La storia moderna è cominciata con la scoperta della minigonna.
Erano i primi anni 60 quando una stilista londinese mise nella vetrina del suo negozio una gonna che scopriva abbondantemente le gambe.
Fu un successo immediato e di proporzioni mondiali. In quegli anni i giovani vestivano come gli adulti reduci dalla classicità degli anni del dopoguerra. Contemporaneamente nel mondo avvenivano cambiamenti epocali. John Kennedy presidente americano da poco eletto mostrò al mondo di che pasta era fatto. La musica dei Beatles inneggiava all’amore universale, la liberazione sessuale fece da sfondo alla rivoluzione giovanile.
I ragazzi decisero di abbigliarsi in maniera originale senza schemi e Mary Quant con la sua minigonna divenne la loro musa. Sua Maestà la Regina Elisabetta nominò baronetti e Mary Quant con la sua ricevette un’onorificenza premiandoli per il consistente apporto economico che grazie a loro riempì le casse del Regno. La minigonna è ormai un capo classico del guardaroba femminile: è comoda sportiva ed elegante a seconda di come la si indossa e se anche qualcuno storce il naso è accettata da tutti. In questi giorni a Roma a Castel Sant’Angelo c’è una mostra straordinaria dedicata alla moda degli anni 60.
Si possono ammirare abiti di Ken Scott Pucci, Galitzine ed altri stilisti non meno famosi.
Quegli abiti non solo hanno fatto la storia del costume ma sono stati l’origine della moda degli anni a venire. I pigiami palazzo di Valentino, gli shorts da sera detti anche hot pants, il nude look, di Yves Saint Laurent, gli abiti di metallo di Paco Rabanne.
Una miniera di creatività a cui molti giovani stilisti attingono a piene mani e fanno ben sperare che uniti alle nuove tecnologie per la crescita del settore nel nome della sostenibilità dell’inclusione delle generazioni future.
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