Ripensare la città in funzione delle persone e delle loro esigenze vere e naturali è un processo iniziato negli anni ‘60 nelle città e cittadine del nord Europa. Copenaghen fu una delle prime.
Copenaghen era a quei tempi una città piena di auto, ogni piazza era un parcheggio, le strade erano invase da auto, smog e rumore. Pochissimo spazio per pedoni e ciclisti (per i quali il transito era molto pericoloso). Poi la municipalità ebbe il coraggio di pensare che non si potesse andare avanti così. Cominciò a liberare gli slarghi e le piazze dalle automobili e ad introdurre zone interdette alle auto. A ridurre pian piano la disponibilità di parcheggi a raso.
All’inizio la gente si lamentava, poi però, vedendo come si trasformavano questi luoghi e sperimentando le opportunità che si creavano per se stessi e per gli altri, finivano per cambiare atteggiamento. Erano gli anni ‘60.
Sgombriamo il campo da equivoci: in questo articolo non si vuole parlare di ISOLE PEDONALI. In questo articolo si vuole parlare di SPAZI.
L’osservazione dall’alto dell’immagine di una qualsiasi città o cittadina come la nostra lascia il più delle volte basiti: al netto degli edifici, la quantità di spazio dedicata/occupata dalle auto è enorme. Si fa invece fatica ad individuare qual è lo spazio dedicato ai pedoni. In molti casi semplicemente non c’è!
Tuttavia, da cosa è fatta la vita nelle città se non dai pedoni?
Jan Gehl, urbanista di fama internazionale nonché uno dei protagonisti principali del piano di Copenhagen, descrive nel suo libro Life between buildings la vita tra le forme costruite ovvero come si configura la vita delle persone negli spazi pubblici (quando tali spazi gli sono concessi).
Tale vita è fatta da bambini che camminano per andare a scuola, da chi fa una passeggiata in un momento di relax o semplicemente persone fuori casa a respirare un po’ di aria fresca; possono essere anziani che portano a spasso i loro cani o può essere un gruppo di ragazzi che si ritrova tra amici sempre ad un determinato angolo di una strada o di una piazza. Persone che si incontrano e scambiano idee ed informazioni, bambini che giocano o gente che consuma un pasto all’aperto.
Lo stesso andare in bicicletta è una forma della vita pubblica. Andando in bicicletta, le persone si possono vedere a vicenda. Possono vedere cosa succede sul marciapiede ed intorno a loro. Possono rallentare, scendere incuriositi da una vetrina, fare acquisti e rimontare in sella. Passare infatti da ciclista a pedone e da pedone a ciclista si fa in un attimo.
Dice Gehl: “Essere su una bicicletta (o a piedi), significa essere immersi in un ambiente urbano mentre essere su un’ auto significa attraversare l’ambiente urbano”. La differenza è abissale. Essere immersi nell’ambiente urbano significa interagire ed è solo dall’interazione che scaturiscono la vita e la prosperità di una comunità. Ecco perché togliere spazio alle macchine e restituirlo gradualmente ai pedoni significa far rivivere una città.
I benefici di una città per le persone (e non per le auto) sono in verità molteplici. Se ne possono sintetizzare almeno sette:
1. SENSO DELLA COMUNITÀ
Lo spazio pubblico reso fruibile alle persone crea una atmosfera sociale in cui si può per esempio incontrare un vecchio amico per strada o conoscerne uno nuovo. I legami si rafforzano e si ampliano e con essi il senso di far parte di una comunità che ne esce rafforzata. Siete mai riusciti a conoscere qualcuno stando in macchina?
2. MAGGIORE EQUITA’
Bambini, anziani, disabili. La maggior parte delle città non sono fatte per queste persone ed in generale per chi non ha una macchina. Per lo più gli spostamenti a piedi sono caratterizzati dall’essere veri e propri percorsi ad ostacoli tra auto in doppia fila, strettoie, discontinuità di passaggio (laddove invece i percorsi delle auto sono continui e ben levigati). Passare da una città delle auto ad una città per le persone rende la città più accessibile a tutti. Le città che funzionano bene per i cittadini più vulnerabili infatti tendono a funzionare bene per tutti.
3. SALUTE
La città per le persone incoraggia i cittadini a stare fuori e a camminare. Inutile dire quanto camminare e muoversi sia importante per la salute. Poterlo fare in città (invece che al 3C per chi è di Colleferro) aggiungerebbe al beneficio della salute indicato in questo punto anche tutti i benefici degli altri punti.
4. ECONOMIA
Uno dei vantaggi principali della città per le persone è la diversificazione della ricchezza attraverso la crescita dei negozi di prossimità. Quando si ha l’abitudine di spostarsi in auto si fa presto ad uscire dalla città e a raggiungere il centro commerciale, l’outlet o la grande distribuzione. La città per le persone invece favorisce il negozio di prossimità e, incredibile ma vero, rischia di intaccare anche parte di quella ricchezza che finisce nelle casse di Amazon. Inoltre. come accennato prima, è laddove le persone hanno la possibilità di interagire, confrontarsi, conoscersi che si sviluppano idee e ricchezza.
5. SICUREZZA
La città per le persone restringe automaticamente gli spazi legati alle automobili ed allarga quelli destinati ai pedoni, inducendo così una naturale riduzione di velocità in area urbana senza bisogno di dossi o autovelox. La città per le persone produce sicurezza anche in virtù del maggior numero di persone appunto in strada se lo stare in strada viene favorito, reso piacevole ed interessante restituendo spazio.
6. BELLEZZA
Il tema potrebbe essere considerato del tutto soggettivo ma quando le persone vanno a piedi o in bicicletta hanno il tempo di osservare e di godersi l’architettura o di accorgersi del degrado e della bruttezza. Ciò si riflette in una maggiore attenzione alla qualità ed alla bellezza dello spazio urbano. Se invece le persone “corrono” in macchina non c’è modo né motivo di preoccuparsi di quello che c’è intorno: l’importante è andare e possibilmente trovare un “buco" in cui lasciare temporaneamente l’auto.
7. SOSTENIBILITA’
Le città progettate intorno alle persone sono intrinsecamente sostenibili. La mobilità muscolare (piedi e bicicletta) può arrivare nelle città a sostituire in gran parte quella basata su combustibili fossili, con conseguente riduzione dell’inquinamento da polveri.
La presenza di più persone in strada induce inoltre a quote maggiori di verde pubblico e di alberature lungo i percorsi e le piazze.
Purtroppo ancora oggi nelle nostre cittadine le automobili regnano incontrastate, le piazze (o potenziali tali) sono lasciate usare come parcheggi, mentre le poche persone che camminano ed ultimamente anche i ciclisti sono costretti a muoversi con difficoltà e rischio nello spazio di risulta (proprio come nella Copenaghen di 60 anni fa).
J.H. Crawford, una delle voci più note del dibattito attuale sulle città senza auto, afferma: “Oltre ai ben documentati problemi dell'inquinamento atmosferico e ai milioni di decessi causati dal traffico ogni anno, l'effetto maggiore che le automobili riversano sulla società è il danno enorme che fanno agli spazi sociali”.
Di fronte a questo danno enorme, di cui molte amministrazioni ancora oggi si ostinano a non voler capire la portata, non ci sono auto elettriche che tengano.
Le auto elettriche infatti, al pari di quelle a combustibile fossile, non risolvono il problema degli spazi, anche se, rispetto a queste ultime non inquinano. Cosa che non è di poco conto.
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