A cura dell'Avv. Marina Peretto
Quando si può adottare un bambino? Vi sono dei limiti di età?
E qual è la differenza con l’affidamento?
Gentile Avv. Peretto,
sono sposata da otto anni; mio marito ed io andiamo abbastanza d’accordo, abbiamo degli ottimi lavori entrambi ma purtroppo non riusciamo ad avere dei figli.
Questa situazione ci rattrista molto ed oramai abbiamo perso la speranza di poterne avere.
Dal momento che ci sono tanti bambini abbandonati abbiamo pensato di adottarne uno. Io ho 40 anni e mio marito 43. Vorrei sapere da lei se siamo ancora in tempo per poter procedere all’adozione, quali limiti ci sono e qual è la normativa che regolamenta questo istituto
La ringrazio per la sua attenzione.
Carla
Gentile sig.ra Carla,
l’adozione è consentita alle coppie di coniugi in favore dei minori abbandonati, e perciò dichiarati in stato di adottabilità, perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. Si può trattare di minori rimasti orfani e privi di parenti oppure di figli naturali o legittimi di genitori che li lasciano in stato di abbandono.
Lo stato di adottabilità è dichiarato dal Tribunale per i Minorenni, nel cui distretto si trova il bambino, con una procedura che consente, tuttavia, ai genitori ogni possibilità di opporsi dimostrando che lo stato di abbandono non sussista. Inoltre lo stato di adottabilità non può essere dichiarato qualora la mancanza di assistenza sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.
In quest’ultimo caso subentra un altro istituto che è l’affido. L'affidamento familiare è un intervento temporaneo di aiuto e di sostegno ad un bambino che proviene da una famiglia in difficoltà.
Ci si può rivolgere al servizio sociale del proprio Comune di residenza. E’ un procedimento previsto dalla L.184/1983 che consente di affidare temporaneamente un minore ad una famiglia, ad una persona singola, ad una comunità che può prendersi cura momentaneamente del bambino dal punto di vista affettivo ed economico. Esso dura un tempo determinato, generalmente 24 mesi, prorogabili dal Tribunale se la sospensione può recare un pregiudizio al bambino.
Lo scopo ultimo di questo istituto è, inoltre, il reinserimento del bambino nella famiglia d’origine
L’adozione dei minori, invece, non è permessa alle persone sole, ma solo alle coppie di coniugi.: ciò allo scopo di assicurare l’inserimento del minore in un ambiente familiare naturale e completo. Per la stessa ragione la presenza di eventuali figli legittimi non è di ostacolo all’adozione e sono consentite ai medesimi coniugi più adozioni anche con atti successivi.
L'art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni.
Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.
L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.
I coniugi, con i requisiti previsti dalla legge, possono presentare domanda al tribunale per i minorenni. La domanda di disponibilità all’adozione ha validità tre anni e, allo scadere del termine, può essere rinnovata.
Il tribunale per i minorenni dispone delle indagini volte ad accertare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi della domanda. Tali indagini possono essere effettuate ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali, alle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere.
La legge prevede ampia libertà di organizzazione dei singoli tribunali. Generalmente vengono svolti colloqui con il giudice minorile o con equìpe di specialisti. Tali indagini dovranno essere avviate e concluse entro 120 giorni, prorogabili per non più di una volta.
Il tribunale per i minorenni, sulla base delle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda, quella più idonea per il minore.Il provvedimento di affidamento preadottivo è disposto con ordinanza, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici ed in alcuni casi anche il minore di età inferiore.L'affidamento preadottivo può essere revocato in presenza di gravi difficoltà.
Nel corso dell'affidamento sarà svolta dal tribunale un'attività non solo di controllo ma anche di sostegno.
Decorso un anno dall'affidamento, con possibilità di proroga di un anno, il Tribunale dei Minorenni se ricorrono tutte le condizioni e l’affidamento dimostra un buon ambientamento del minore nella famiglia dei coniugi affidatari, pronuncia l'adozione.Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato con la famiglia di origine salvo i divieti matrimoniali
L'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti ed il loro cognome.
Da quanto lei descrive sig.ra Carla, mi sembra, pertanto, che, nel suo caso, possano sussistere tutti i requisiti per poter ricorrere all’istituto dell’adozione.
Mi sembra opportuno, tuttavia, specificare che io esprimo sempre pareri in via generale ed astratta, sulla base di pochi ed insufficienti elementi di cui vengo a conoscenza attraverso poche righe. I verri pareri legali necessitano di una più ampia informativa.
Cosa rischia il coniuge che non assiste il consorte in caso di malattia, privandolo dell’assistenza necessaria?
Egregio Avv. Peretto,
sono una donna sposata da venti anni. Il mio matrimonio ha subito diverse crisi ed ora, più che mai, sembra sprofondare in una sorta di indifferenza e menefreghismo.
Inoltre, alcuni mesi fa, io ho subito un intervento ortopedico abbastanza importante che mi crea grossi problemi di deambulazione.
Mio marito non mi supporta molto e spesso mi trovo in difficoltà ad affrontare anche piccoli spostamenti. I nostri figli sono grandi e studiano fuori casa; pertanto spesso mi trovo sola ad affrontare tutte le difficoltà del caso.
Vorrei sapere da lei se il comportamento di mio marito sia legittimo e se posso fare qualcosa per indurlo ad aiutarmi di più.
La ringrazio per l’eventuale risposta.
Luciana
Gentile sig.ra Luciana,
mi permetta, innanzitutto, di esprimerle tutto il mio rammarico e la mia solidarietà per la incresciosa e spiacevole situazione.
Suo marito non sta, sicuramente, rispettando, oltre che moralmente, anche legalmente, gli obblighi di assistenza morale e materiale di cui all’art 143 del codice civile il quale proclama:
Diritti e doveri reciproci dei coniugi. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Il dovere di assistenza coniugale, proclamato dal Codice civile, implica un impegno attivo nel supporto al partner, specialmente in caso di malattia. Questo obbligo giuridico deriva direttamente dal vincolo matrimoniale ed il suo inadempimento rappresenta una grave violazione delle responsabilità coniugali potendo comportare conseguenze sia sul piano civile che penale.
L’obbligo di assistenza morale comporta prendersi cura l’uno dell’altro anche dal punto di vista spirituale ed affettivo. Il coniuge che dimostra disinteresse nei riguardi del partner si rende inadempiente di un obbligo di legge.
Il coniuge abbandonato a se stesso può chiedere la separazione con addebito ed una prolungata e la sistematica indifferenza da parte dell’altro può legittimare una denuncia penale per maltrattamenti.
La Cassazione penale (Sez. VI, Sent. 25-11-2021, n. 43570) ha sentenziato, infatti, che il costante disinteresse verso la moglie e l’incuria verso i più basilari bisogni affettivi ed esistenziali integra il reato di maltrattamenti.
Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare è invece contemplato dall’art 570 del codice penale secondo cui:
“chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale della famiglia. si sottrae agli obblighi di assistenza alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino ad una anno o con la multa da 103 a 1.032 euro”.
L’obbligo di assistenza è sempre vigente tra i coniugi, tanto più se uno di loro si ammala. E’ pertanto doveroso assistere il coniuge malato, fornendo conforto e sostegno, oltre che aiuto pratico.
Nei casi più gravi di malattia, addirittura, il coniuge inadempiente può essere denunciato per il reato di abbandono di incapace previsto dall’art. 591 del codice Penale il quale dispone che:
“Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se' stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.”
Le pene sono aumentate se il fatto e' commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero all'adottante o dall'adottato”.
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