(SECONDA PARTE)
Ulisse le chiese se Jessica Orfei poteva avere qualche motivo per tentare di rovinarla.
Al nome di Jessica, Vilma ebbe uno scatto d’ira e profferì giudizi pesanti sulla sua collega.
· Quella ragazza è un’imbrogliona, - precisò con foga Vilma, - in apparenza era la migliore amica di Alice Donno, ma ha sempre fatto di tutto per rubarle il fidanzato, Oscar Fabrizi.
· Interessante! - commentò Ulisse. - Oscar è stato ucciso poche ore fa e ho trovato un biglietto di Jessica nella sua scrivania.
Ulisse si congedò. Attese l’uscita delle modelle, vide passare Tamara, Vilma e un’altra dozzina di belle ragazze: l’ultima fu Jessica. Si mise a pedinarla. Giunta davanti a un’edicola, la giovane donna sbarrò gli occhi di fronte al titolo di un giornale della sera: la notizia era quella dell’assassinio di Oscar.
Il volto le si trasformò in una maschera di dolore e di rabbia, poi, come presa da un raptus, si lanciò verso la sua auto, mise rabbiosamente in moto e partì a razzo.
Ulisse si precipitò a sua volta nella sua auto e dette inizio a un inseguimento mozzafiato. La ragazza non immaginava neppure di essere pedinata. Quando arrivò davanti al Castagneto frenò bruscamente, scese ed entrò nel club. Ulisse la seguì.
Come una furia, Jessica entrò nell’ufficio di Migliaccio e, decisamente, gli puntò contro minacciosamente una pistola, accusandolo della morte di Oscar e tacciandolo di essere un ingrato oltre che uno sporco trafficante di droga senza scrupoli.
Migliaccio, nonostante la paura, mantenne il sangue freddo e ribadì che era pazza, che Oscar era uno dei suoi migliori clienti e intanto riuscì ad avvicinarsi quel tanto che gli permise, con un guizzo, di saltarle addosso e di strapparle di mano la pistola.
Poi le ingiunse di uscire prima che desse retta alla voglia di ucciderla. Non appena, però, la porta si richiuse dietro l’infuriata ragazza, Migliaccio prese il telefono e formò un numero.
· Jessica Orfei mi dà molto fastidio. Riservale lo stesso trattamento di Alice e Oscar. - disse imperiosamente al suo misterioso interlocutore.
Ulisse si era visto passare davanti Jessica e dall’espressione della sua faccia capì che era sulla pista giusta: ora forse sarebbe stata disposta a parlare.
La seguì fino a casa.
La ragazza parcheggiò nel garage, invece Ulisse lasciò la sua auto davanti al marciapiede ed entrò subito nel palazzo: l’avrebbe attesa davanti al portoncino, così non avrebbe potuto mandarlo via.
Nell’ombra, però, era nascosto il sicario di Migliaccio, che trasecolò quando vide Ulisse salire le scale.
Imprecando tra i denti, si acquattò nell’angolo più buio del pianerottolo e non appena Ulisse svoltò l’ultima rampa lo assalì da terga, calando con violenza il calcio della pistola sulla nuca dell’investigatore.
Ulisse avvertì il movimento e si spostò d’istinto, ma non poté evitare del tutto il colpo.
Pur stordito, si voltò per cercare di reagire, ma fece in tempo a vedere solo il polso luccicante dell’uomo che calava di nuovo violentemente prima che il secondo colpo lo stordisse definitivamente.
Delle voci allarmate provenirono da uno degli appartamenti. Il sicario cominciò a scendere velocemente le scale, mentre l’ascensore si fermava al primo piano: ne uscì Jessica, che, riconosciuto Ulisse, chiamò aiuto e con i vicini trasportò l’esanime investigatore nel suo appartamento.
Mentre Ulisse si riprendeva, arrivò il commissario Scarpetta e una pattuglia di agenti.
Un cognac fu sufficiente a rimetterlo in piedi, seppure ancora un po’ barcollante, ma già lucido.
