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Violenza nei posti di lavoro, non stare in silenzio

Continuando a porre il l’attenzione sulla violenza in tutte le sue forme, vi introduco al fenomeno della violenza e delle molestie in ambito lavorativo che in Italia è significativo. I risultati della prima indagine nazionale sul tema specifico della violenza e molestia di tipo sessuale, pubblicati dall’Istat nel 2018, evidenziano che sono 8.816.000 le donne dai 14 ai 65 anni che nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di molestia sessuale.

Il problema non è solo femminile, dato che 3.874.000 uomini hanno dichiarato di aver subito almeno una molestia.

A seguito dell’avvio della procedura di ratifica da parte dell’Italia, con la legge 15 gennaio 2021 n. 4, della Convenzione n. 190 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sull’eliminazione delle molestie e violenze sul luogo di lavoro, il quadro normativo in materia è in evoluzione, infatti il 29 ottobre 2022, è entrata definitivamente in vigore in Italia .

Come scritto nell’art. 1, della Convenzione sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro redatta dall’agenzia delle Nazioni Unite, la violenza o le molestie sul lavoro sono un “insieme di pratiche e comportamenti inaccettabili” anche “la minaccia di porli in essere, sia in un’occasione, sia ripetutamente”. Sono azioni che causano un danno fisico, psicologico, sessuale e economico e includono la violenza e le molestie di genere.

Le normative si prefiggono di garantire un’ambiente di lavoro sano, privo di fattori di discriminazione e di qualsiasi forma di violenza, per migliorare la produttività e la qualità delle prestazioni, riducendo, il rischio di infortuni e malattie professionali; di creare una cultura del lavoro in cui tutti si sentano ascoltati e rispettati.

L’organizzazione subisce un costo considerevole nel caso in cui accetti l’esistenza di tali pratiche: oltre al calo di produttività delle persone colpite, alla perdita di motivazioni personali, all’assenteismo, alle assenze per malattia, al disagio organizzativo conseguente all’eventuale trasferimento o licenziamento, ai costi di selezione e formazione del nuovo personale, vi sono anche i risarcimenti dei danni alle vittime ed il conseguente pagamento delle spese giudiziarie.

Affrontare il problema delle molestie sessuali nei luoghi di studio e lavoro è necessario non solo in termini di tutela, ma anche di prevenzione. Come riporta a la Raccomandazione 92/131/CEE11, «le molestie sessuali guastano l’ambiente di lavoro e possono compromettere con effetti devastanti la salute, la fiducia, il morale e le prestazioni di coloro che le subiscono». Le vittime di molestie manifestano diverse conseguenze negative: ansia, depressione, disturbi del sonno, disturbi alimentari, disturbo post-traumatico da stress, abuso di droghe e alcool. Le molestie sessuali possono avere un effetto demoralizzante anche sul/sulla lavoratore/trice che, pur non essendo direttamente vittime del comportamento umiliante e molesto, ne vengano a conoscenza o ne siano testimoni. Agire una molestia sessuale, significa violare la dignità della persona, creando sul luogo di lavoro un ambiente intimidatorio, ostile, degradante o umiliante. Ogni lavoratore deve essere rispettato e poter dire se un comportamento è offensivo e inappropriato per la sua persona.

Fondamentale è riconoscere oltre che denunciare i tipi di violenza. Subiamo una molestia a sfondo sessuale quando si verificano: contatti fisici fastidiosi e indesiderati; apprezzamenti indesiderati, verbali o non verbali; commenti inappropriati con riferimenti alla sessualità della persona; scritti ed espressioni verbali sulla presunta inferiorità della persona in quanto appartenente a un determinato sesso o denigratori in ragione della diversità di espressione della sessualità; gesti, proposte o scherzi a sfondo sessuale; domande invadenti su relazioni personali; invio di immagini o e-mails inappropriate; un approccio fisico di natura sessuale, o la richiesta di un rapporto fisico quando l’altro/a non mostra alcun interesse; intimidazioni, minacce e ricatti subiti per aver respinto comportamenti finalizzati al rapporto sessuale, commenti sull’aspetto fisico o sull’abbigliamento, il fissare insistentemente una persona o parti del suo corpo.

Si agisce una molestia psicologica quando un collega o un gruppo di colleghi hanno un comportamento scorretto nei confronti di un altro lavoratore, di un gruppo di colleghi, di un superiore o di un sottoposto individuato come vittima, umiliato, offeso, minacciato. Per esempio: urlare; usare un linguaggio offensivo o sarcastico; offendere; criticare continuamente il/la lavoratore/trice; escludere il/la lavoratore/trice da eventi sociali o dai coffee breaks; nascondere informazioni importanti; assegnare al/alla lavoratore/trice troppi compiti, troppo difficili, degradanti o troppo facili.

La molestia non deve essere mai tollerata, è’in grado di condizionare la vita di chi la subisce e causare danni psicologici, oltre che avere pesanti risvolti sulla vita personale e lavorativa delle vittime. Le molestie sessuali presentano una pluralità di manifestazioni esteriori che si riconducono alla divisione tipologica tra ricatto sessuale e molestia ambientale.

