A cura di Silvano Moffa
A sessant’anni dalla morte di Céline, arriva in libreria un suo romanzo inedito.
Guerra, a leggerlo di getto come sempre avviene al lettore che si immerge nella voragine ammaliante e inquieta delle pagine di questo straordinario scrittore, è molto più di un romanzo.
E’ un resoconto, la descrizione, a tratti violenta, di uno spaccato della vita tempestosa dell’autore del “Viaggio al termine della notte”, di “Bagatelle per un massacro”, della “Scuola dei cadaveri”.
François Gibault, che con Pascal Fouché ha curato l’edizione francese e quella italiana, nella premessa ricorda che a menzionare con il titolo di Guerre era stato lo stesso Céline in una lettera al suo editore Robert Denoel, datata 16 luglio 1934: ”Ho deciso di dare alle stampe Mort a crédit, primo libro, e l’anno prossimo Enfance, Guerre, Londres”.
Che il libro, nella sua stesura definitiva, rispecchiasse tratti di vita dell’autore, se ne rinviene traccia in una lettera del novembre 1914 indirizzata al fratello Charles, nella quale Fernand Destouches, il padre di Louis, scriveva: “La pallottola che l’ha raggiunto di rimbalzo era deformata e schiacciata da un urto precedente; presentava delle sbavature di piombo e delle asperità che hanno provocato una ferita piuttosto larga, l’osso del braccio destro si è fratturato. Gli hanno estratto la pallottola il giorno pima del nostro arrivo al suo capezzale: Louis non ha voluto che lo addormentassero e ha sopportato con coraggio la dolorosa estrazione”.
Altra testimonianza proviene dal capitano Schneider, comandante del 2° squadrone del 12° reggimento corazzieri, nel quale prestava servizio Louis Destouches (il vero nome di Céline).
In una lettera inviata al padre, scrive: “Suo figlio è stato ferito, è caduto da valoroso, andando incontro alle pallottole con un impeto e un coraggio che non sono mai venuti meno dall’inizio della campagna”.
Un comportamento che trova conferma nell’encomio che riceverà più tardi: “Di collegamento tra un reggimento di fanteria e la sua brigata, si è offerto volontario per portare sotto un violento fuoco un ordine che gli ufficiali di collegamento esitavano a trasmettere. Nel corso della missione di consegna dell’ordine è stato ferito in modo grave”.
Quest’azione gli valse la medaglia militare, Legion d’onore dei sottufficiali e dei soldati semplici, e poi la Croce di Guerra appena venne istituita nell’aprile del 1915.
Le prime pagine del libro corrispondono perciò a quanto effettivamente accaduto a Poelkapelle il 27 ottobre 1914, anche se, rileva Gibault, qualche dubbio rimane sulle circostanze in cui quello stesso giorno Céline avrebbe ricevuto un colpo alla testa. “La lesione non è mai stata certificata, ma è innegabile che Céline si sia lamentato per tutta la vita di nevralgie, accompagnate da fortissimi acufeni, come se un treno gli passasse nella testa”.
Da medico qual era, Céline stesso in un manoscritto in possesso di Helga Pedersen, ex ministro della Giustizia danese ed ex presidente della Fondazione Mikkelsen, ci offre una diagnosi del suo male: “Testa: Mal di testa permanente (o quasi) (cefalea) contro il quale è pressoché inutile qualunque farmaco. Prendo otto pastiglie di Gardenal al giorno – più due aspirine, mi fanno tutti i giorni dei massaggi alla testa, che sono molto dolorosi.
Ho spasmi cardiovascolari e cefalici che mi impediscono ogni sforzo fisico.
Orecchio. Orecchio sinistro completamente sordo, con ronzii e intensi fischi ininterrotti”.
Lucette Almansor, che ha vissuto con Céline dal 1935 fino alla morte di lui nel 1961, ha confermato i dolori alla testa cui lo scrittore fa riferimento in vari romanzi e in numerose lettere.
In Guerra il protagonista Ferdinand (alter ego di Céline) riprende conoscenza dopo essere rimasto ferito sul campo di battaglia.
Tra sogni onirici, fantasmi che agitano la mente, immagini indefinite che viaggiano sperdute e dolori lancinanti che ne paralizzano il corpo, Ferdinand si accorge di essere circondato da cadaveri. Da qui si dipana il racconto.
Lo ritroveremo in ospedale, in mezzo a malati e farabutti, lasciato alle cure di una infermiera tanto procace quanto sadica.
Questa degenza di varie settimane occupa la maggior parte del romanzo e termina con l’imbarco per Londra grazie ad una prostituta, vedova del compagno di camerata da poco fucilato.
La trama del romanzo intreccia avvenimenti veritieri con fatti di pura fantasia. Il destro dello scrittore è tale che non si riesce mai a distinguere tra i due aspetti. Cosa, a dire il vero, che può forse aiutare a comprendere meglio la personalità di uno scrittore che ha lasciato tracce profonde nella letteratura del Novecento e che sembra parlarci ancor oggi mettendo a nudo inquietudini esistenziali e conflitti interiori. Nei duecentocinquanta fogli manoscritti, inediti, di Guerra troviamo l’essenza del pensiero che accompagnerà quasi tutte le opere future di Céline.
“Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa”.
E’ la frase di apertura del romanzo. E’ come se in quel ronzio permanete che lo affligge ci sia il nucleo di una sofferenza fisica unita alla dolorosa narrazione della guerra in quanto tale, qualcosa di orribile, di violento, di esaltante e devastante. Che Céline però, nelle sue opere, saprà raccontare con il vigore della cruda realtà e la raffinata virulenza di una scrittura che non lascia margini alla fantasia, anzi la esplora riducendola ad ancora di salvezza per la disperazione dell’animo.
Guerra è un insieme roboante di suoni, di ascese metafisiche e di audaci eccessi di una volgarità che sembra sempre sull’orlo di sconfinare, ma che poi ritrova il bandolo di una narrazione della sessualità cruda e senza infingimenti.
Un libro che lascia il segno, come tutti i romanzi di Céline. Un romanzo che esplora i sentimenti più oscuri e le passioni più nitide in quei tragici frangenti in cui un sopravvissuto scopre, nel dolente risveglio, il gusto della vita. Il ritorno in sé. L’uscita dall’agonia e il piacere che torna a scuotere le membra. Nel turbinio degli incontri, nella visionarietà allucinata del protagonista, tra personaggi inventati, biechi, grotteschi e persino ridicoli, si intrecciano situazioni esilaranti.
E’ il tessuto farsesco, a volte orripilante, in cui Céline naviga con il suo estro lasciando intravvedere, dietro tanta violenza, un’ombra di pietà. Guerra è un romanzo “pieno di insidie, botole, tagliole, trabocchetti”, confessa il traduttore Ottavio Fatica, nella parte finale del libro. Ma nessun altro scrittore ha saputo narrare la guerra come ha fatto Céline.
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