Ulisse chiese al suo amico commissario di rimanere con Jessica per proteggerla: la ragazza sarebbe stata già uccisa se non fosse capitato lui a rompere le uova nel paniere all’assassino.
Lui, nel frattempo, avrebbe tentato una mossa con cui sperava di far uscire allo scoperto il killer, che già aveva sulla coscienza gli assassinii di Alice e di Oscar. Scarpetta aveva fiducia in Ulisse e lasciò che andasse da solo, anche se era contro ogni regola.
Ulisse uscì lentamente: l’aria fresca della sera gli fece bene. Salì sulla sua auto e si avviò. Doveva cercare un indirizzo, ma sapeva a chi chiederlo: all’enigmatica signorina Vilma Magistri.
Non aveva premura: un attimo prima che l’assassino riuscisse a stordirlo del tutto aveva visto il suo braccio. Non gli sarebbe più sfuggito: ora sapeva con certezza chi aveva ucciso Alice e Oscar!
*******************************
L’indizio che ha messo Ulisse Zanni sulla traccia giusta è molto facile da individuare e, di conseguenza, è agevole smascherare anche l’assassino. Chi vuole, a questo punto, può prendere carta e penna e cimentarsi a fare l’investigatore scrivendo il nome dell’assassino, ma anche il suo mandante e il movente dei delitti. Si potrà così verificare, alla fine, l’esattezza o meno delle conclusioni ipotizzate, confrontandole con quelle reali a pag... *******************************
Ulisse controllò il nome, poi entrò nella palazzina e raggiunse il portoncino. Provò con una chiave falsa e riuscì a entrare. Frugò velocemente l’appartamento e non fu sorpreso di trovare delle siringhe ipodermiche né il nome e il telefono riservato di Migliaccio su un’agendina.
Il rumore della chiave nella toppa precedette l’entrata dell’uomo, che non appena accese la luce sentì alle sue spalle la voce di Ulisse che gli intimava: - Mani in alto!
L’uomo si voltò impaurito ed esterefatto: era Fausto Alinari, il celebre fotografo di moda.
Al polso ancora il largo bracciale d’argento, il cui luccichio Ulisse aveva fatto in tempo a intravedere prima di venire stordito. Lo disarmò e chiamò il commissario Scarpetta.
· Ulisse Zanni ha arrestato Fausto Alinari, il killer è lui. Sarà meglio che si decida a parlare, ora, signorina Jessica. - disse il commissario alla giovane donna, affranta e rassegnata.
· E va bene, - iniziò Jessica, - Alice Donno amava Oscar e anch’io. Lei sapeva che Migliaccio procurava a Oscar la droga. Quando decise di andare da Ulisse Zanni per chiedergli di aiutarla, si confidò con me, che ero la sua migliore amica, e io... io lo dissi a Migliaccio. Volevo Oscar tutto per me…
· E Migliaccio fece eliminare Alice prima che potesse parlare con Ulisse! - commentò Scarpetta. - E del biglietto minatorio che mi può dire?
· Lo scrissi io per spaventare la moglie del signor Zanni, - confessò, ormai svuotata, Jessica, - e impedirle di indagare nell’agenzia... lo amavo tanto e ora è morto!
· Come essere amato da una vipera! - si lasciò sfuggire un sovrintendente, impressionato.
· Anche le vipere amano! - commentò Scarpetta. - Okay, portatela al commissariato e andate a prendere Migliaccio, il mandante è lui. Io raggiungerò Ulisse.
Una veloce corsa a sirene spiegate e due auto della polizia raggiunsero l’appartamento di Fausto Alinari, dove Ulisse li aspettava tenendo sotto la minaccia della pistola il killer.
Il fotografo confessò che aveva dovuto obbedire a Migliaccio perché, altrimenti, gli avrebbe negato la droga.
Il commissario lo arrestò e ringraziò Ulisse.
L’investigatore avvertì sua moglie che stava tornando a casa, poi salì sulla sua auto e si avviò, mentre non poteva evitare di essere triste pensando che per la gelosia di una donna due giovani vite erano state stroncate e quella di un padre sarebbe proseguita nel dolore.
تعليقات