L'acqua รจ poca e la politica galleggia lo stesso
- Livio Del Bianco
- 19 lug 2022
- Tempo di lettura: 6 min
In questi giorni i media stanno facendo risaltare con evidente drammaticitร il problema della siccitร , evocando scenari terribili per il nostro futuro imminente e addossando per lo piรน la responsabilitร allโirreversibile cambiamento del clima, che diminuisce le precipitazioni, riduce i ghiacciai e inaridisce il suolo.

Purtroppo le analisi giornalistiche si concentrano molto sui fenomeni naturali che causano tutto ciรฒ, demonizzando giustamente il famigerato effetto serra, ma spingono poco lโesame della gestione idrica per valutare se e come il problema venga affrontato correttamente e se ci sono anche precise responsabilitร della politica nel contrastare male (o non affrontare affatto) il problema della scarsitร dellโacqua.
Va sottolineato che oltre ai giornali, con cadenza quasi annuale, anche molti governatori regionali e sindaci si sono mossi, alzando alti lai, per chiedere lo stato di calamitร , perรฒ tutto avviene nel silenzio assordante del Governo che, nella contingenza fa finta di avere altri e piรน gravi problemi.
Intanto va detto che il problema della siccitร - almeno per lโItalia - รจ vecchio: basta leggere le cronache del 1954 quando la pioggia non cadde su Calabria e isole per quasi 5 mesi, del 1959 quando sulla fascia adriatica non scese un goccio dโacqua per due mesi, mentre nella pianura padana la pioggia mancรฒ per piรน di 100 giorni; o pensare alla siccitร del 1962 quando imperversรฒ per piรน di 100 giorni su tutta lโItalia e in Sicilia durรฒ fino a 200, oppure ancora al critico 1976, che registrรฒ nel Nord-Ovest dโItalia solo 200 millimetri dโacqua in sei mesi (valore piรน basso degli ultimi 2 secoli!).
E via discorrendoโฆ per arrivare ad un semplice concetto il problema della siccitร non รจ improvviso, ha una storia che lo rende da tanto tempo noto e prevedibile.
Dopo il drammatico inverno 1988-89, quando non piovve quasi mai tra settembre e marzo, con lโassenza pressochรฉ totale della neve sulle montagne e con una notevole durata ed estensione delle aree interessate (come non avveniva da 250 anni!) il Governo De Mita corse ai ripari, emanando la Legge 183/89 (integrata dalla successiva Legge 253/90) sulla difesa del suolo che garantiva, attraverso un apposito fondo sul bilancio dello Stato, la copertura delle attivitร di monitoraggio delle risorse idriche.
Di fatto la situazione non cambiรฒ molto perchรฉ il monitoraggio รจ utilissimo ma solo se รจ una raccolta di dati strumentale alle azioni da intraprendere; se non รจ seguito da interventi รจ unโattivitร che fa solo arricchire le statistiche.
Dopo pochi anni il Governo Ciampi fece un altro passo importante, con la legge nยฐ 36 del 1994 (Galli) che opportunamente prevedeva la valutazione dellโequilibrio dei bacini ma soprattutto prescriveva che lo Stato desse le direttive generali e di settore per il censimento delle risorse idriche, per la protezione delle acque dall'inquinamento, per la programmazione dellโuso razionale delle risorse idriche e l'aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti.
ร opportuno quindi aggiungere un altro importante concetto, quello del bilancio idrico, ossia il rapporto tra la produzione idrica naturale di un distretto e i fabbisogni del relativo territorio in termini dโacqua potabile di irrigazioni e dellโindustria e zootecnia. Solo conoscendo questo elemento si possono pianificare soluzioni adeguate al problema del bisogno dโacqua.
Perรฒ tutto lโaffannarsi della politica a legiferare su soggetti e metodologie che si occupassero di questo rapporto รจ stato per anni un fumo negli occhi per il cittadino, poichรฉ fin dallโanno 1934, veniva pubblicato un documento molto preciso e dettagliato da parte del SII (Servizio Idrografico Italiano) che, circa ogni dieci anni, pubblicava i dati caratteristici dei corsi dโacqua italiani, precisando per ogni fiume, o tratto di esso, la superficie di raccolta, la densitร di drenaggio, afflussi e deflussi, portate minima, media, massima e di colmo in metri3 al secondo, etc. etc..
Il servizio era organizzato in 14 compartimenti che coprivano tutta lโItalia quindi era giร in piedi il sistema di monitoraggio delle risorse idriche, che se mai andava potenziato, incrociandolo con la domanda dโacqua.
