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Il simbionte human-machine tra etica ed evoluzione

Vi siete mai chiesti come mai non siamo più capaci di accendere un fuoco con due pietre?

Oppure perché non sappiamo fare calcoli a più di due cifre a mente?

Che differenza c’è tra un prestidigitatore e noi, che siamo seduti in platea ad applaudire le sue “magie”?

E’ tutta una questione di addestramento! Proprio così, i primitivi, ad esempio, avevano esigenza di accendere il fuoco e provando e riprovando acquisirono quella capacità che li ha portati a farlo in modo “naturale”, “istintivo”, come fosse una conoscenza così importante da passare dai piani alti della nostra intelligenza biologica a quelli bassi, il nostro DNA, il nostro hardware, il nostro istinto di sopravvivenza.

Un giorno però, abbiamo inventato il fiammifero seguito poi anche dall’accendino, insomma un sistema automatico, chimico o meccanico che sia, che ci ha facilitato.

Simile ragionamento possiamo farlo anche per il calcolo a più cifre, a chi verrebbe mai l’idea di addestrarsi a saper fare 546x239 a mente?

Certo è che se ci mettessimo a fare prove acquisiremmo tale capacità, ma abbiamo preferito dotarci di un sistema che lo facesse sistematicamente, programmaticamente, facilitandoci la vita e soddisfacendo quella apatìa innata che l’uomo porta con sè per le attività ripetitive e noiose.

Vero è anche che tutte le volte che decidiamo di non usare più una certa capacità per delegarla ad un sistema artificiale automatico, rischiamo di far sì che quella capacità si estingua e che non saremo più capaci di metterla in azione, basti pensare al caso del fuoco dalle pietre.

Già, proprio così, la nostra intelligenza o capacità di saper fare certe attività ha una propria obsolescenza che dipende dal “rinfresco” in memoria che facciamo a meno che non si tratti dell’istinto alla sopravvivenza che fa parte del nostro “hardware” come si è accennato in precedenza.

Ecco quindi che rischia di essere sollevato un problema etico: Può un sistema automatico permettersi di cancellare alcune delle capacità della nostra specie? Rispondere esula dai propositi di questo articolo, ragionevolmente ci sentiamo di poter dire che quando accade è per nostra scelta.

Pertanto è il simbionte umano-macchina nel suo complesso che dovremmo analizzare, in tal caso osserveremmo che quello che deleghiamo alla macchina ci aiuta a dedicarci a nuove attività che ci permettono di creare e soprattutto di evolvere.

La parola magica è proprio “creatività” che significa essere liberi di poter pensare a nuove strade, nuove soluzioni, nuovi disegni di vita. Se non avessimo accettato questo, a mero titolo di esempio, oggi ci sposteremmo ancora a piedi o a cavallo, che sotto certi punti di vista potrebbe persino essere meglio, ma questa è un’altra storia!

Fino a questo punto tutto sembra piuttosto lineare e ragionevolmente ovvio, le cose cambiano quando invece chiamiamo in causa le nuove tecnologie che stanno pervadendo il nostro vivere quotidiano con un processo accelerato a tal punto da scuotere i nostri piani. Pensiamo all’intelligenza artificiale ed i suoi campi applicativi!

Nei sistemi decisionali automatici in certi particolari ambiti come quello giudiziario, legislativo, risorse umane ecc. ad esempio occorre essere certi che sia “integra” la correttezza delle azioni suggerite dall’automa e che si rispettino i valori umani.

Non vogliamo che un sistema automatico prenda decisioni o raccomandi azioni che potrebbero discriminare oppure perpetuare danni nei confronti di gruppi di persone per esempio basati su razza, genere o classe.

A dire il vero non vorremmo che questo accadesse nemmeno se la decisione fosse espressa da nostri simili!

