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Lazio, intervista a Silvano Moffa: "male la Regione di Zingaretti"

Intervista a Silvano Moffa, giornalista e politico, già parlamentare e Presidente della Provincia di Roma e sostenitore della Lista Civica Rocca Presidente.

On. Silvano Moffa, a suo giudizio la giunta Zingaretti-D’Amato non è stata in grado neanche di spendere i fondi disponibili per l’edilizia sanitaria e si è “dimenticata” oltre un miliardo di euro? Quale la sua ricetta di buongoverno?

E’ uno dei tanti dati che dimostra l’inefficienza di un malgoverno della sanità nel Lazio che dura da dieci anni. Potremmo citare anche altre cifre non meno rilevanti. Penso al costo della mobilità sanitaria certificata dalla Corte dei Conti: 2 miliardi pagati alle altre regioni per rimborsare i costi dei ricoveri dei nostri cittadini in presidi ospedalieri extraregionali. Oppure al forte indebitamento registrato negli ultimi tempi nonostante la fuoriuscita dal regime commissariale. Tutti elementi con i quali la nuova giunta dovrà fare i conti. Una eredità non certo facile da gestire. Però guardo con fiducia al futuro. Se, come spero, Francesco Rocca sarà eletto Presidente, assisteremo ad una vera “rivoluzione” nella gestione complessiva di una macchina complessa come quella regionale. Nel suo programma sono indicati indirizzi di governo molto chiari. Sono fissate alcune priorità come l’abbattimento delle lunghe liste di attesa, l’informatizzazione centralizzata delle operazioni di ricovero, il potenziamento della medicina territoriale, una profonda revisione del piano sanitario regionale. Il tutto avendo l’obiettivo di riequilibrare sul fronte pubblico una assistenza che, negli ultimi tempi, è stata sfavorita a tutto vantaggio del privato. Intendiamoci, non c’è nulla contro il privato. Ma tornare allo spirito della riforma significa recuperare il senso e il ruolo di complementarità e integrazione tra pubblico e privato, snaturato dal governo Zingaretti.


Questa campagna elettorale non è stata priva di “colpi bassi”, che hanno colpito anche il candidato alla presidenza della regione Lazio Francesco Rocca. Lei cosa ne pensa?

La sinistra quando non ha argomenti da spendere sul piano del confronto, ricorre a mezzucci di questo genere. E’ lo scadimento della politica. Ci si dovrebbe interrogare se non sono proprie queste forme di antagonismo basato su false accuse e sulla delegittimazione morale dell’avversario alcune delle cause della disaffezione dei cittadini, della scarsa partecipazione, che si registra ormai da tempo, alle elezioni. Ho invece molto apprezzato la signorilità di Francesco Rocca che ha sempre mostrato correttezza e rispetto, senza mai cedere alle insulse provocazioni di chi cercava di dipingerne un volto diverso. La forza di Rocca sta nella sua storia, nella sua professionalità, nella sua preparazione manageriale. E, soprattutto, nella sua profonda umanità. Il suo stile parla da solo.


I cittadini del Lazio lamentano problemi seri. Lei in caso di vittoria del centrodestra come vedrebbe il futuro di questa Regione? Quali le prime azioni da compiere?

La Regione Lazio presenta ritardi enormi sul piano infrastrutturale. L’elenco delle inadempienze, delle incongruenze gestionali, della arretratezza della macchina amministrativa e del pesante fardello di una burocrazia fin troppo autoreferenziale, un vero impaccio per ogni spinta innovativa o, peggio, per ogni progetto degno di nota, sarebbe lungo. Ci vogliono anni per una semplice variante, un piano integrato, un programma di recupero o di rigenerazione urbana, una pianificazione strategica. Cose che altrove, in Europa, si risolvono in pochi mesi. Un recente studio ha mostrato come sia alto il rischio di non utilizzare i fondi europei previsti dal programma Recovery per le infrastrutture a causa della inadeguatezza della macchina amministrativa. Lo studio cita i casi di Latina, Aprilia, Viterbo, Guidonia, Pomezia perché sono quelli più esposti al rischio. Ma nel resto della regione le cose non vanno meglio. Il livello regionale dovrà svolgere una imponente e immediata azione di raccordo con la rete dei comuni e con il sistema delle imprese se vorrà cogliere le straordinarie opportunità offerte dal Pnrr. Non è concepibile che, nell’anno di grazia 2023, ci siano ancora monorotaie sull’asse Viterbo Roma oppure la Cisterna-Valmontone sia di là da venire. Per non parlare della logistica integrata. Ci sono polarità esterne alla Capitale che debbono essere messe a sistema. A partire dal porto di Civitavecchia che non può limitarsi ad essere un importante approdo crocieristico senza rafforzarne e valorizzarne le potenzialità commerciali al fine di intercettare l’imponente traffico merci che interessa il Mediterraneo.


Si è sempre pensato al Lazio come Roma ma non è solo Roma, ci sono le province e tutti i comuni che chiedono risposte. Ora sarebbe anche il caso di inserire il Lazio in un inquadramento più importante anche a livello Europeo? Lei cosa ne pensa?

E’ chiaro che Roma, la Capitale, richiede uno status proprio come avviene per ogni altra capitale europea. Da tempo se ne discute. Mi auguro che finalmente, nella sua dimensione metropolitana, la capitale trovi la sua giusta dimensione e le funzioni che le competono, anche di rango legislativo. Non starò qui a ripercorrere le tappe di un dibattito complesso sulla natura e il ruolo che la capitale dovrebbe avere. Da presidente della Provincia di Roma, già nei primi anni del duemila, tenemmo dei workshop internazionali per elaborare un disegno di riforma. Da parlamentare presentai un disegno di legge per definire i contorni e le attribuzioni dell’area metropolitana di Roma. Nell’ultima legislatura le forze politiche avevano raggiunto una intesa su un testo comune. Ma è assolutamente evidente che non si può stabilire lo status di Roma Capitale senza intervenire sul riordino del sistema provinciale. Personalmente ritengo che abolire o ridimensionare le province sia stato un errore. A maggior ragione penso che a una capitale speciale debba corrispondere una regione speciale, dove le province possano essere ridefinite e rafforzate nelle funzioni e nelle attribuzioni. Roma ha bisogno della regione, come la regione non può vivere e svilupparsi senza Roma.



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