Due mesi fa i ragazzi e le ragazze del Dopolavoro Ferroviario e della Palestra Popolare hanno dato vita ad un nuovo progetto negli spazi della stazione di Velletri, quello della Biblioteca Clandestina, con lo scopo di riqualificare una zona che viene troppo spesso abbandonata al degrado.
Dopo “l’apertura” di questo spazio, dove i libri e la cultura sono gratuiti e accessibili a tutti, ci sono state due risposte differenti da parte della cittadinanza: da una parte cittadini che si fermavano incuriositi a leggere i titoli presenti nella piccola biblioteca, dall’altra persone un po’ meno rispettose dei luoghi pubblici che imbrattavano i libri e li gettavano a terra.
La risposta del DLF e della PPDLF è stata quella di intervenire nuovamente in quello spazio, migliorandolo, rendendolo più bello, con la speranza di sensibilizzare le persone al corretto utilizzo dei luoghi pubblici e creando un “piccolo giardino fiorito in mezzo al deserto”.
Perché infatti, se da una parte l’ingresso della stazione è stato completamente rimesso a nuovo, c’è un’altra struttura, quella a cui si accede per andare al tunnel che porta ai parcheggi dietro la stazione, completamente abbandonata a sé stessa, sporca e mal ridotta, dove al momento spicca un solo angolo risistemato, quello appunto della Biblioteca Clandestina.
La teoria delle finestre rotte dimostra come un luogo sporco, non curato e vandalizzato, alimenti comportamenti di questo tipo, antisociali, in cui le persone, vedendo come il luogo sia ridotto, non si preoccupano di sporcare ancor di più o di perpetrare atti vandalici; questo è quello che in parte accade in quello spazio della stazione di Velletri.
Il Dopolavoro Ferroviario e la Palestra Popolare con il progetto della Biblioteca Clandestina hanno voluto lanciare una critica a chi questa città e questo spazio li ha gestiti in passato e a chi li gestisce tuttora.
Il comunicato del DLF e della PPDLF:
“Lo stazzo dal latino significa stazione, luogo di sosta, come questo…e come questo, il termine viene usato come spregiativo per un luogo che serve, dove si passa la maggior parte del tempo, ma nonostante questo, o proprio per questo, è sporco e disordinato. Più belli i salotti, i giardini recintati, chiusi e non accessibili al pubblico, che è ignorante e sporca. La colpa è sempre di chi usa, mai di chi progetta una cattedrale nel deserto, la abbandona al suo destino e poi ogni cinque anni se ne ricorda come fosse una Gerusalemme da conquistare. Lo stazzo nel frattempo vive e vivendo se ne frega di chi lo vorrebbe sorvegliato, chiuso, presidiato, immobile. Uno stazzo di vetro, legno e rame, imbiancato di fresco una volta ogni tre anni, insultato e fotografato una volta al mese, salvato una volta ad elezione. Dimenticato ogni giorno, tranne da noi, da te che lo vivi e leggi qui ora. Fai vivere il tuo stazzo”.
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