I lavori di posa della fibra ottica che stanno interessando molti Comuni italiani mi riportano indietro nel tempo quando ebbi modo di approfondire, per una società di consulenza, l’argomento dello sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione.
Erano gli anni in cui in Italia, in un desolante scenario di diffusa e colpevole indifferenza, solo pochi Amministratori favorirono la realizzazione delle reti civiche a banda larga, soltanto quelli più attenti e interessati ai processi di sviluppo sociale ed economico delle città da loro amministrate che intuirono, con lungimiranza, le straordinarie opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
Gli Amministratori che programmarono questi interventi lo fecero perché si resero conto che le tecnologie di trasmissione rappresentavano un elemento imprescindibile per la competitività delle proprie città e per la possibilità di offrire una serie di servizi ad elevata valenza sociale che, solo per citarne alcuni, vanno dal telelavoro, alla tele assistenza, dalla tele sorveglianza, alla tele educazione, fino alla tele medicina.
Nel nostro Paese, prima di questi pochi interventi, erano state realizzate le cosiddette backbone, le grandi dorsali nazionali, le reti di giunzione e tentato, con l’ambizioso Progetto Socrate della SIP, la Telecom di allora, di portare la fibra ottica sul territorio nazionale con il ricorso per “l’ultimo miglio” dei cavi coassiali.
Furono spese ingenti risorse. Vennero cablate, soltanto alcune aree di 64 Comuni. E per gli altri 8.000 Comuni? Poco o niente.
Gli investimenti necessari per la completa realizzazione del progetto si rivelarono troppo elevati e insostenibili.
Il progetto Socrate naufragò.
Nel frattempo lo sviluppo dell’ADSL, anch’essa tecnologia di banda larga come la fibra ottica, fece sì che essa fosse preferita a quest’ultima, pur offrendo prestazioni nettamente inferiori.
Si preferì puntare sull’implementazione di una tecnologia obsoleta e sulla sua diffusione piuttosto che investire sulle reti in fibra ottica che possono essere considerate, a buon ragione, il sistema nervoso di un paese moderno, di primaria importanza per l’intero complesso economico e sociale.
Sono pertanto da guardare con favore i lavori di posa della fibra ottica che, seppur con molto ritardo, oggi, si stanno realizzando con i fondi del PNNR.
Sarebbe da capire, però, come mai i diversi piani di sviluppo e di diffusione della fibra ottica programmati nel tempo, in un contesto generale caratterizzato dalla volontà di colmare il divario digitale con gli altri paesi europei, non abbiano trovato la loro utile conclusione, come viceversa è accaduto in alcune determinate aree del nostro Paese.
In queste aree gli Amministratori locali hanno compreso, con largo anticipo, che nessun operatore delle telecomunicazioni sarebbe stato in grado di garantire, da solo, gli investimenti necessari per avviare l’infrastrutturazione in fibra ottica.
Di conseguenza sono state attivate politiche di sviluppo basate:
· sul partenariato pubblico privato;
· sul mantenimento della proprietà pubblica delle infrastrutture;
· sul coinvolgimento diretto degli enti locali, soprattutto dei Comuni, fondamentale per il controllo sulla esecuzione delle opere che doveva e deve essere effettuato con il pieno utilizzo di tutte i condotti e le canalizzazioni esistenti nel sottosuolo, limitando gli scavi, da realizzare, laddove necessario, con mini tracce di qualche centimetro e non con operazioni invasive come si vede, purtroppo, molto spesso;
· sulla compartecipazione alla realizzazione delle reti con finanziamenti pubblici stante la necessità di recuperare il divario digitale delle aree poco servite e poco sviluppate dal punto di vista dell’accesso che avrebbero subito un aggravamento del proprio ritardo perchè penalizzate dagli alti costi di costruzione e dai bassi ritorni degli investimenti;
· sull’adozione del modello wholesale-only, fatto proprio, successivamente dall’agenda digitale dell’Europa, in cui è prevista una netta distinzione tra chi si occupa della realizzazione delle reti e chi offre i servizi per l’utenza finale pagando canoni per l’utilizzo delle strutture create.
La chiave di successo di chi ha realizzato le reti in fibra ottica e che da anni hanno dato risposta ai bisogni sociali della popolazione e messo le imprese di poter utilizzare servizi per competere sui mercati nel modo migliore, rispetto agli altri che stanno provvedendo solo oggi con i finanziamenti europei, sta in due parole: intelligenza e strategia.
La sfida che pone la realizzazione delle reti in fibra ottica non è solo infrastrutturale e non si esaurisce con l’annuncio alla popolazione della conclusione dei lavori ma è soprattutto politica, culturale e sociale.
Occorre indicare le soluzioni permesse dalla fibra ottica che non possono limitarsi allo streaming di programmi televisivi, ma a servizi innovativi e a scenari applicativi in cui le tecnologie digitali consentano di soddisfare i bisogni sociali della popolazione, le necessità delle attività produttive e a far diventare le città, anche le più piccole, negli anni a venire, delle smart-city.
Sono queste le basi di partenza imprescindibili per orientare un dibattito sul da farsi, che si sarebbe dovuto tenere, da tempo, per evitare, a qualcuno, di credere erroneamente, di aver già fatto tutto.
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