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SE IL CURRICULUM ENTRA NELL'ESAME DI STATO

Singolare e discutibile richiesta del ministero alle scuole superiori.

Alla terza ondata pandemica, dopo mesi di presenza alternata nelle scuole secondarie di secondo grado, subito trasformata in acronimi potenti (DAD, DIP, DDI), il Ministero chiede alle scuole, scaricando di fatto sulle segreterie, e in generale sui singoli istituti, gran parte del lavoro di abilitazione di docenti e studenti sulla piattaforma ad hoc, di costruire allegramente il Curriculum dello studente, da allegare al diploma alla fine dei 5 anni di studio, dopo l’esame di Stato.

Nella seconda maturità dell’era Covid, si chiede in sostanza alla Commissione di Esame, tutta interna, e quindi si presume minimamente consapevole degli studenti da esaminare e del loro percorso, che questo documento diventi parte integrante dell’esame stesso, anzi “di riferimento fondamentale per l’esame di Stato e per l’orientamento dello studente”: la novità riguarda quasi mezzo milione di studenti, oltre 7 mila scuole, circa 26 mila classi.

L’idea di un Curriculum siffatto viene da lontano: l’articolo 1, comma 28 della legge n. 107 del 2015 (detta Buona Scuola) stabilisce che nel curriculum dello studente sono inserite le informazioni relative al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative svolte anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, effettuate in ambito extrascolastico; ed è rilanciata nel D.M. 88/2020 di adozione dei modelli di diploma e di curriculum studente.

L’alternanza è diventata nel frattempo PCTO, gli studenti hanno sperimentato uno stravolgimento delle loro abitudini, le esperienze si sono smaterializzate e sono volate su Meet, Zoom e altre piattaforme, frammentandosi nel tempo ma non nello spazio, quello del video, della scrivania, della propria camera per i più fortunati. E allora cosa valorizzano quest’anno i commissari di esame? Quali attività extrascolastiche? Dopo due anni scolastici anomali, chiedere che si concretizzi il curriculum appare lunare, fuori dal tempo, dimentico di quanto accade. La tempistica è sbagliata ma la struttura del curriculum si presta, in ogni caso, a rilievi, espressi in più sedi dagli insegnanti che hanno ben presente il ruolo della scuola pubblica e repubblicana.

Esso è diviso in tre parti: la prima dedicata all’Istruzione e formazione, la seconda alle Certificazioni (linguistiche, informatiche e altro), l’ultima, denominata Attività extrascolastiche, alle attività professionali, culturali e artistiche, musicali, sportive, di cittadinanza attiva e di volontariato. Insomma, come si legge sulla piattaforma ministeriale, con questo documento “racconti te stesso e la tua storia”. Se quel tale che ammoniva conosci te stesso avesse saputo che per raccontarsi sarebbero bastate le certificazioni, avremmo avuto meno tomi di filosofia e pòlis più smart, da subito. Efficienti, pronte, con giovani belli formati/certificati/competenti da mandare in giro a presentarsi. Ma cosa c’è dietro un’idea apparentemente funzionale e un sito accattivante?

Il dubbio che l’abolizione del valore legale del titolo di studio sia uno dei cardini sottesi a certe operazioni è legittimo. Come è legittimo chiedersi se la scuola debba solo rendere evidenti le diseguaglianze e non invece tentare di colmarle. Prima della scuola c’è l’istituto familiare, i cui redditi sono diversi, a tratti sideralmente diversi, perché di diseguaglianze è sostanziato il mondo. Su quel curriculum lo studente inserirà le sue attività extrascolastiche, e certo non gli sarà possibile scrivere “sostare ore nei giardinetti”, “pensare di pestare qualcuno come pratica normale”, “camminare in città alla ricerca di qualcosa da fare”, laddove non potrà raccontare della sua estate a Brighton o del corso di clavicembalo.

Senza contare, che in un mondo che ti racconta dell’importanza della competenza, avendo in orrore la conoscenza, ad aiutarti, più che il curriculum, è spesso la medesima, ma al plurale.

*gli acronimi presenti nel testo non sono stati volutamente sciolti

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