Gli incontri speciali si fanno per caso. Un sorriso, un paio di occhi che dicono molto senza parlare e poi rendersi conto di quel “di più”. Impercettibili segnali.
In un pomeriggio, apparentemente uguale a un altro, accovacciata in un angolo di un affollato centro commerciale, ho incontrato lei.
La ragazza che mia figlia conosce e, in effetti, anche io da qualche tempo in modo assolutamente superficiale. Fino a quel momento in cui, per curiosità, spirito di condivisione, affettuoso slancio per le due ragazze, mi accovaccio vicino a loro mentre fissano il piccolo schermo di un telefono, ma, soprattutto, ascoltano in silenzio le voci che arrivano dal piccolo altoparlante.
Lo stesso faccio io, in cerca di un indizio che mi faccia comprendere il perché di tanto interesse. Parlano due uomini. Uno lo vedo attraverso lo schermo e l’altro risponde alle domande attraverso l’etere.
Faccio fatica a capire senza una minima spiegazione, ma l’intervista appena iniziata si srotola in dettagli e descrizioni che man mano mi catapultano nel discorso con un tuffo al cuore.
L’uomo che parla nell’etere descrive la missione di una Associazione Onlus che si occupa di assistenza e cura dei bambini affetti da leucemia e altre malattie ematologiche presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma. In effetti lui è un sostenitore da molti anni che cerca di diffondere lo spirito di condivisione e supporto non solo per i piccoli malati, ma anche e soprattutto per rendere più sopportabile il percorso che le famiglie devono condividere con un figlio malato. E il tipo di struttura mi fa capire subito che i bimbi sono davvero piccoli e l’emozione diventa quasi insopportabile di fronte all’ingiustizia che a quelle età si è costretti a subire.
L’intervista va avanti e ascolto in silenzio continuando a percepire non solo la mia di emozione, ma anche delle due ragazze e, contemporaneamente, cresce il mio interesse di saperne di più, perché penso che di questa iniziativa voglio scriverne anche io, consapevole che nel mio piccolo potrei dare un piccolo contributo. Il giornale, me lo auguro vivamente, può diventare un veicolo efficace anche e soprattutto perché “La casa di Davide” non solo si occupa di sostenere malati e famiglie della nostra regione, ma anche di organizzare eventi per raccolta fondi, pianificare e realizzare progetti affinché il sostegno solidale vada oltre i confini di essa e che l’aiuto non sia un privilegio di pochi, anzi.
Seguo le parole fino alla fine, cerco sul web informazioni e scopro molte encomiabili iniziative sostenute da un esercito di volontari che fanno parte dell’Associazione Davide Ciavattini, un bambino che non ha vinto la sua battaglia e che il dolore della sua famiglia, di suo padre Luigi, hanno permesso nel 1993 di fondare la Onlus per aiutare gli altri nello stesso cammino attraverso l’amore.
Quando l’intervista finisce finalmente posso fare anche la mia piccola intervista e scopro che il ragazzo della Radio è il fidanzato di quella bella e minuta creatura che mi fissa in attesa anche di un mio commento.
Non riesco a cogliere subito il nesso, e non mi capacito sul motivo per cui una Radio che si occupa essenzialmente di calcio, possa darne così risalto.
Domando. Forse perché è Pasqua?
Forse, ma c’è quel “di più” che mi arriva attraverso quei due occhi pieni di vita e forza interiore che ancora non riesco a cogliere, nonostante mi arrivino segnali diretti che non riesco a decifrare.
Poi lei, con assoluta serenità e disinvoltura, mi confessa che, per una serie di circostanze familiari, tanto tempo fa, ha conosciuto la grandezza di queste persone e continua a sostenere l’Associazione.
Probabilmente la mia espressione persa nel vuoto l’ha spinta, senza giri di parole, a continuare il suo racconto ed è andata dritta come una freccia sulla sua leucemia che l’ha colpita quando aveva due anni e che non ricorda assolutamente. I miei occhi hanno fatto fatica a cacciare indietro le lacrime, ma ho continuato ad ascoltarla consapevole del suo sforzo di ricordare dettagli che le hanno raccontato rendendole quel dolore solo un’esperienza che non ricorderà mai. Eppure, mi coglie di sorpresa. Qualche anno fa ha perso il suo papà e, mentre lo dice, i suoi occhi mi restituiscono un’immagine di papà-eroe, che ha sofferto tantissimo, ma che in qualunque posto del mondo sia, sta vegliando su di lei e sulla sua famiglia, come il papà di Davide.
Quando l’incontro è finito ho realizzato di quanto sia importante per lei continuare a credere nel sostegno degli altri, che Luigi Ciavattini è diventato un esempio e sempre rimarrà una luce per chi sta attraversando quel dolore immenso che è la malattia di un figlio. Vi spingo a leggere e approfondire la sua storia e non solo, sulle pagine dei Social Media dedicate.
Per info:
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