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Il mondo delle crypto valute. Una giungla da regolamentare

Il mondo digitale ha da tempo trovato spazio nel mondo della finanza.

Oggi oltre alle monete digitali (come Bitcoin, Ethereum, ecc) possiamo trovare un’infinità di prodotti finanziari con la veste digitale.

Tali prodotti sono universalmente chiamati crypto asset. In altri termini ci troviamo di fronte ad un tipo di attività registrata in forma digitale e resa possibile dall'uso della crittografia facilitato dalla DLT/blockchain.

L’impressione di fronte al proliferare di tali prodotti è spesso quella di essere di fronte ad una giungla.

Tuttavia, pensare di trovarsi di fronte ad un mondo completamente deregolamentato non è esattamente vero, anche se molto ancora è necessario fare.

In effetti, con riguardo ai crypto-assets, anche la normativa nazionale prevede specifici atti normativi, sia di livello primario che regolamentare, aventi ad oggetto soprattutto gli aspetti connessi alla normativa c.d. antiriciclaggio.

Il primo passo è stato rappresentato dall’approvazione della legge 11 febbraio 2019, n. 12, recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. Decreto Semplificazioni), con la quale sono state introdotte nell’ordinamento le nozioni di “tecnologie basate su registri distribuiti” e di “smart contract”.

In particolare, ai sensi dell’art. 8-ter, comma 1 del citato Decreto, si definiscono tecnologie basate su registri distribuiti “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”. Ai sensi dell’art. art. 8-ter, comma 2 del medesimo Decreto, si definisce smart contract “un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Inoltre, dal punto di vista definitorio e limitatamente agli aspetti connessi alla normativa antiriciclaggio, anche la nozione di “valuta virtuale” è stata oggetto di considerazione da parte del legislatore nazionale.

In tal senso, infatti, l’art. 1, comma 2), d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 come da ultimo modificato dal d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 (con cui è stata recepita la direttiva 2018/843/UE, c.d. “V Direttiva Antiriciclaggio”), definisce valuta virtuale ogni “rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. A tale definizione di “valuta virtuale” si accompagna una altrettanto ampia definizione di prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale (art. 2, comma 2): “ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute”.

È poi definito prestatore di servizi di portafoglio digitale (art. 2, comma 2) - bis) “ogni persona fisica o giuridica che fornisce, a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”.

Più di recente, il 17 febbraio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13 gennaio u.s. in tema di iscrizione dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e dei prestatori di servizi di portafoglio digitale in una sezione speciale del Registro dei Cambiavalute tenuto dall’Organismo degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi (OAM).

Con particolare riferimento all’apparato sanzionatorio, il decreto prevede che l’abusivo esercizio dei servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale (i.e. qualora dette attività siano svolte da soggetti non iscritti alla sezione speciale del Registro) sia passibile di sanzione amministrativo-pecuniaria.

Il procedimento prevede che l’accertamento e la contestazione dell’illecito siano demandati alle forze di polizia individuate dal Decreto del MEF e che la sanzione venga irrogata da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Non mancano le proposte normative a livello UE. In tale contesto, in data 24 settembre 2020, la Commissione europea, nell’ambito della “Digital Finance Strategy”, ha presentato un pacchetto di possibili interventi che intendono costituire un assetto normativo a livello europeo capace di favorire lo sviluppo e, al contempo regolare i rischi, delle diverse tipologie di crypto-asset che, tramite l’utilizzo dei sistemi DLT, possono essere offerte sul mercato.

In particolare, la CE ha pubblicato delle proposte legislative in merito a: · un Regolamento su mercati di crypto- assets (“Regolamento MiCA” o “MiCAR”); · un Regolamento su un pilot regime per le infrastrutture di mercato basate su distributed ledger technology (“Regolamento Pilot regime”); · una Direttiva che modifica le direttive 2006/43/CE, 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, UE/2013/36, 2014/65/UE, (EU) 2015/2366 e UE/2016/23413 al fine di rendere l’assetto regolamentare europeo idoneo all’ordinato sviluppo dei crypto-asset e dei security token.

Più recentemente, in data 24 novembre 2021, il Consiglio dell’Unione europea ha assunto la propria posizione riguardante il Regolamento MiCA e in data 23 marzo 2022, dopo l’approvazione della bozza di testo da parte della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (ECON), il testo del MiCAR è stato presentato nella plenaria del Parlamento europeo che non ha sollevato obiezione all’avvio del c.d. trilogo i cui lavori, secondo quanto riferito dalla Rappresentanza permanente presso l’Unione europea sarebbero destinati a concludersi entro giugno 2022.

E’ tuttavia certo, a parere di chi scrive, che la disciplina regolamentare, in particolare in tema di vigilanza, necessita ancora di un quadro normativo più certo che permetta di affrontare la questione dell’offerta di tali prodotti in maniera più risoluta permettendo di colpire i soggetti “estero vestiti” che purtroppo tranquillamente operano nel nostro paese, spesso addirittura privi di una anche minima formale autorizzazione.

*Enea Franza, direttore del dipartimento di scienze politiche di UniPeace-N.U., delegazione di Roma


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