COLLEFERRO - Ci sono due elementi più assenti degli altri nei documenti di programmazione della quasi totalità dei comuni italiani e nei conseguenti dibattiti di natura politica: il lavoro e lo sviluppo economico.
Molte Amministrazioni preferiscono concentrarsi su situazioni vecchie, rimpallando su altri presunte responsabilità del passato piuttosto che confrontarsi sulle proposte che riguardano il futuro delle proprie città.
Si programmano interventi, opere e lavori molte volte inutili, in previsione di inaugurazioni e di futuri tagli di nastri perché tutto ciò è molto più facile e comodo che l’elaborazione di proposte documentate e credibili di crescita economica e di innalzamento della qualità di vita dei propri cittadini.
In un contesto nel quale chi è chiamato a prendere decisioni non è in grado o non vuole capire le dinamiche sociali in atto e chi dovrebbe “chiedere”, invece, si accontenta del poco, dell’effimero e dell’inutile, le città nel frattempo cambiano volto: si impoveriscono, diventano vuote e tristi.
Cessano le imprese, le attività commerciali chiudono, i disoccupati crescono e i giovani sono senza prospettiva di trovare quelle opportunità che avevano i vecchi e di avere quelle certezze che già adesso i più anziani rischiano di perdere.
Aumenta il numero di quelli che appartengono, a pieno titolo, alla “generazione trasparente” come è stata definita, qualche anno fa, da Beppe Severgnini in un suo interessante editoriale sul Corriere della Sera.
Trasparente nel senso che nessuno sembra accorgersi della sua esistenza e dell’emergenza che questa, oggi, rappresenta per le nostre città.
Molte delle quali, soprattutto, quelle di antica vocazione produttiva, stanno attraversando una profonda fase di trasformazione economica, sociale, tecnologica.
Sono richiesti da subito interventi correttivi per modificare le traiettorie del percorso in cui ci si è incamminati prima che sia troppo tardi.
Come trovare un punto di equilibrio tra le strategie di sviluppo e gli obiettivi di coesione sociale è, oggi, un campo di riflessione e di intervento in cui la politica deve impegnarsi per declinare nei territori i propri paradigmi.
Tutto ciò si scontra con l’incapacità di comprendere quanto sta accadendo nelle proprie città.
Qui non si tratta di dibattere se una determinata opera pubblica abbia o meno una maggiore utilità sociale di un’altra.
Se sia preferibile realizzare una pista ciclabile o procedere al rifacimento di un marciapiede o di un manto stradale.
Occorrono, invece, interventi che producano effetti nel lungo periodo, misure strutturali e l’adozione di politiche multilivello e sovralocali, in cui i bisogni locali e le istanze dei territori siano condivise e coordinate fra attori collocati su livelli diversi.
Le politiche di sviluppo economico che si presentano come parti di interventi complessi con dimensioni analitiche e progettuali che superano gli ambiti locali, devono però partire dalle Amministrazioni comunali così come sono loro che devono comprendere i rischi della “desertificazione” delle proprie Città ed i rischi di diventare periferie delle periferie delle grandi Città.
Comentários