La poesia è ormai affare per pochi. Una forma linguistica di nicchia relegata dai sistemi sociali, in primis quello scolastico, ad un mero esercizio mnemonico.
Per la visione recente dell'esistente la poesia non è "utile" nel senso materialista del termine, non è monetizzabile banalmente, non a caso le statistiche ci dicono che gli studenti per lo più la trovano noiosa.
Del resto nei momenti di crisi sociale tutte le attività si scontrano con i sogni, dimentiche della loro potenza ispiratrice. Ma si può affermare che ideare, pensare e progettare in termini poetici sia anche economicamente conveniente? Certo che si può, ma è per i visionari, per chi vive nel flusso del cambiamento ogni periodo storico, persino i peggiori, che la poesia offre il migliore contributo.
Ricordiamo, solo per fare un esempio, quello che è accaduto al pensiero e all’opera umana nell’epoca post medievale, a quanta bellezza e a quali immense opere in ogni campo dell’esistente ci ha lasciato il Rinascimento, l’amore e la riscoperta della bellezza della natura, la creatività e i versi pregni dell’intelletto umano, hanno elaborato letteratura, arte ed elementi urbanistici ed architettonici che rimarranno eterni; e chi si è succeduto al potere di volta in volta non ha mai avuto intenzione di sostituirli, riconoscendogli l’immenso valore storico, culturale e spesso il loro valore pratico tanto che alcuni testi, alcune strutture urbanistiche ed architettoniche sono funzionalmente attuali.
La poesia intesa in senso lato, con il suo potere inviso ed invisibile può diventare il baluardo contro la decadenza per la società, per l'economia, per l'architettura e l'urbanistica, anche in una piccola città come la nostra.
Le società, le città, vanno immaginate prima, amate subito dopo, descritte scegliendo con cura ogni parola ed infine le parole possono essere fuse alle norme, alle linee e diventarne i simboli. Da questo deriva la necessità di far dialogare ogni disciplina esistente con la poesia.
Nel progettare la città del futuro si dovrebbe riuscire a colmare quel vuoto che si è creato dalla separazione tra la realtà e il sogno, tra il necessario e il superfluo, tra il possibile e quello che oggi può essere solo immaginato ma che domani potrebbe essere realtà.
Le discipline tecniche al servizio dello sviluppo delle città si affidano completamente ai loro strumenti o alle leggi che ne regolano l'espressione dimenticando che le leggi e la tecnologia producono cultura negativa se reprimono l'insorgere di nuovi impulsi attraverso le maglie strette ed impermeabili dei manuali d'uso o dei disposti normativi. La poesia a sua volta, nel ritirarsi nei ritagli residuali di libertà, sembra aver abdicato al suo ruolo di sintesi benevola di ogni pensiero astratto che precede la creazione di ogni cosa, al ruolo di resistenza a tutto ciò che nega l’umano in ogni sua manifestazione del sogno, del bello e della diversità.
Chi si prepara a immaginare la città del futuro dovrebbe farsi promotore della sutura di questo strappo, riportando i due lembi dell'espressione dell'essere umano in stretto contatto tra di loro.
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