Mafalda Soap, una pulce con la tosse
Da tempo, ogni giorno vediamo scorrere sugli schermi televisivi immagini di violenza delle guerre, mentre siamo occupati a fare altro. Immagini alle quali siamo avvezzi, perché sono troppe, perché ci siamo abituati alla sofferenza, o perché vogliamo difenderci dal tanto dolore trasmesso. Siamo talmente distratti da altro da non indignarci.
La guerra sembra essere un evento normale, ci condiziona dalla nascita e si è radicata nella società e nel linguaggio giornaliero.
La guerra ha bisogno di un nemico, l’altro diverso che genera paura, odio, vendetta.
Per sconfiggere il nemico ogni mezzo per eliminarlo è lecito. Come possiamo considerare giusta una guerra, se dietro di sé lascia morte e distruzione. Come possiamo considerare che una guerra sia utile, quando a morire sono bambini, donne ed anziani.
Dai tempi antichi a tutt’oggi, la guerra fa compiere le peggiori azioni che un essere umano possa commettere.
Nel preambolo dell’atto Costitutivo dell’Unesco si legge: le guerre hanno origine nella mente degli uomini, ed è nella mente degli uomini che si devono costruire le difese della pace.
Pertanto, se la guerra è una costruzione mentale, allora si può costruire anche la pace. E la guerra è anche una costruzione culturale.
Educhiamo la società alla pace, ai diritti umani, alla democrazia, ad una società che si assume la responsabilità, al riconoscimento di giustizia, all’uguaglianza, alla libertà, che educhi al rispetto degli altri, ad accettare dei conflitti elaborandoli.
Il concetto di guerra si è insinuato nella coscienza, giustificandola con ideali laici o religiosi.
La guerra produce violenza, non la previene, annullando il senso della morale. Non ci sono concetti chiari sulla guerra, si considera occasionale, migliorabile con azioni diplomatiche e fatale alla stregua di una malattia.
Ma tutti pensiamo che sia indipendente dalla propria volontà.
Per giustificare la guerra, viene imbastita di ideali, molto alti.
Nei libri scolastici si racconta soltanto la guerra, senza raccontare come si è arrivati alla pace. Dove c’è guerra, lì, non c’è politica, ma violenza e le parole non trovano spazio.
Con queste modalità si normalizza l’idea della guerra, e non ci si indigna più. Si accetta. Per alimentare la guerra, si ha bisogno del nemico, davanti al quale si sfrutta l’aggressività individuale. Basta l’idea del nemico, non deve esistere davvero.
Chi combatte la guerra, non sente le urla, non vede corpi martorizzati, fatti a pezzi. Non vede le vittime come esseri umani. Vede le persone che si dividono in buoni e cattivi.
Smette di pensare e accetta qualsiasi azione, anche se orribile. Sia durante che dopo la guerra gli effetti sono e saranno devastanti per chi subisce e per i soldati.
Chiarisce i concetti descritti, la citazione tratta dal libro “la guerra giusta” (H.Zinn, G.Strada, 2005) … ho deciso che la guerra corrompe chiunque vi prenda parte, che avvelena le menti e gli animi della gente su tutti i fronti. Ho realizzato che esiste un meccanismo per cui io e altri siamo diventati gli assassini di gente innocente… Per costruire la pace occorre iniziare da noi, così che si modifica la cultura, che va ad influire sulla modalità di sviluppo del nostro mondo.
Il tutto sulla base di giustizia, uguaglianza, libertà, rispetto per l’altro, chiunque esso sia.
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