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Immagine del redattoreRossana Del Zio

Violenza domestica, la guerra che non dobbiamo mai dimenticare

Questa è stata una lunga estate calda, estenuante e insopportabile qualche volta, ma pur sempre estate, quella stagione che inconsapevolmente ci regala un senso di libertà fuori dal comune.

E se quello che è stato se ne è appena andato, facendoci voltare pagina per forza di cose, quel senso di libertà si è trasformato in una prigione orribile. Guerra, politica e disagio socio economico hanno riaperto drammaticamente i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni che probabilmente ci faranno ricordare questo periodo come molto significativo delle nostre esistenze.

Le considerazioni sulla situazione globale però non hanno cambiato il pensiero, i pensieri, focalizzandosi su situazioni molto più reali e tangibili in cui le guerre quotidiane non hanno avuto e non ottengono la giusta luce, né tanto meno una soluzione, ma che meritano la nostra attenzione sempre.

Provate a sedervi su una panchina, magari davanti a una scuola, a osservare il passaggio delle vite degli altri e con quella situazione personale statica concentratevi meglio su come si muovono, come reagiscono agli impulsi, come guardano il mondo intorno a loro e quanti dimostrano, al primo sguardo, ansia e paura.

Comprendo la difficoltà nel soffermarsi su alcuni dettagli, ma questo è un esercizio che ognuno di noi dovrebbe fare cercando di riprendere quel modo di analizzare il mondo con gli occhi puntati sulla realtà, non attraverso la vita virtuale e mascherata che passa attraverso il web.

Vi assicuro che non è un gioco tanto quanto non è poi così distante dal nostro essere “umani” capaci di sviluppare empatia verso il prossimo che abbiamo imparato durante i nostri percorsi di vita prima di tutto con l’educazione familiare.

Cosa avete osservato? Avete colto le ombre e i sorrisi tirati? Avete visto sguardi sfuggenti?

Sono sicura di sì, purtroppo, e che voi stessi abbiate colto anche la violenza non raccontata che traspare dalle sole espressioni di vittime di una guerra che si combatte tra le mura di casa e che non possiamo dimenticare.

I numeri sono spaventosi, molto più significativi degli omicidi e dei femminicidi di cui spesso ignoriamo i segnali di aiuto che includono come carnefici non solo gli uomini, ma anche le donne e i ragazzi.

Non esiste una differenza sostanziale tra l’abuso fisico, sessuale o emotivo, sono, in ogni manifestazione, violenza nel suo significato più profondo che ha come caratteristica la sua quotidiana pianificazione e che molto spesso porta alla non auspicata risoluzione con la morte di qualcuno.

La continua e soffocante situazione di precarietà in cui le vittime vivono la loro vita con un senso d'insicurezza perenne, soggiogate psicologicamente dalla paura, focalizzate su come difendersi per evitare non solo il dolore fisico, è una realtà diffusa creata dal carnefice di turno e che non ha confini di livello culturale e sociale.

La cronaca ci restituisce ogni giorno le svariate sfaccettature di certi soggetti capaci di costruire realtà perennemente in bilico senza distinzione di sesso e di collocazione socioeconomica ben definita.

Una realtà quotidiana fatta di minacce, soprusi, distruzione domestica, dipendenza economica, isolamento dal mondo e violenza fisica e sessuale anche davanti ai figli che spesso diventano non solo capro espiatorio, ma anche e soprattutto vittime inconsapevoli.

Quella pianificazione, che spesso è conseguenza di personali stati d'instabilità mentale e/o da dipendenza da droghe e alcol, è una perfetta cronologia di eventi che si ripetono in un loop temporale che varia nelle diverse situazioni. Si comincia da un insulto, da una derisione innocua, poi si passa allo schiaffo e l’escalation a volte viene fermata dalla paura della vittima che soccombe, pur avendo il diritto di difendersi, per un quieto vivere che sarà sempre peggiore.

Infatti, spesso la violenza si acuisce fino ad arrivare al culmine che poi scema con il perdono da parte della vittima fino a diventare un’altra volta una sorta di “luna di miele” in cui ritrovare l’equilibrio fatto di promesse che saranno puntualmente disattese.

La guerra ricomincerà da lì a poco e il mondo la maggior parte delle volte non la vedrà e la ignorerà.

Ogni singola guerra personale, come una goccia nell’oceano, contribuisce a mantenere equilibri sociali fatti di singole realtà ecco perché tutti noi siamo chiamati a combattere in quelle guerre e se non ci sentiamo pronti possiamo contribuire a sostenere le vittime con tutto il nostro possibile supporto.

Per esempio ricordare l’esistenza del numero 1522 o l’applicazione YouPol della Polizia di Stato, perché a volte, terrorizzate dalle conseguenze, le vittime preferiscono l’anonimato.

Siamo solo a qualche settimana dal mese dedicato alla Violenza sulle Donne e potremmo partire da lì analizzando non solo la cronaca fine a se stessa, ma le conseguenze di certe azioni, le reazioni delle vittime direttamente coinvolte e di quelle secondarie, ma ricordatevi che la violenza dura una vita, non un mese e che i nostri sforzi devono essere costanti anche a costo di urlare alle vittime di sviluppare quel modo di cercare il sostegno degli altri, senza nascondersi dietro finzioni da persone forti e con famiglie perfette senza ombre. La perfezione non esiste e se non sbagliamo non riusciamo a diventare migliori, l’importante è essere pronti ad affrontare le cose, nel bene e nel male.

E se volete anche guardare al rovescio della medaglia potreste scoprire un mondo ancora più perverso in cui una vittima probabilmente non è una vittima, ma un lupo travestito da agnello e allora, vi assicuro, che potreste cambiare i vostri pensieri repentinamente.

Ne riparleremo molto presto.


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