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Faccia a faccia con la violenza di genere. Testimonianze di una vittima

In tema della violenza femminile, numerosi sono stati gli interventi legislativi mirati a rafforzare le tutele in favore delle donne, non da ultima la Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) denominata “Codice Rosso”, nella quale è previsto uno sprint per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati: tra gli altri maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, con l’effetto che saranno adottati più celermente eventuali provvedimenti di protezione delle vittime.

Il recente rapporto dell'OMS definisce la violenza contro le donne “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. L’abuso fisico e sessuale è un problema che colpisce un terzo delle donne nel mondo. Lo studio analizza sistematicamente i dati sulla diffusione della violenza femminile a livello globale, inflitta sia da parte del proprio partner, sia da sconosciuti.

La violenza comporta un’esperienza traumatica vissuta da oltre il 35% delle donne in tutto il mondo. Ha altresì riscontrato che la più comune forma di abuso, che colpisce più del 30% delle donne, viene inflitta da un partner intimo. Il numero dei Femminicidi nel 2020 è quasi raddoppiato, complice la pandemia, durante la quale le famiglie sono state più a stretto contatto.

Tra questi dati, però, sfuggono quelli delle donne che di fronte a questo fenomeno non hanno ‘voce’. Si perché oltre alle violenze denunciate, esistono i cosiddetti “numeri invisibili”, che ricomprendono tutti quei casi in cui la vittima arriva a denunciare solo dopo moltissimo tempo o addirittura non denuncia mai le violenze subite.

Esistono dunque donne che convivono con questa ferita silente per un lunghissimo periodo di tempo, in alcuni casi per tutta la vita. Cosa spinge dunque queste donne a non denunciare, a convivere con la paura ed il dolore per ciò che subiscono? Ne abbiamo parlato con una giovane donna vittima di violenza.

“Non ci si abitua mai a subire violenza, o forse sì, forse esiste un momento in cui pensi di meritare questo, preferisci subire violenza perché hai paura, anche di denunciare”.

Così, in maniera un po' confusa, la nostra giovane amica, che chiameremo Vittoria, ha iniziato il suo racconto.

“Stavo con questa persona da tanto tempo, inizialmente era l’uomo perfetto, era pieno di attenzioni nei miei confronti. ad un certo punto però quelli che inizialmente erano atteggiamenti che io percepivo come “protettivi” nei miei confronti, sono diventati opprimenti, limitanti, e poi, d’un tratto è arrivata la violenza.

“Ricordo ancora il primo schiaffo, stavamo discutendo e lui mi ha fatta cadere sul pavimento, io per un secondo sono rimasta senza parole e senza fiato, perché anche se vedi cambiare una persona mai ti aspetteresti di subire violenza da chi dice di amarti!”

Mentre ci racconta la sua esperienza, Vittoria ha gli occhi lucidi, a tratti si commuove, a tratti cerca di indurire il tono di voce, come se volesse mostrarsi “forte” ai nostri occhi che l’ascoltiamo cercando di non interromperla mai, si perché chi ti apre il suo cuore o meglio ti mostra le sue ferite, merita quella sorta di rispettoso e accogliente silenzio.

“Nel tempo gli episodi di violenza si sono moltiplicati, una volta mi ha fatto male ad una spalla, un'altra volta alla testa ma non ho mai denunciato, per paura o forse per amore, perché nonostante quello mi stava facendo io provavo una sorta di ‘amore malato’ o non saprei come definirlo, comunque un sentimento che mi accecava e al tempo stesso m’intimoriva. Negli anni mi sono abitua a convivere con il pensiero che ogni giorno poteva essere l’ultimo della mia vita, come se fosse una cosa normale!”.

Ripercorrendo insieme i lunghi anni di traumi subiti e mai denunciati, Vittoria ad un certo punto ci sorprende, in un preciso momento della sua storia, ci spiega, accade qualcosa di particolare.

“Non penso che tutte le donne ci arrivino, ringrazio il cielo che in me qualcosa sia cambiato!!

Ci racconta che un giorno, durante l’ennesimo episodio di violenza, era caduta dagli ultimi gradini delle scale di casa sua, “Avevo la faccia rivolta verso il soffitto e non riuscivo a muovermi perché paralizzata dal dolore e dalla paura, ho proprio pensato che sarebbe stato il mio ultimo giorno di vita”. Ad un certo punto il suo sguardo si è posato su un quadro appeso alla parete che raffigurava la Madonna con Gesù bambino tra le braccia, “ho pensato guardandolo: ti prego prendimi tra le tue braccia come questo bambino”, mi sento indifesa come lui”.

“Ad un tratto ho notato che lui si era dimenticato di me, mi aveva lasciata lì per terra e si era spostato altrove, così con le ultime forze rimaste sono riuscita a scappare! in verità non ci avevo mai neanche provato a scappare, quella fu la prima volta. In me si era aperto uno spiraglio di luce, mi sono sentita salva, prima o poi mi avrebbe ucciso”.

Solo dopo questo episodio Vittoria è riuscita a denunciare il partner che per anni l ‘ha picchiata, umiliata, resa fragile.

“Ti resta addosso quel senso di vergogna e di umiliazione, ti resta attaccato come la gomma alla suola delle scarpe”

Il suo pensiero poi va a tutte quelle donne che come lei non riescono a denunciare: “Più il tempo passa senza denunciare e più si crea una sorta di ‘abitudine alla violenza’, fatevi forza, la vita vi aspetta!”.

Ci ha colpito molto la storia di Vittoria, soprattutto una cosa che Vittoria ci dice durante la nostra lunga chiacchierata con lei: “Sembra che i casi di violenza siano solo quelli che sentiamo al telegiornale, ed invece il mondo è pieno di silenziose vittime, può essere la vicina di casa, l’amica, la cassiera del supermercato”. Poi aggiunge: “In quel momento nessuno avrebbe potuto fare nulla per me, o forse si”

Dunque Vittoria vuol lanciere un appello non solo alle donne che subiscono violenza ma anche a chi sta intorno a queste donne: “Non abbandonatele soltanto perché non si comportano nel modo in cui vorreste, tenetele la mano, incoraggiatele a denunciare”.

Concludiamo la nostra chiacchierata con Vittoria augurandole buona vita, e congratulandoci con lei che è stata così coraggiosa, ha vinto la sua battaglia.

Care donne che subite ogni giorno mortificazioni e violenza, in conclusione di questo momento davvero intimo, a voi vanno le nostre riflessioni, il nostro caloroso abbraccio virtuale. Vi auguriamo di essere ‘Vittoria’ nella vita. Coraggio care donne, non sentitevi sole e impaurite perché nulla deve fare più paura di chi cerca di strappavi la vita, la dignità, ed il coraggio giorno dopo giorno.



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