Ma anche questa è un’altra storia… Come facciamo a garantire che l’automazione sia introdotta nel rispetto della nozione più appropriata di “correttezza”? E’ certamente nelle sinergie dei team di lavoro che creano gli automi la responsabilità di farlo mettendo sul tavolo dei requisiti del sistema anche gli aspetti legati al “fall down” della tecnologia rispetto ai cosiddetti “bias” o “pregiudizi”.

Tornando alla creatività, oggi l’automazione ci può aiutare anche a creare, l’immagine che sostiene questo articolo è stata creata da un sistema intelligente a partire da una descrizione ad esso attinente. E’ forse un problema etico anche chiedere alle macchine di supportarci nel creare?

Altro problema etico da considerare è l’impatto sulle professioni e la società in generale. Dato che l’automazione permea il funzionamento del nostro posto di lavoro.

La diseguaglianza in termini di distribuzione e fruizione delle tecnologie, la disomogeneità nella distribuzione del reddito da essa generata, la scelta delle multinazionali di preferire un paese piuttosto che un altro per indirizzare i propri investimenti, a seconda di una legislazione più o meno favorevole all’automazione….tutti questi elementi, messi insieme, rischiano di indebolire le professioni che si faranno trovare impreparate. Tali ripercussioni devono essere comprese più a fondo ed affrontate in modo che noi umani potremo trarne solo benefici.

Dall’altro canto se pensiamo ai primi robot, non possiamo non considerare anche il grande beneficio portato dall’automazione. I robot primordiali erano strumenti meccanici che nelle catene di montaggio ci hanno aiutato nelle azioni più pericolose e che richiedevano grandi sforzi e conseguenti rischi per la nostra salute.

Tornando invece nello specifico delle applicazioni dell’intelligenza artificiale oggi esiste tutta una branca denominata greenAI che si prefige lo scopo di utilizzare sistemi intelligenti per curare il nostro pianeta, basti pensare al controllo automatico della deforestazione che ci consente di prendere azioni correttive per tempo, oppure alla possibilità di introdurre sistemi interattivi di supporto alla guida che ci inducano ad avere stili di guida sostenibili soprattutto nei centri città in cui vorremmo sempre essere assicurati dai governi locali di poter passeggiare con i nostri figli senza timore alcuno di mettere a repentaglio la nostra salute. Vero è anche il fatto che l’intelligenza artificiale è creata da processi di autoapprendimento basati su informazioni che sono prese da processi umani.

Pertanto in una visione speculare, paradossalmente i pregiudizi dei sistemi intelligenti non sono altro che i nostri pregiudizi! Un po' come dire che una discriminazione fatta da noi sia meno peggio di una fatta dalla macchina. Non è un bias anche questo?

Concluderei con una visione ancora più ampia, forse al limite del distopico.

Noi siamo una specie capace di ingozzare le oche per ottenerne fegato grasso da portare sul tavolo dei migliori ristoranti, di minacciare di utilizzare il nucleare, non per creare energia, ma per distruggere la Terra e la vita in essa, di urlare nelle diatribe condominiali come nemmeno i Guelfi contro i Ghibellini nel medioevo etc.

Siamo proprio così sicuri che l’intelligenza artificiale faccia più paura dell’ignoranza biologica? Tornando al punto principale toccato in questo articolo, l’etica e l’evoluzione tecnologica, appare evidente che abbiamo un duro lavoro da fare per adeguare la nostra società al cambiamento che essa stessa promuove.

Tale processo di conversione richiede uno sviluppo che segua il processo tecnologico ma che al tempo stesso sia svincolato dai parametri del profitto sino ad ora garantiti dalle politiche economiche inquinanti, distruttive ed orientate e pilotate dal partitismo amorale che permea l’intero sistema.

Si aprirà comunque, e deve aprirsi, una scorciatoia verso il futuro, che dovrà tenere conto, non solo in termini economici ma sostanziali ed etici, che l’evoluzione delle tecnologie è utile solo se è al nostro servizio per difendere innanzitutto l’ecosistema che ci ospita.



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