuiti alle scuole in base alla popolazione scolastica, in base al D.L. 22 marzo 2021, n. 41;

40 milioni di euro con procedura selettiva, in base al D.M. 2 marzo 2021, n. 48, con scadenza a fine maggio.


· In sostanza, la logica sottesa a un tale piano è emergenziale; i tempi non sono distesi; le scadenze a breve inducono le scuole a ripresentare vecchi moduli, relativamente ai Pon, a progettare di fretta, laddove esistono team di progettazione coesi ed efficienti, ad investire soprattutto nei corsi di recupero.


· Da ultimo, due piccole riflessioni. La II fase del Piano, di Rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e della socialità, prevede, in termini generici, che le scuole promuovano attività Campus (Computing, Arte, Musica, vita Pubblica, Sport, poteva mancare un acronimo?): di colpo, l’istituzione scolastica diventa un Crest, un centro estivo ricreativo, laddove esistono, in molti territori, Enti Locali, del Terzo Settore etc. che svolgono in maniera adeguata questo compito e che magari aspettano i mesi estivi per poter ripartire. I docenti si trasformano in animatori e il gioco è fatto. E tempo scuola, organici, reclutamento, dimensionamento, sdoppiamento delle classi numerose? Nulla, nel Piano Scuola non un accenno: d’altronde, l’estate dura una sola stagione.

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