Con Il trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni (D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112), viene decisa la fine del SII, attraverso lo โspezzatinoโ funzionale e il conferimento dei compiti amministrativi alle strutture operative regionali, competenti in materia. Non contenti, 4 anni dopo, ci si rende conto che i compartimenti hanno spesso competenze sovraregionali (per ovvi motivi orografici) ed interviene il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 24 luglio 2002, che frammenta ulteriormente le funzioni, alla faccia delle caratteristiche della siccitร , che sono - per natura - aleatorie nel tempo e nello spazio e avrebbero comportato necessariamente lโunitarietร del servizio e delle soluzioni.
Saltando i fenomeni siccitosi del 2000 e 2001, arriviamo a tempi piรน recenti quando il Governo Prodi fa la vera svolta operativa, con lโuscita del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, che introduce grandi e rivoluzionarie novitร , destinate ad una mutazione radicale nelle metodologia per affrontare il problemaโฆ ma non per risolverlo.
Preliminarmente, abrogando sia la legge 253/90 che la 36/1994, vengono ridotte le risorse finanziarie destinate allโattivitร di monitoraggio, che perciรฒ viene assicurato, in parte, solamente per la difesa dalle alluvioni, e si cessa cosรฌ di controllare le portate di moltissimi corsi dโacqua, peraltro elemento indispensabile per la corretta gestione delle alluvioni.
Ma il risparmio di risorse non รจ reale: vengono creati gli ATO (acronimo presuntuoso di Ambito Territoriale Ottimale), strutture dotate di personalitร giuridica che organizzano, affidano e controllano la gestione del servizio integrato, dove rientra anche il sistema idrico.
Lโautoritร di bacino distrettuale pertanto, in forza dellโart. 63 provvede a โelaborare l'analisi delle caratteristiche del distretto, lโesame dellโimpatto delle attivitร umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonchรฉ l'analisi economica dell'utilizzo idricoโ.
Per fortuna nel 2006 si torna a parlare di distretti idrografici con estensione sovraregionale (come la logica richiedeva giร allโinizio) e ne vengono individuati 8, che partono per affrontare il problema dellโacqua, con un bel contorno di svariate Autoritร di bacino.
Sono trascorsi 17 anni, senza fare quasi nulla e con una rete idrica che va sempre piรน in malora ma alla fine si parte!
Chi si sarebbe aspettato grandi risultati perรฒ fa fatica a trovarli. La crisi idrica degli anni 2007, 2012 e 2017 torna a far comprendere che si deve essere piรน incisivi e si รจ in grande ritardo.
Per esemplificare la situazione dei distretti idrografici prendiamo in esame alcuni dati, comunicati su documenti ufficiali, che fanno comprendere come da tempo la situazione sia drammatica.
Il distretto delle Alpi Orientali (circa 39.385 Km2 di superficie, comprendente i bacini dellโAdige, del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto e lโAlto Adriatico) nellโaggiornamento del Piano di Gestione delle Acque 2015, fa comprendere la rilevante necessitร di investimenti precisando espressamente di avere un programma di 1.280 misure, coerenti con gli obiettivi ambientali fissati dalla Direttiva Acque 2000/60/CE, con una spesa prevista di 5,5 miliardi di euro, dei quali solo 1,4 con finanziamento assicurato.
Il distretto dell'Appennino Centrale (circa 35.800 Km2 di superficie comprendente i bacini del Tevere, del Tronto e del Sangro e gli altri minori del Lazio, Abruzzo), in un documento del 2018, precisa che il 60% della propria rete risale ad oltre 30 anni e grandi tratti hanno superato il limite della resistenza strutturale dei 70 anni e nei centri storici quello degli 80 anni).
Veniamo a sapere inoltre che gli 80.000 chilometri di rete nel Lazio perdono il 40% dellโacqua potabile (a Roma il 41,5%), nelle Marche in media il 34%, in Abruzzo il 48% e in Umbria il 46,8%.
Dopo il quadro desolante che le risposte della politica โattivaโ ha prodotto in passato e dopo aver appreso che alla rete italiana servono tantissime risorse per un rinnovo totale (investimenti che sarebbero un beneficio diretto del PIL e peraltro tipici per risorse finanziarie prese a prestito), vediamo che cosa sta facendo il Governo Draghi e se Super Mario ha trovato cosa fare.
La risposta ci viene dal famigerato PNRR, che destina ben 59,5 miliardi di euro alla missione M2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica).
Analizzando il dettaglio perรฒ scopriamo che solo 15 miliardi sono destinati a โTutela del territorio e della risorsa idricaโ e tolti quelli destinati in azioni mirate alla tutela della risorsa idrica e alla difesa del suolo ne restano solo 4,4 circa assegnati al servizio idrico, da dividere ulteriormente tra servizio idrico integrato e irrigazione.
Alla fine restano soltanto 900 milioni di euro per tutte le necessitร dellโefficientamento della rete di distribuzione della nostra nazione!
Una goccia nel mare se si pensa che il programma degli investimenti per il rinnovo delle condotte di un singolo distretto supera in media i 5 miliardi.
Se non altro, questo non รจ un governo che fa acqua!
