ALLA SCOPERTA DI UN LUOGO DI ARTE E DI FEDE NEL CUORE DI CARPINETO ROMANO
Caro lettore. Se stai scorrendo con gli occhi queste mie parole significa che hai il piacere di intraprendere con me una seconda passeggiata che questa volta ci condurrà in una piccola chiesa incastonata nel bel paesino di Carpineto Romano. Si tratta di un posto raccolto, che credo abbia la magica caratteristica di donare conforto anche a chi non vi entra da credente. L’arte e la fede sono simili in questo, probabilmente per il loro comune toccare le corde dell’animo umano.
Risalendo via Costanzo Ciano, sulla sinistra, all’incrocio con via Santa Maria, il nostro sguardo è colpito dalla presenza di questa piccola chiesa, posta in una zona che, all’epoca della sua fondazione (parliamo dell’ultimo ventennio del 1400), appariva isolata, appena fuori dalle porte della città. Era il 1483 quando la popolazione di Carpineto si vide finalmente liberata dal pesante flagello della peste grazie all’intercessione della Vergine. E questa chiesetta, che oggi appare perfettamente inserita nel tessuto urbanistico del borgo laziale, venne costruita proprio per rendere grazie a Maria. L’esterno si presenta, ancora oggi, nel suo assetto architettonico quattrocentesco. La facciata è a capanna. Dei tre archi che ci accolgono all’ingresso, quello centrale risulta due volte più grande dei laterali. Saliamo la breve scalinata che ci invita ad attraversare l’arco più grande e prepariamoci all’ingresso in questo elegante gioiello di chiesa. Fermiamoci però un secondo. Notate niente? Forse dalla foto è difficile vederle ma vi assicuro che dal vivo restereste stupiti nel trovare, ai lati di questo ingresso ecclesiale, due teste equine. Beh, questa è una delle chicce che adoro raccontare. Qualcuno di voi sa per cosa è famosa Carpineto Romano? Sì certo, per la sagra della castagna. Ovvio, per le ciambelle che hanno salvato tante nostre merende; ma soprattutto per quella eccezionale giostra che è il Pallio. Ebbene, è proprio a questa antica tradizione locale che rimandano questi due cavalli, alla annuale corsa che vede facchini scontrarsi alla conquista dell’anello, al cospetto di Donna Olimpia.
Proseguiamo ora con la nostra breve visita e immettiamoci finalmente all’interno della chiesa.
Per fare anche solo un accenno a tutte le notevoli testimonianze artistiche qui conservate non sarebbe sufficiente questo spazio. La mia decisione è quindi di dedicare il resto della visita a quel che resta dei dipinti che decorano il punto focale di questo ambiente: l’abside.
Gli affreschi che possiamo ammirare oggi sono riemersi sotto strati di pittura monocroma grazie ai lavori di restauro promossi nel 2008 dalla Soprintendenza.
Nella zona dell’abside si evidenziavano tracce di una pittura figurativa che la lettura dei documenti e il ricordo degli abitanti hanno permesso di riconoscere in un soggetto devozionale con cervi colti nell’attimo di abbeverarsi ad una fonte ai lati di una croce gemmata.
I lavori preliminari al restauro di queste decorazioni hanno però portato alla sensazionale scoperta della presenza, ancora più in profondità, di affreschi risalenti alla fondazione della chiesa, ancora ben conservati. Non è necessario ripercorrere tutte le fasi del restauro per immaginare la meraviglia provata nello svelare i volti degli Apostoli che sfilano lungo le pareti, l’emozione nel ritrovare, una ad una, le pieghe del manto della Vergine assisa nel Catino.
Il tema scelto per questa decorazione pittorica è perfettamente adatto ad una chiesa dedicata a Maria. Si tratta infatti di una Incoronazione della Vergine. Il Redentore è colto nell’atto di incoronare la Vergine, sulle note della bella sinfonia suonata dalla schiera di angeli musicanti.
Per quanto riguarda gli Apostoli, i vostri occhi potranno contarne solo sette. I restanti sono andati perduti per via di strutturali modifiche apportate in questa parte della chiesa nel corso degli anni.
La storia conservativa di questa chiesa è complessa, fatta di infiltrazioni, di numerosi interventi di ristrutturazione che hanno danneggiato, seppur inconsapevolmente, le pitture quattrocentesche. Da qui la scelta obbligata di stuccare le parti non reintegrabili, che oggi riconosciamo in queste ampie zone grigiastre senza figure. Vi invito a guardare a questi “vuoti”, che inizialmente infastidiranno i vostri occhi, come a dei pezzi mancanti di un puzzle di pregio, le cui parti visibili consentono comunque di riconoscere la bellezza e la poesia di questa apparizione celeste dai colori pastello che credo possa portare quel senso di accoglienza e sollievo che è proprio di tutte le chiese, luoghi di tutti, luoghi in cui sentirsi piccoli e soli o forti e parte di un tutto più grande. In ogni caso al sicuro.
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