Tra i molti buoni propositi per il 2023, sono davvero molto felice per la decisione di Domus, di dare seguito ad una grande innovazione: sono stati individuati due guest editors che si cimenteranno alla guida scientifica della rivista, un’intelligenza associata mai tentata prima.
Due architetti diversi, due professionisti distinti, due intellettuali non omogenei in quanto a visione, ma animati dalla passione per la disciplina percorrendo cammini diversi. Una sfida professionale e nuova. I due che a me stesso danno gioia per la sfida sono Steven Holl e Toshiko Mori, figure di grande spicco del panorama dell’architettura e della cultura. Due personalità diverse che condividono uno stesso modo di intendere la responsabilità dell’architettura in un momento così delicato per l‘architettura stessa, per la necessità di salvare e ripristinare l’habitat naturale al meglio, oltre che elevare la qualità delle città.
“Invece di fare riferimento alle tradizionali categorie di architettura, arte e design, preferiamo riconoscere che tutto è collegato.
Il cambiamento climatico del nostro pianeta è legato alle migrazioni sociali, alla conservazione del paesaggio naturale e alle condizioni urbane. Oltre ad avere confini sfumati tra loro, architettura, arte e design sono arti collegate alla scienza e alle lotte sociali.”
Spero davvero che ci saranno nuove prospettive e riflessioni che aiutino a pensare alle tante contraddizioni nel vivere il mondo di oggi e promuovere un dialogo aperto. Le città si estendono sul 3% della superficie del globo, il resto è acqua e terra, ci si chiede quanto importante sia l’architettura per mantenere questo equilibrio, preservando nello stesso tempo le risorse.
Elevare la qualità del costruito delle città è uno degli obiettivi più pressanti oggi. Il lavoro dell’architetto è realizzare i sogni delle persone ma anche tutto questo è stato spesso messo da parte. I risultati sono evidenti e alla presenza di ognuno di noi ogni giorno. Forse trasformare la coscienza è diventato ormai urgente. Raccogliere la sfida può sembrare troppo ambizioso, ma già avere la possibilità di invitare ciascuno al confronto per abbattere tutti i confini per un dibattito sulla nostra vita è troppo importante e indispensabile. A tutto ciò aggiungo che riflettere sui disastri provocati dalla globalizzazione in ambito urbano e pensare a coloro che lavorano a nuovi modelli di sviluppo sostenibile tipo i boschi verticali di Stefano Boeri, sia ancora davvero troppo poco.
E forse nemmeno il ridurre al minimo gli sprechi di Kerè potrà essere la soluzione. Sono convinto che gli architetti dovrebbero confrontarsi molto di più sui maggiori aspetti della globalizzazione e trovare il coraggio di lavorare a volte contro il proprio interesse personale rifiutando di accettare commissioni sospette, opponendosi alle strategie di sviluppo che lacerano il nostro tessuto sociale.
Per tutto ciò aspetto e aspettiamo con grande curiosità i pensieri e le riflessioni di Steven Holl e Toshiko Mori.
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