Mettiamole in fila le percentuali della “ipertrofia italiana”, come la chiama il Censis nel suo ultimo rapporto. Ne vien fuori un glossario delle paure da cui non riusciamo a liberarci, un Paese di “sonnambuli”, spaesati e narcotizzati, in preda a un disagio crescente, con otto italiani su dieci che lo vedono in declino. Eccoli i dati. Impietosi. Preoccupanti.
L’84% degli italiani è impaurito dal clima impazzito, il 73,4 ritiene che i problemi strutturali del nostro Paese provocheranno una crisi economica e sociale molto grave, il 73% è convinto che non sapremo gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga da guerre e catastrofi climatiche, il 70,6 % pensa che i rischi ambientali, demografici, connessi alla guerra provocheranno il collasso della nostra società, con povertà diffusa e violenta, per il 53,1% l’eccessivo debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato italiano, per il 68,2% patiremo la siccità, la mancanza di acqua.
Il quadro dei presagi è reso ancor più fosco dai consueti dati statistici sulla flessione demografica e la denatalità.
Nel 2040 solo una coppia su 4 avrà figli (il 25,8% del totale) e i “single” saranno quasi 10 milioni (il 37% del totale).
Nel decennio successivo, nel 2050, l’Italia avrà perso 4,5 milioni di residenti, che equivale a Roma e Milano messe insieme.
Al calo delle nascite fa da pendant il progressivo invecchiamento della popolazione.
Spariranno 3,7 milioni di persone con meno di 35 anni e aumenteranno di 4,6 milioni le persone con più di 65 anni, di cui 1,6 milioni con più di 85 anni. Avremo, in definitiva, quasi 8 milioni di persone in meno in età attiva, con conseguenze pesanti sulla nostra economia, sul sistema produttivo.
Tra i dati incoraggianti c’è invece quello del record dell’occupazione.
Nel primo semestre di quest’anno abbiamo avuto quasi 23 milioni e 500 mila occupati. Il dato più elevato di sempre. Eppure, il sistema produttivo continua a registrare carenza di manodopera e di figure professionali.
Tutt’altro che incoraggianti, dal nostro punto di vista, sono i rilievi effettuati dal Censis nel campo dei cosiddetti “diritti civili”.
Qui la domanda degli italiani incrocia uno stato di diffuso malessere morale la cui pervasività è frutto della indolenza di un dibattito culturale e politico degno di nota e all’altezza delle sfide imposte dal relativismo etico, di cui seppe tratteggiare i contorni con stupefacente anticipazione il compianto Papa Benedetto XVI.
Dal sondaggio emerge che il 74% degli italiani è favorevole all’eutanasia, il 70,3% all’adozione per i single e il 54,3% lo dice per le coppie omosessuali. Il 65,6% vede con favore il matrimonio tra persone dello stesso genere e il 72,5% è a favore dello ius soli. Soltanto la gravidanza per altri viene approvata da una minoranza del 34,4%.
Ognuna di queste posizioni meriterebbe un approfondimento, un esame attento e un confronto serrato tra tesi non coincidenti, al fine di maturare un convincimento scevro da quei fattori di individualismo e di egoismo che appaiono ormai diventati elementi prevalenti in una società sempre più mercantile, edonistica e consumistica.
Una società scolorita nelle sue radici identitarie, amorfa nelle sue valenze valoriali, convulsa e confusa nella perdita di senso e di fattori comunitari. Dove il concetto stesso di famiglia sembra impallidirsi.
Con gli stessi rapporti relazionali intergenerazionali che saltano come birilli. Per lasciar spazio ad un groviglio di opzioni dal profilo pseudoeducativo le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Ragionando intorno alla straziante fine di Giulia Ceccherin, la ragazza di 22 anni morta per mano del suo ex fidanzato di pochi mesi più piccolo di lei, Susanna Tamaro ha usato parole che suonano come un monito e che aiutano a comprendere la crisi devastante dei ragazzi di oggi: “Al centro della crisi educativa che giustamente preoccupa tutti ci sono l’alterazione e i processi di sviluppo dell’essere umano. Alterazione scatenata dal procedere della Storia, dalla distruzione della famiglia e dall’irrompere di tecnologie capaci di colonizzare la mente e il cuore dei bambini. L’etologia è stata spazzata via e sostituita da un nichilismo piovra, capace, con i suoi tentacoli, di soffocare qualsiasi moto che vada in senso contrario. Possiamo dire che, in fondo, l’etologia non è molto diversa da un binario che conduce ogni essere vivente a diventare quello che la sua natura gli chiede. Ma per noi umani le cose cambiano e si complicano parecchio perché, oltre che di natura, siamo fatti di cultura e di libero arbitrio che ci danno la possibilità anche di divellere questo binario o di deragliare, che è esattamente quello che è successo negli ultimi quarant’anni”.
