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I vaccini portano il marchio degli Influencer

Una scienza esatta non esiste e credere il contrario risulta essere un’utopia.

Chiara Ferragni

Nell’era del #Coronavirus e della pandemia che ha sconvolto le nostre vite da circa un anno e mezzo, si è sviluppato negli ultimi giorni un fenomeno altrettanto fuorviante; i nostri giovani non credono più nel messaggio e nella divulgazione scientifica e ciò genera, nel concreto, lo scetticismo verso i vari prodotti vaccinali che vanno assumendo una connotazione altrettanto deviante.

Sui social “se ne sentono veramente di tutti i colori”. Ragazzi che associano l’inoculazione del prodotto farmaceutico all’implementazione di un microchip nel corpo umano.

Questa frase era stata bannata come “bufala” già lo scorso anno dai media nazionali, insieme alla notizia che riportava come il 5G fosse uno dei principali vettori del Sars Cov 2. Il fulcro centrale del problema è il seguente: quando i giovani iniziano a credere nell’efficacia dei vaccini? Non certamente quando vi è l’infettivologo di turno o comunque una fonte credibile ed autorevole dal punto di vista sanitario che stimola i ragazzi a sfruttare gli #OpenDay (giornate “sacre” che consentono di accelerare in contesto di campagna vaccinale) ma quando vi è un #influencer che dal suo profilo Instagram, Facebook e Twitch si innalza ad “opinion leader scientifico” sensibilizzando i giovani sul tema della sicurezza dei prodotti vaccinali.

Questa nuova campagna, che di comunicazione efficace non ha alcun “sapore”, rientra nell’obiettivo della ministra grillina per le Politiche Giovanili, #FabianaDadone.

La proprietaria del dicastero in questione ha letteralmente “diviso” i giovani secondo il parametro dell’età; gli under 20 utilizzeranno Tik Tok per interfacciarsi con gli influencer mentre gli under 30 entreranno in una relazione filtrata con i vip di Instagram, Facebook e Twitch. In questo quadro dovremmo dire grazie agli influencer e ai grandi brand

che promuovono per aver sensibilizzato i giovani alla sicurezza del vaccino?

Ovviamente no. Tutto ciò testimonia una crisi profonda della cultura, della sana divulgazione scientifica che a volte in televisione è carente.

Ma spostando il focus dal settore questa incertezza ed insicurezza generale verso il vaccino, quest’ultimo da considerarsi successo di civiltà, è dovuta alla rottura delle istituzioni che hanno il compito di educare i nostri giovani su come “scegliere” e stare al mondo. La scuola, oltre ovviamente alla famiglia, deve adempiere a scopi didattici ma anche educativi che siano in grado di essere applicati e contestualizzati alla contemporaneità.

Se oggi il nostro problema è uscire dalla pandemia, considerando che abbiamo “nella mani” la soluzione più efficace bisogna aiutare gli studenti, mediante una selezione del programma didattico, a fargli percepire l’importanza e i benefici delle vaccinazioni. Allo stato attuale abbiamo “il pane” per uscire dal Covid-19 ma i nostri giovani, adottando un atteggiamento di sfiducia, sembrano non avere “i denti” per afferrarlo.

La gioventù attale risulta essere alienata ed inglobata in un ecosistema-social che si prefigge di “dire il vero”, anche se non è sempre così.

Molti influencer utilizzano i network in relazione al brand che devono promuovere e più vanno spaziando sulle tematiche più svariate (sanità, politica, economia) più i loro “frutti” incrementano.

Il giovane si vaccinerà perché a certificare la sicurezza del prodotto concorre l’influencer, non la fonte autorevole e vicina al versante scientifico.

Stiamo vivendo un cambio di paradigma rappresentabile attraverso due slogan: si passa dal “fidatevi della scienza” al “fidatevi degli influencer”. Ciò sta comportando che “l’ultima sentenza” e parola la devono mettere coloro che sfoggiano in bella “mostra” borse ed occhiali da sole alla moda.

I vaccini porteranno non la “targa” #Pfizer, #AstraZeneca o Johnson & Johnson ma quella relativa all’influencer che viene pagato ulteriormente per condurre con la sua dialettica, infondata da un punto di vista scientifico ed accademico, il giovane all’inoculazione. Solo così i nostri adolescenti smetteranno di credere di essere strumentalizzati e considerati “cavie” al servizio delle aziende farmaceutiche.

Questa parte della nostra società si sta prostituendo alle parole “sdolcinate e calorose” espresse da coloro che tengono “vivo il motore” del social.

I ragazzi quando accendono la Tv e sentono Bassetti in televisione che rassicura sui vaccini fanno zapping, mentre invece dovrebbero assumere questo atteggiamento nei riguardi di chi si sta conquistando e di chi si è già garantito uno spazio rilevante all’interno dei social network.

A distanza di anni si va sempre più solidificando l’espressione di Umberto Eco intorno alla rete Internet, considerata dallo scrittore “una legione d’imbecilli”, nella quale le chiacchiere da bar si sono andate digitalizzando. Per una società più competitiva, fatta di conoscenze e cultura, abbiamo bisogno di una classe dirigente che sia in grado di orientarsi e di saper indirizzare il popolo in maniera “salutare”, “obiettiva” e corretta. In tutti i fronti della vita e in ogni professione che si va ricoprendo ci vuole una buona dose di onestà intellettuale, carente agli influencer che pensano solo al “culto Dio Denaro” e a far crescere esponenzialmente i loro profitti in relazione ai click, allo share e all’audience attiva.

L’informazione e la corretta comunicazione devono essere un esercizio che va coltivato quotidianamente da esperti che operano da anni in un determinato settore.

Chissà che dirà il nostro Piero Angela in merito alla sensibilizzazione che verrà portata avanti dai “maestri dei marchi”. La divulgazione è altro; è oggettività, onestà intellettuale considerati gli ottimi ingredienti per indicare “la retta via” ad un’opinione pubblica oggi più che mai spaesata e stordita dai continui “bombardamenti” divergenti che hanno luogo proprio sulle piattaforme digitali.

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