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Giustizia, tempi abbreviati per i processi

Immagine del redattore: Cristiana RicciCristiana Ricci

Il Parlamento ha votato la riforma Cartabia. Cambia il sistema processuale, ma c'è ancora molto da fare.

Marta Maria Cartabia, Ministro della Giustizia nel Governo Draghi

Occhi e riflettori puntati su questa nuova riforma che in poco tempo ha fatto parlare e discutere di se in termini positivi e negativi.

Come tutte le modifiche che si varano e si applicano ad un uso ben consolidato e quotidiano di una norma giuridica, non si può non parlare in modo manifesto ed evidente della modifica ai tempi del giusto processo del sistema processuale penale del nostro paese a forma di Stivale.

Nello specifico, la riforma approvata alla Camera dei deputati con 396 si, 57 no e 3 astenuti, consente al sistema processuale di accorciare i tempi del giusto processo per accostarsi sempre di più agli standard europei, che si dicono essere molto brevi. Se consideriamo che in media un procedimento penale dinnanzi ad un giudice dura, nel nostro paese, 860 giorni circa, nel resto d’Europa, a detta degli organi che costituiscono l’entità sovranazionale, il processo dura circa 110 giorni. Ammesso e non concesso che questa differenza porterebbe all’Italia un notevole risparmio forse non ci si dovrebbe concentrare solo su questo ambito.

È da considerare che il procedimento civile dinnanzi ai giudici sta vivendo un vero e proprio collasso.

I termini del giusto processo non sono assolutamente rispettati ma nessuno pone il problema; neanche l’Unione Europea.

Tornando alla riforma Cartabia, il testo emendato è composto da due articoli: il primo riguarda nuove deleghe che spettano al governo entro un anno dall’entrata in vigore della legge; il secondo articolo statuisce riguardo la modifica di alcuni ed essenziali articoli del codice di procedura penale.

Sono previste innovazioni come registri telematici aggiornati, processi in via telematica in smartworking, il processo in contumacia è possibile solo se la parte dichiara di non voler prendere parte al processo. Se non lo dichiara il giudice non può procedere con lo svolgimento della causa. Importante innovazione si ha anche riguardo la rimodulazione dei termini di durata delle indagini preliminari che sono: 6 mesi per le contravvenzioni, un anno per i delitti, un anno e mezzo per i più gravi delitti.

Ancora abbiamo proroghe per i reati di: -associazione mafiosa, -scambio politico mafioso, - associazione finalizzata allo spaccio, -violenza sessuale, -reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.

E in aggiunta i giudici di Appello e di Cassazione potranno con ordinanza, motivata e ricorribile in Cassazione, disporre l’ulteriore proroga del periodo processuale in presenza di alcune condizioni riguardanti: -la complessità del processo, -il numero delle parti e delle imputazioni, -la complessità delle questioni di fatto e di diritto.

Infine per i reati aggravati di cui all’articolo 416 bis, primo comma, la proroga può essere disposta per non oltre due anni.

Detto ciò, si deve ricordare che questa riforma è applicabile solo ai reati commessi dal 2020. Inoltre la riforma in questione è in un periodo di prova.

Sarà pubblicata nella G.U. e inizierà a decorrere nei tempi stabiliti dalla legge nel 2024. Quindi entrerà effettivamente in vigore. Che dire, speriamo che il nostro governo, colorato e intraprendente, riesca a soddisfare le richieste dell’Unione Europea.

Abituiamoci a tempi ancora più lunghi ed esasperanti. Forse un giorno da Bruxelles decideranno di modificare anche il sistema processuale civile Italiano.

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