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Maria Prezioso

LA SFIDA CHE IMPONE L'EUROPA

Aggiornamento: 5 mag 2021

NEL RECOVERY PLAN LE LINEE DETTATE DALLA UE PER SCONFIGGERE LA PANDEMIA E AVVIARE LA RIPRESA

In questo quadro, l’economia della transizione si oppone alla transizione dell’economia verso un Green Deal 2021-27, che nell’era COVID si è ri-nominato New Future Generation EU. Non è un gioco di parole, perché lo scenario delineato nel contesto della Agenda Territoriale 2030 (Presidenza tedesca) favorisce progetti e azioni di economia territoriale, nonché la legislazione e la regolamentazione nel campo di quella circolare e del rafforzamento della Politica di Coesione (quella i cui fondi non spesi hanno tamponato in Italia nell’ultimo anno il disastro economico prodotto dal COVID).

Le richieste da parte dell’UE sono concrete e interrelate (da cui l’impropria locuzione ‘ricostruzione dopoguerra’). Sfidano il Paese ad essere ambizioso utilizzando al meglio i Fondi Europei Strutturali di Investimento (FESI) seguendo una visione ampia e strategica.

Serve per questo poter disporre di un piano per obiettivi (il PNRR-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) costruito su dati e progetti attendibili (place evidence e diversità geografiche), valutando opportunità e impatti da cogliere entro il 2023 (rendicontazione FESI spesi 2014-2020) e il 2027-30 verso la nuova economia più smart, verde, inclusiva, sociale, ‘europeanizzante’. Una scommessa ‘a 5 pilastri’ da realizzare cooperando.

Il Recovery Fund (RF), già noto come meccanismo di finanziamento del debito agli esperti di bond per aver sostenuto la resilienza durante la crisi 2008, ha oggi una valenza diversa, perché legato ai FESI.

È stato infatti inserito nel 2020 dal Consiglio europeo in un piano da 750 mld € (su un bilancio UE di circa 1.074) che comprende sovvenzioni (390 mld) e prestiti (360 mld). Cosa farà l’Italia dei più di 208,8 mld € (127,4 di prestiti e 81,4 di trasferimenti) a cui potrebbe accedere dipende dal PNRR di dettaglio da presentare alla Commissione per essere discusso a giugno (cosa sono in fondo solo otto mesi di ritardo?).

Cancellati come improbabili o non ricevibili o obsoleti gran parte dei 678 progetti iniziali la cui origine resta incerta, il centinaio di sopravvissuti a quanto pare sono privi delle caratteristiche richieste dalla Commissione, la quale, dovendo decidere in due mesi (per poi passare il tutto al Consiglio europeo che si esprimerà in quattro settimane), si aspetta di trovare:

· evidenza territoriale di un approccio olistico che correli i risultati attesi, dichiarati dal progetto, ad una ‘ripresa’ sostenibile dell’economia (es. PIL, posti di lavoro, numero di fallimenti bancari e di imprese, ecc.). Al progetto si chiede anche di mappare una serie di semplici indicatori come: i prezzi degli immobili, gli investimenti diretti esteri, il costo del credito, il calo della domanda di esportazioni, la spesa in consumi, le mutazioni nei flussi di migranti e le rimesse verso i paesi di origine, ecc.

· un’Analisi d’Impatto Territoriale (TIA) e una Costi Benefici.

· dati a differenti livelli geografici sussidiari e scale di progetto (miultilevel analysis) per i differenti tipi di territori

· uso di tecnologie innovative

· chiara metodologia di progettazione e realizzazione, ricorso a strumenti finanziari innovativi

In buona sostanza si chiede di essere conformi ai regolamenti europei (REACT-EU, ERI, ecc.) approvati anche dall’Italia affinché si raggiunga la resilienza, la quale crescerebbe se si utilizzassero anche i Fondi di Coesione, quelli Europei Regionali-FERS e sociali -FES, ecc. Quanto rimasto ad oggi da spendere per avviare progetti da completare con i nuovi Fondi Strutturali 2021-27 potrebbe ammontare a circa 475 mld €, a cui l’Italia dovrebbe accedere nell'ambito dell'obiettivo’ Investimenti per la crescita e l'occupazione’ 2021-2022, al fine di completare rapidamente la spesa rendicontabile fino al 2023. Non spenderemmo tutto il possibile certo, ci vorrebbe un miracolo, ma certo faremmo meglio rispetto al 2018, quando la media della spesa era stata del 3-6%.

Purché ci si dimostri: affidabili, progettualmente e tecnologicamente innovativi e sostenibili; ci siano vantaggi reali, rendimenti adeguati (non ci dimentichiamo il moltiplicatore keynesiano che muove il Recovery Plan), valore aggiunto e spill over economico, sociale, ambientale e culturale (le 4 dimensioni dello sviluppo sostenibile e dell’equity finanziario). Il tutto garantito da un nuovo modello di governance e capacità istituzionale per corrispondere ai 5 pilastri (e relativi flags) della politica UE 2027 prima ricordati. Facile no?


Maria Prezioso

Ordinario di Geografia economica politica, Università di Roma Tor Vergata

La professoressa Prezioso ha recentemente pubblicato diversi lavori sui Fondi Europei e la spesa regionale territorializzata della Politica di Coesione, tra cui nel 2020: Territorial Impact Assessment of national and regional territorial cohesion in Italy Place evidence and policy orientations towards European Green Deal, Bologn, Pàtron.

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