Nel ricatto sessuale l’intenzione di compiere una molestia è accompagnata dalla minaccia di precludere alla vittima determinate opportunità lavorative o di infliggerle delle sanzioni punitive, come il licenziamento, il trasferimento o il demansionamento.

Ciò che denota il ricatto sessuale è l’uso della coercizione come strumento per modificare o determinare le condizioni di impiego e, per tale motivo, è definita anche molestia coercitiva. Nell’ipotesi di molestia ambientale, la condotta del soggetto agente ha l’effetto di rendere l’ambiente di lavoro ostile, umiliante e degradante per il soggetto passivo, finendo per pregiudicare il rendimento lavorativo e l’integrazione produttiva. Le molestie sessuali, peraltro, sono in grado di condizionare la vita di chi le subisce e causare danni psicologici, oltre che avere pesanti risvolti sulla vita personale e lavorativa delle vittime. Riconoscere le molestie è un processo complesso. Gli individui spesso non riconoscono certi comportamenti abusivi come molestie sessuali. Le reazioni più comuni sono di cercare di evitare il molestatore; in altri casi le vittime elaborano forme di coping interpretativo e finiscono per condividere la narrazione dominante delle molestie come “barzellette” o normali interazioni eterosessuali o per minimizzarle come comportamenti infantili.

Questa strategia permette alla vittima di non sentirsi umiliata per quanto ha subito, ma non le dà strumenti per modificare la situazione.

In altre situazioni se le molestie sono pesanti e continuano e se le strategie sono insufficienti, le vittime possono decidere di lasciare il lavoro o di interrompere gli studi.

Con il coping interpretativo e il rifiuto di nominare, le vittime proteggono la loro autostima, che potrebbe essere infranta dal riconoscimento della loro impotenza a reagire.

Questi meccanismi vanno visti nel contesto sociale attuale, dove la confusione tra scherzare o flirtare e molestie è ancora pervasiva e dove prese in giro e allusioni sessuali possono essere considerate normali e piacevoli, anche da alcune donne, in molti luoghi di lavoro. Molte vittime (uomini e donne) spesso non parlano delle loro esperienze di molestie ricevute, per vergogna, per mancanza di fiducia nei confronti dell’interlocutore, per paura del giudizio, senso di colpa o paura di vendette e ritorsioni.

Come altre forme di violenza, restano ancora oggi poco visibili. La cosa fondamentale è fidarsi e affidarsi: ma non stare in silenzio.

Le figure di riferimento alle quali potersi rivolgere sono: Il/la Consigliere/a di Fiducia (se presente), il Dirigente, il Medico Competente, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, la RSU e la RSA, numero verde antiviolenza e stalking 1522 (gratuito, attivo H24).

I contratti collettivi possono prevedere misure specifiche, ivi compresi codici di condotta, linee guida e buone prassi, per prevenire tutte le forme di discriminazione sessuale e, in particolare, le molestie e le molestie sessuali nel luogo di lavoro, nelle condizioni di lavoro, nonché nella formazione e crescita professionale.

Il compito principale del/della Consigliere di Fiducia è di istruire una procedura informale o formale al fine della cessazione della molestia.

La procedura informale è di regola un contatto con il molestatore, mentre la procedura formale può condurre al procedimento disciplinare nei confronti di questi. La/il Consigliera/e di fiducia nella totale riservatezza, autonomia e terzietà ha il compito di ascoltare, consigliare e promuovere soluzioni, in accordo con la vittima e nel rispetto pieno della riservatezza (sostenendo il processo di “blaming” “claming”). Utilizzando il modello definito della “consapevolezza legale” traccia come sono modellate le percezioni delle molestie e la probabilità di successive risposte. Il modello prevede tre passaggi: “nominare” (naming) (l’esperienza è percepita come dannosa), “incolpare” (blaming) (un’altra persona è ritenuta responsabile), e “reclamare” (claiming) (si chiede un rimedio, e quando un reclamo viene respinto, può seguire un reclamo formale). Il “nominare” è il primo passo: se la molestia non è riconosciuta e nominata in quanto tale, gli altri passi non potranno seguire.

Fondamentale è riuscire a distinguere atteggiamenti che denotano familiarità, attrazione, mutuo consenso da comportamenti che sono, sessualmente molesti. In Italia, il contrasto alle molestie sessuali avviene attraverso una serie di strumenti disciplinari (contenuti nei codici di condotta) o civili (attraverso il risarcimento del danno).

Non c’è una fattispecie penale specifica che punisca con la reclusione (e/o con una pena pecuniaria) le molestie sessuali in generale e nemmeno quelle realizzate nei luoghi di lavoro.

Nessuna organizzazione pubblica o privata può considerarsi immune dal problema delle molestie sessuali, anche se il fenomeno è condizionato dalla riconosciuta difficoltà delle vittime a parlarne.


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