Un periodo fin troppo lungo, con genitori fin troppo accudenti, e figli immersi in un “immaginario tossico”, impossibilitati “a vivere la dimensione fisica che la loro natura richiederebbe”. Non crediate che questo c’entri poco o nulla con le analisi del Censis.
Per dirla con il teologo laico e filosofo Vito Mancuso, noi tutti sentiamo il peso di aver appeso l’anima al suo destino (L’anima e il suo destino è il titolo del suo ultimo libro). Ci siamo liberati dalla religio, quel senso di religiosità che trascende lo stesso credo religioso ed è immanente nella storia dell’uomo, facendoci trascinare nella foga dell’Io e nella inconcludenza del contrasto tra economia ed ecologia, identità e accoglienza, intelligenza delle macchine e sapienza umana.
“Nel frastuono, nella folla e nel fare frenetico il Sapiens sta diventando Insapiens”, sostiene Mancuso. La modernità ci ha liberati dalla religione ma ci ha intrappolati nella tirannide del desiderio individuale, da Shakespeare definita il “lupo universale” che “divorerà l’intero universo e poi sé stesso”.
E non ci accorgiamo che barcolliamo nel Vuoto. Privati di punti di orientamento, ci rifugiamo in noi stessi, nell’ipertrofia dell’Io che trasforma in egoismo, in possesso, in desiderio le emozioni, i sentimenti e l’intelletto che compongono l’Animo.
La cupiditas è diventata l’essenza, narcisistica e nichilistica, che ci distrugge e dissolve la societas. Nel vuoto di etica e nel flagello della morale c’è la fonte del “deragliamento” di cui parla la scrittrice Susanna Tamaro. E’ qui la spiegazione del sonnambulismo che attanaglia gli italiani.
Joseph Ratzinger non a caso invitava laici e credenti a discutere dentro di sé e fra sé, pur in tempi così difficili. Noi laici e noi credenti, affermava il Papa emerito, siamo oggi sottoposti a sfide appena concepibili per effetto delle conquiste scientifiche.
L’ingegneria genetica, le manipolazioni, le clonazioni, le riproduzioni biologiche di ogni tipo pongono problemi nuovi ai quali siamo così impreparati che talvolta li risolviamo in fretta, con supponenza filosofica e etica, o per interesse spicciolo, o per convenzione improvvisata o con fughe in avanti.
I laici devono guardarsi – e spesso non se ne guardano abbastanza perché la comodità tecnologica è facilmente disponibile – dal trasformare rapidamente i capricci in desideri e i desideri in diritti. I credenti devono guardarsi – e neanch’essi spesso se ne guardano a sufficienza perché il passo appropriato di una Scrittura è facilmente reperibile – dal trasformare l’interpretazione di una Scrittura in un dogma. Per uscire dal guscio del Vuoto bisognerebbe avere la forza e il coraggio di pesare meglio e più accuratamente le ragioni etiche, che stanno su un piatto della bilancia, con le ragioni pratiche, scientifiche, sociali, economiche, che stanno sull’altro piatto. Ciò vale per tutti. Vale per il legislatore e i politici, per medici e ricercatori; vale per tutti i cittadini.
Il guaio è che, da troppo tempo ormai, il nostro italiano non crede, non appartiene e non si riconosce, è uno sradicato in servizio permanente effettivo. Negli anni Novanta ci spiegarono che tutto sarebbe cambiato, che il bisogno di identità avrebbe animato un circuito virtuoso, dalla politica alla religione. Poi siamo arrivati alla conclusione che se il partito è partito, al suo posto non è arrivato niente. La stessa Chiesa appare ormai incline ad appiattirsi sul crinale progressista, che molto insegue le mode del momento e nulla ha a che vedere con la modernità. Sicchè, siamo diventati un popolo Senzapartito e Senzachiesa.
La mancanza di queste Agenzie di senso ha prodotto danni enormi e scavato solchi profondi nella comunità nazionale. Perché sorprendersi allora se i sondaggi del Censis riflettono, tutto sommato, l’immagine di un italiano randagio e individualista come non mai? Forse bisognerebbe ripartire da qui: da un ritrovato senso di responsabilità, non solo della politica ma anche dei cittadini.
Più responsabili, diceva Ratzinger, non significa meno liberi. Significa essere meno frettolosi nell’assecondare i nostri desideri, nel trasformarli in bisogni, nel considerarli valori, nell’erigerli in diritti.
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