Xi Jinping si è recato a Mosca lo scorso 20 marzo per fare visita al suo “caro amico” di vecchia data, ed è il primo leader a recarsi nella capitale russa dopo l’emissione del mandato di arresto di venerdì 17 da parte della Corte penale Internazionale per Putin.
Una visita apparentemente come tante tra i due leader che si erano promessi un’amicizia senza limiti, e ci tengono a ribadire che il loro sostegno reciproco ha raggiunto un livello di fiducia senza precedenti. In realtà, questa visita ci anticipa molto sul futuro degli equilibri internazionali e sulla tipologia di leader internazionale che Xi Jinping si appresta a diventare.
A distanza di tredici mesi dall’invasione in Ucraina, è infatti tempo di tirare le prime somme di lungo raggio. I veri effetti di questo incontro probabilmente verranno a galla soltanto da una eventuale telefonata di Xi a Zelensky. Nel frattempo ciò che sappiamo è che una visita apparentemente di rito tra due leader e due amici di lunga data, in realtà sta rivelando molto sulle intenzioni cinesi nella dinamica del conflitto e, in un orizzonte più ampio, nella dinamica degli equilibri internazionali. È oramai chiaro che le due potenze orientali sono mosse dal comune intento di rovesciare l’attuale ordine internazionale occidentale a guida americana, e l’apparente maschera cinese di mediatore pacifico a favore dei negoziati di pace tra le parti coinvolte nel conflitto convince ben pochi.
Già lo scorso 24 febbraio – ad un anno esatto dall’invasione russa - l’aver presentato un “piano di pace”, fissato in 12 punti, aveva generato molto scetticismo nella comunità internazionale. Nello specifico, il documento invitava la comunità internazionale a sostenere le parti coinvolte per lavorare al più presto ad una ripresa del dialogo. Peccato che nel descrivere le modalità, si facesse riferimento ad una crisi ucraina e non ad una guerra, né vi era alcuna menzione riguardo il ruolo della Russia o la sovranità e l’integrità territoriale ucraine. Mentre, si è fatto particolare riferimento a delle garanzie di sicurezza richieste dalla Cina, anche alla Russia. Insomma, a conti fatti, concretamente nulla di nuovo rispetto alle vecchie posizioni cinesi. La visita di Stato fra i leader si è conclusa con la firma di una dichiarazione congiunta tra la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa sull’approfondimento del partenariato strategico globale di coordinamento, oltre che con la promessa di Putin di voler valutare il “piano di pace” cinese.
Gli Stati Uniti nel frattempo non si fidano, e credono che Pechino non solo non voglia spingere per un negoziato tra le parti, ma stia mettendo in atto un escamotage per congelare la situazione attuale e dare modo alla Russia di riprendere fiato e trascinare ancora una lunga guerra di sfinimento. Secondo gli esperti dell’Observer, infatti, attualmente sarebbe proprio questa la situazione ideale per Xi. Il Presidente cinese non auspica una sconfitta russa per via delle conseguenze che si riscontrerebbero a livello di ordine internazionale. Non vuole neanche però permettere una vittoria schiacciante di Putin, perché questo comporterebbe un rovesciamento dei loro rapporti di forza. Dall’incontro dei due leader è venuto fuori proprio questo palese sbilanciamento di poteri. Se è chiaro oramai che le due potenze orientali viaggiano – a modo loro – all’unisono nello sfidare l’attuale egemonia mondiale americana, è anche sempre più palese come allo stato attuale sia la Cina a possedere effettivamente gli strumenti economici per portare avanti una politica di questo tipo. La Russia al contrario, in tredici mesi non ha fatto altro che alimentare un rapporto con Pechino tutt’altro che disinteressato.
La visita a Mosca, da questo punto di vista, sembra proprio la visita di chi tiene a ricordare all’altro il debito che ha contratto a favore di un sostegno (non troppo) velato.
È vero che entrambi i leader sanno di non poter fare a meno l’uno dell’altro. Putin sa che dovrà contare sul suo amico per la sua stessa sopravvivenza sia politica che economica. Secondo alcuni dati doganali cinesi, la Russia è sempre più dipendente economicamente dal partner cinese: si stima che nel 2022 l’interscambio tra le due alleate sia aumentato del 29% e che la Russia sia attualmente il secondo fornitore dopo l’Arabia Saudita per l’import energetico, dopo aver dovuto abbandonare il mercato europeo. Ma anche Xi Jinping non può sottovalutare il rapporto con l’omologo russo, soprattutto ora che si è sbilanciato pubblicamente nei confronti della sua alleata.
Viene da chiedersi però se questa presa di posizione non giochi a svantaggio di Xi e non rischi di provocare un effetto boomerang. In realtà il Presidente cinese sa di avere il coltello dalla parte del manico, e sta consapevolmente sfidando gli Stati Uniti usando l’alleanza con la Russia. Per il momento si accontenterà di far progredire la sua idea di ordine non democratico e di trovare vantaggio economico dalla sua crescente influenza. Il problema sarà più che altro di Putin che per il momento non può allontanarsi dalla sua visione a breve raggio e a lungo termine rischierà di pagare a caro prezzo questa “amicizia”.
Su Il Foglio, Giulia Pompili spiega infatti che è proprio a seguito dell’ultimo Congresso del Partito comunista cinese che Xi ha iniziato in qualche modo ad invertire la rotta politica e a cercare una maggiore influenza internazionale. Più forte anche internamente, ora che sembra archiviata anche l’ultima ondata covid, Pechino vuole farsi vedere indispensabile e lo fa non più soltanto ponendosi al centro delle trattative commerciali globali ma anche in quelle politiche e diplomatiche, come dimostra la recente proposta dell’Iniziativa per la sicurezza globale. Sicuramente la mossa della mediazione di pace convince in pochi e la Cina fa il minimo indispensabile per smentire gli scetticismi. Resta da capire a questo punto a che prezzo sta giocando.
Un cambio di rotta non indifferente, un allontanamento sostanziale dalla tradizionale retorica politica di “armonia”, che ha sempre contraddistinto il Paese. Allearsi e far sì che si venga associati ad un leader e, più in generale, ad un Paese incriminato è una mossa azzardata da cui difficilmente si torna indietro, che può essere giustificata soltanto da un importante tornaconto.
Questo potrebbe essere l’ottenimento di risorse militari dalla Russia che, per quanto si dica in difficoltà nel conflitto attuale, rimane una superpotenza dell’industria bellica. Il rischio che tutti valutano è ovviamente quello che Pechino riesca effettivamente a crescere a tal punto da poter rivendicare anche una supremazia militare oltre che economica. Ma soprattutto, che Xi possa finalmente cedere alle richieste di Putin sulle armi letali.
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