COLLEFERRO - La fantomatica rete di piste ciclabili di cui ogni tanto si narra a Colleferro qualcuno l’ha mai vista?
E’ stata disegnata ragionando su quali esigenze?
Qualcuno ha mai visto un progetto di rete come quello della Bicipolitana di Pesaro? Una rete ciclabile che nasca con il presupposto di creare un sistema di mobilità sostenibile alternativa all’uso dell’auto non può prescindere dall’analisi dei principali flussi di spostamento a motore soprattutto quelli che iniziano e finiscono all’interno della città. Questo perché è all’interno della cintura urbana che la sostituzione dell’auto con la bicicletta ha più senso.
Anche a Colleferro, i flussi di traffico giornalieri che iniziano e finiscono nella cintura urbana avvengono prevalentemente lungo le direttrici casa-lavoro e casa-scuola.
Tali direttrici corrono l’una in direzione Sud-Nord (dal Murillo alla stazione ferroviaria) e l’altra in direzione sostanzialmente ortogonale da Ovest ad Est (dal centro alle scuole superiori). Casualmente o forse no le suddette direttrici quasi coincidono con i principali assi commerciali del centro della città: corso Turati su una direttrice (Sud-Nord) ed il gruppo via Petrarca, via XXV aprile e via Consolare Latina sull’altra (Ovest-Est).
Nulla di più sensato sarebbe implementare la realizzazione di percorsi ciclabili lungo le suddette direttrici perché:
1. Attraversano la città e non la circumnavigano (come il più volte citato anello ciclabile)
2. Sono i percorsi più brevi e diretti verso i suddetti poli giornalieri di attrazione del traffico
3. Sono direttrici che, attraversando la città in lungo ed in largo, si prestano a raccogliere dai vari quartieri gli spostamenti capillari verso i poli di attrazione raggiunti dalle direttrici.
Non è un caso, tra l’altro, che proprio lungo queste direttrici (e non sulle ciclabili/ciclo-pedonali realizzate lungo percorsi privi di senso per chi usa la bici) già oggi si vedano cittadini pedalare in un contesto totalmente privo di un minimo di infrastruttura, costretti magari ad usare il marciapiede per risalire alcune vie come corso Filippo turati o a percorrere Via Consolare Latina sulla strada contromano.
Non è un caso che sempre più spesso si vedano al mattino persone sulle due ruote (bici o monopattino) rischiare la vita su ponte Sabotino o corso Garibaldi per tentare di raggiungere la Stazione Ferroviaria o dalla Stazione raggiungere il posto di lavoro in centro.
Non è un caso se è su Corso Turati, Corso Garibaldi, via XXV Aprile, via Consolare Latina e via Petrarca che si vedono persone in bici (adulti e ragazzi) a fare qualche commissione o anche solo a fare un giro: alle persone indipendentemente se a piedi o in bici piace andare dove ci sono persone e non dove qualcuno ha messo le ciclabili.
E’ paradossale come a Colleferro la mobilità ciclabile stia lentamente prendendo piede da sola (ve ne siete accorti amministratori?), ma non sui percorsi dove realizzate o dite di voler realizzare le ciclabili !
Riuscite ad immaginate il cambiamento che ci sarebbe se tale tendenza fosse agevolata con le infrastrutture giuste al posto giusto ?
Purtroppo, l’amministrazione di molte città, compresa la nostra, sembra concentrarsi principalmente sulla retorica delle "piste ciclabili", senza però offrire un'impostazione credibile e coerente.
Lo si fa realizzando infrastrutture inadeguate ma di facile e rapida realizzazione come i marciapiedi ciclopedonali. Lo si fa dipingendo con inchiostro simpatico corsie ciclabili dove c’è spazio e soprattutto dove non c’è rischio di togliere spazio al parcheggio a raso delle auto (tradendo un profonda visione di città auto-centrica).
Corsie che durano un paio di stagioni e poi diventano pericolose per via della vernice, anch’essa usata con poca convinzione, che sparisce proprio in corrispondenza di incroci ed immissioni, dove più che altrove occorre evidenziare la corsia ciclabile per ragioni di sicurezza: via Fontana dell’Oste ne è un esempio (vedi foto 2.1)
Lo si fa usando nella narrazione i termini giusti al posto giusto, la parola “ciclabile” vicino all parola “scuola” e d alla parola “mobilità sostenibile” (BOOM!), come quando a Colleferro si adatta a ciclopedonale il marciapiede che unisce la scuola media Leonardo da Vinci alla scuola elementare Dante Alighieri.
A che pro? Forse quello di consentire agli studenti di quinta elementare di passare alla prima media in bici? Senza contare la dubbia adeguatezza di un marciapiede ciclopedonale in quel punto (vedi approfondimento a lato).
Che dire della ciclabile del IV Chilometro ? Per dare un senso alla costosa ed inutile (ai fini della mobilità sostenibile) infrastruttura, si mettono insieme le parole “Mobilità sostenibile” e “Stazione Ferrovia”.
Ma come? Vogliamo mandare alla stazione in bicicletta gli abitanti del IV km e non ci preoccupiamo di consentire al cittadino di piazza Italia o di via di Vittorio, che già ha cominciato suo malgrado a percorrere corso Garibaldi o ponte Sabotino su due ruote, di andarci in sicurezza ? Questa pista è e rimarrà una pista marginale per la città, anche se la si riuscisse a collegare un giorno alla Stazione Ferroviaria (cosa affatto scontata). Intanto alla Stazione Ferroviaria, principiale nodo di scambio dei flussi di traffico che interessano ogni giorno la nostra città, sempre più persone tentano o sono costrette ad arrivare a piedi, in bicicletta o monopattino.
Per costoro non solo non si pensa con urgenza a realizzare un percorso agevole e sicuro, ma non ci si degna neanche di collocare in stazione una rastrelliera decente! Recentemente, forse su consiglio di qualche consulente di marketing politico, è stata collocata accanto al bar una vecchia rastrelliera a pettine del secolo scorso, recuperata probabilmente da un deposito comunale. Peccato che quel tipo di rastrelliera a pettine sia da tempo sconsigliata dagli esperti: danneggia le ruote delle biciclette e si rivela poco pratica per il parcheggio e la sicurezza antifurto.
Una soluzione antiquata che, scomparsa da quasi tutte le città che adottano un approccio serio alla mobilità ciclabile di interscambio, riappare alla Stazione di Colleferro per un solo motivo: permettere a qualcuno, indipendentemente dall’efficacia delle soluzioni, di sfruttare la parola magica della "mobilità sostenibile" nella propria narrazione politica.
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