Secondo il ministro Bianchi è la strada per migliorare l’offerta formativa. Ma la riforma potrà funzionare?
La figura del “docente esperto” è stata introdotta dal Governo Draghi, con il DecretoAiutiBis.
Questo prevede che i docenti di ruolo che abbiano compiuto tre percorsi di formazione, per la durata complessiva di 9 anni, con esiti positivi, maturino il diritto di ottenere un assegno di 5.650 euro annui, che si sommeranno all’emolumento stipendiale.
Al “docente esperto” per il primo anno scolastico, nel periodale Settembre-Dicembre verrà corrisposto un importo pari ai 4 dodicesimi dell’assegno annuale, sopra ribadito di 5.650 euro, tale introito economico inciderà sulle anzianità contributive maturate a partire dalla data di decorrenza della corresponsione e non avrà effetti di carattere previdenziale e pensionistico, inoltre il docente dovrà rimanere nella stessa istituzione scolastica per almeno il triennio successivo al conseguimento della qualifica di “esperto”.
Il Ministro Patrizio Bianchi ha spiegato che con il Decreto Aiuti Bis si formeranno 32mila “docenti esperti”, suddivisi in 8mila all’anno, con la finalità di creare in ogni istituzione scolastica un pool di circa quattro docenti in media:(un docente per ogni scuola) che apporteranno dei miglioramenti all’offerta formativa. Una prima bozza delineerà questa nuova figura priva di una specifica mansione rispetto al resto del corpo docente a partire dall’anno scolastico 2023/2024 e gli effetti operativi saranno apprezzabili tra 10 anni.
L’insegnante che vorrà diventare esperto dovrà pagare personalmente i corsi di formazione previsti che dovranno essere svolti al di fuori del suo orario di servizio, elementi, questi, non contemplabili per le altre categorie professionali, le quali si formano all’interno del proprio orario di lavoro e i costi dei corsi di formazione sono sostenuti dal datore di lavoro.
Se si considera inoltre che tra 10 anni, il potere di acquisto sarà ridotto in base ad un’inflazione annua, calcolata intorno al 6%, nel 2032, i 5.650 euro corrisponderanno a circa 3.000 euro attuali. Da giorni si dibatte su questo provvedimento, dove l’iter del probabile" docente esperto" è stato definito “astruso nei contenuti e incomprensibile nelle motivazioni” poiché non si comprende l’utilità di questa figura; si era anche ipotizzato che in virtù della Buona Scuola occorresse un middle management: figure competenti , da affiancare ai Dirigenti scolastici e ai DSGA per particolari organizzazioni, ma tale ipotesi non sembra rispecchiare la realtà poiché, il “docente esperto” è legato alla scuola di appartenenza senza poter assumere contratti extradidattici: la sua funzionalità è riferita esclusivamente alla didattica e, se queste sono le premesse, forse, questo sistema di innovazione dell’istruzione non sembra possedere la struttura risolutrice, quindi il “docente esperto”, è esperto rispetto a chi? Ars quale altro docente?
Dato che, per diventarlo occorre la laurea, la specializzazione, il superamento di un l concorso, l’auto aggiornamento svolto nel tempo libero e a proprie spese.
È vero che in altri paesi la progressione di carriera è legata al merito e non esclusivamente all’anzianità, condizione per cui si accede ai fondi del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) ma, il nostro sistema di istruzione è ancorato ad impegni già assunti in precedenza. Certamente ci sono delle criticità che andranno valutate e sopperite, ma il “Docente Esperto” non è la soluzione. La sua formazione è individualistica ed è priva del confronto con il Team Docente.
L’esperto sarà tenuto ad intraprendere dei percorsi didattici anche distanti dai specifici bisogni della realtà scolastica in cui opera e dove l’esperienza maturata dai colleghi nel processo di insegnamento-apprendimento, non sarà considerata. Il sapere professionale si esprime anche attraverso il bagaglio esperenziale che messo a disposizione e contestualizzato in un gruppo di lavoro, si esplica e confluisce nelle pratiche fondamentali della collegialità.
La scuola è una fucina laboriosa dove le idee, le personalità, i linguaggi si intrecciano e si risolvono nella condivisione, nel pensiero critico, nelle conoscenze e nelle competenze utili alla crescita, all’espressione del se' e della collettività poiché, se è vero che è importante determinare il sè, è il relazionarlo agli altri che ne esprime l’unicità.
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