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TURISMO, DANNI PESANTI. GUARDIAMO AL FUTURO

L'analisi di Roberto Necci, Presidente del Centro Studi di Federalberghi Roma

Roberto Necci

Quando si potrà tornare a viaggiare?

A più di un anno dalla pandemia, questa è una delle domande che ricorre nelle menti della maggior parte degli italiani che, improvvisamente, si sono visti negata la possibilità di preparare una valigia e salire su un volo che li portasse ovunque avessero desiderio.

Chiaramente, oltre ad essere il desiderio più ambito di migliaia di persone, far ripartire il turismo ed il suo indotto, è diventato ormai un presupposto economico necessario alla ripresa di ciò che, nel nostro bel paese, rappresenta circa il 13% del PIL nazionale. Si parla di un settore colpito duramente sia in relazione all’outgoing (turismo in uscita) che incoming (turismo in entrata).

Il 2020 registra circa 53 miliardi in meno rispetto al 2019. Il motivo è comprensibilmente dovuto alla riduzione di turisti stranieri che, causa Covid, hanno rinunciato (i numeri rimandano ad un 80% circa) a visitare l’Italia e le nostre città d’arte.

A pagarne le spese, tra tutti, ci sono stati gli albergatori che, se a inizio 2020 hanno visto le proprie strutture chiudere i battenti (temporaneamente o definitivamente), con l’anno nuovo e la imminente campagna vaccinale, hanno visto riaccendere un piccolo barlume di speranza. La ripresa sembrerebbe dunque alle porte.

Tuttavia, per capire più a fondo cosa è accaduto e cosa accadrà al turismo pre-durante-post Covid, rivolgiamo alcune domande al Dott. Roberto Necci, Presidente Centro Studi Federalberghi Roma, Vicepresidente Federalberghi Roma, CEO di Necci Hotels e docente presso le maggiori Università della capitale.

In questo anno di Covid, cosa è stato fatto e cosa si sarebbe potuto fare per agevolare il settore turistico e, nello specifico, quello alberghiero?

Il turismo rappresenta a livello nazionale quasi il 13% della produzione industriale; parliamo quindi di un settore ad alta contribuzione, in alcune città come in alcune regioni, il contributo di turisti ci viene dai mercati esteri, basti pensare il caso delle città d’arte italiane, Roma, Firenze, Venezia ma anche Milano e Napoli dove su 100 euro di incasso ben 80 euro provengono dai turisti internazionali. Una così forte dipendenza dai mercati internazionali ha generato la chiusura di moltissime aziende che non hanno altri mercati di sbocco. A Roma, per esempio, il primo mercato sono gli USA che generano oltre 2.5 milioni di arrivi; calcolare il danno sia al comparto quanto all’indotto potrebbe essere terrificante.

Ritiene sufficienti i fondi erogati dal Governo nel campo turistico? Quale potrebbe essere, secondo Lei, il rapporto perdite-ristori?

Come Federalberghi abbiamo presentato in audizione in Parlamento le nostre proposte; i ristori a pioggia sono poco efficaci e ci siamo fatti portavoce di proposte che sostengano le aziende durante tutto il periodo della pandemia che rischia di essere molto lunga ancora. Accompagnare le aziende alla ripresa significa anche porle nella condizione di sostenere l’occupazione che, forse, è un dramma nel dramma.

Ad un anno dalla pandemia, in un clima di incertezze e dubbi sul futuro del settore, come si sta riorganizzando il ramo alberghiero in previsione della bella stagione?

Il comparto sin dalle prime settimane ha creato dei protocolli come “Accoglienza sicura” in grado di accogliere in totale sicurezza gli ospiti: sanificazione, uso dei materiali, controllo delle temperature, tracciatura merci, distanziamento sono i capisaldi del protocollo.

Abbiamo istruito personale e fornitori e ove ci fosse libertà di movimento le nostre strutture potrebbero accogliere i clienti in estrema sicurezza.

A parer Suo, torneremo a rivivere quel turismo a cui eravamo abituati, con le nostre città piene di stranieri, o dovremo abituarci ad una nuova concezione di turismo?

Il mondo è passato indenne a tante tragedie, la storia è piena di periodi bui seguiti da periodi di intensa ripresa e sviluppo, il Covid ha accelerato dei processi che erano già in corso e che magari senza di esso si sarebbero consolidati in più tempo. Il turismo aveva bisogno di cambiare, ma non sparirà come fenomeno, certamente si evolverà verso nuove forme di accoglienza ed una diversa sensibilità ambientale.

In qualità di Presidente Centro Studi Federalberghi Roma, Vicepresidente Federalberghi Roma, CEO di Necci Hotels e docente, cosa pensa ci lascerà questo anno di pandemia?

La consapevolezza che le crisi, ce lo insegna la storia, sono inevitabili, ma fondamentale anche in questi periodi è l’approccio mentale per affrontarle.

Torneremo dunque ad emozionarci ancora, a svelare quella meraviglia che per troppo tempo è rimasta celata dietro ad una mascherina, a riempire il passaporto di timbri. Poiché, come sosteneva secoli fa Voltaire: “è ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria”.

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