Tutte le strade portano a Roma. Ma, per alcuni – e non sono pochi – tutte le strade portano ad Allumiere.
Quel piccolo comune, poco meno di 4000 abitanti, nel cuore della Tolfa, è improvvisamente diventato famoso. Sapete perché? Perché da lì è partito il formidabile concorso che sta facendo tremare la politica romana, mettendo in imbarazzo sindaci, assessori, consiglieri, parenti e amici degli amici: una pletora di personale politico, sapientemente distribuito nelle forme più ardite del manuale Cencelli de’ noantri.
Riassumiamo i fatti per chi non fosse informato. A luglio dello scorso anno, il Comune di Allumiere bandisce un concorso per 5 posti di impiegati di categoria C e affida la preselezione ad una società che, a quanto pare, non godrebbe neppure dell’accreditamento della Regione Lazio. Al concorso chiedono di partecipare 625 persone. Nella preselezione gli idonei si riducono a 107. Una cifra che risulta comunque dilatata per la duplice e singolare circostanza di un aumento dei posti disponibili e di una altrettanto singolare sequenza di parità di punteggio fra i concorrenti. Fin qui tutto apparirebbe formalmente a posto. Anche se qualche domanda sorge spontanea. Perché i 5 posti sono poi aumentati senza battere ciglio? E come è potuto accadere che dalle buste venisse fuori una così nutrita sfilza di ammessi, tutti a parità di punteggio?
Alchimia. Miracolose coincidenze. Chissà? Il bello però viene dopo.
Viene quando si scopre che la maggior parte degli assunti è targata politicamente. Di più, i fortunati sono disseminati nelle segreterie di sindaci, negli assessorati e negli uffici regionali. Alcuni rivestono cariche importanti nei Comuni e nel partito, altri sono addirittura assessori e consiglieri. E’ la moltiplicazione del pane e dei pesci. Con la differenza che qui di cristianamente accettabile non pare esserci proprio nulla. Al contrario, viene alla luce un sistema ben rodato ed oleato, una scientifica costruzione a tavolino di un affaire che definire clientelare è dir poco. Il metodo è sofisticato. Assai sofisticato.
Vi domanderete: come ha potuto la Regione e come hanno potuto i Comuni assumere personale avvalendosi della graduatoria di Allumiere? Semplice. Grazie ad un provvedimento dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale che ha consentito alla medesima Regione e agli enti locali di attingere alla lista di quel comune. Così, il cerchio si è chiuso.
Se non fosse stato per il ricorso presentato da alcuni concorrenti che si sono sentiti danneggiati, e per Massimo Giletti che ha denunciato lo scandalo in tv su La7, nessuno si sarebbe accorto di nulla.
Soprattutto, non avremmo saputo che sui monti della Tolfa, in un’afosa giornata d’estate, sono saliti uomini e donne, in stragrande maggioranza del Pd, più qualcun altro nelle grazie dei Cinquestelle e della Lega, per partecipare al concorso dei concorsi. Una folta truppa silenziosa. Un pellegrinaggio laico di aspiranti (garantiti) al posto fisso.
A leggere le carte, si scopre che c’è stato qualcuno che, pur essendo risultato idoneo nella preselezione, e praticamente assumibile, non si è presentato alle prove successive. Fulminato sulla via di Damasco, pardon, di Allumiere. Miracolo dopo miracolo. Per quelle strane “coincidenze” della vita, può accadere che si faccia domanda per partecipare ad un concorso, si venga ammessi dopo aver superato i quiz della preselezione, e poi, al momento dell’esame scritto, si rimanga a casa. Per carità, può succedere. Per mille ragioni. Perché è intervenuto un oggettivo impedimento, per un ripensamento, perché si scelgono altre opzioni lavorative. Tutto lecito. Ci mancherebbe altro. Non facciamo processi alle intenzioni. Quel che appare un pochino strano è il fatto che i nomi dei due concorrenti, non proprio di seconda fila e di importante casato (politico) di Colleferro, la moglie del sindaco e l’assessore allo Sport, compaiano tra i selezionati della lista di Allumiere. Anche loro pellegrini verso i monti della Tolfa, ma pellegrini a metà, pellegrini di un viaggio interrotto. E siccome il diavolo spesso si nasconde nei dettagli, accade pure che ad essere assunta, sempre dallo stesso concorso e dallo stesso elenco, sia l’assessore di un altro Comune, Labico, che, fino a qualche settimana prima, faceva parte della segreteria del sindaco di Colleferro.
Tutto regolare? Sappiamo che su questo concorso dalle porte girevoli sta indagando la magistratura. Sono stati aperti fascicoli dalle Procure di Civitavecchia e di Roma, mentre le indagini si estendono alle Province di Frosinone e Latina. La giustizia farà il suo corso, naturalmente. Speriamo che si faccia al più presto chiarezza su ogni aspetto del curioso concorso di Allumiere. Per parte nostra continuiamo ad essere garantisti.
Quel che a noi interessa in questa sede è, invece, l’aspetto politico della vicenda.
Sul piano prettamente politico alcuni fatti appaiono evidenti e non vanno sottaciuti.
Procediamo con ordine. La prima questione che balza agli occhi è la presenza di un così consistente numero di esponenti del Pd nella preselezione e tra gli assunti. Non si tratta di semplici simpatizzanti o iscritti al partito. Si tratta di un personale politico organico e funzionale, di gente che ricopre delicati incarichi istituzionali. Non è il sottobosco, signori. E’ la foresta. Qualche aquila del potere, di vista aguzza e di arguto ingegno, potrebbe aver suggerito alla truppa di pellegrini il percorso più breve per arrivare alla meta. E’ azzardato, allora, supporre che qualcuno abbia mosso i fili, o meglio, “la fila” degli aspiranti ad un posizionamento nella “fortunata” corsa al posto fisso? Non cadremmo dal pero se domani si dovesse scoprire che non si è trattato di semplici coincidenze, di banali opportunità, ma di qualcosa di molto simile ad un sistema, ad un metodo allestito al fine di assicurare un futuro lavorativo ad un circoscritto ceto politico e, contemporaneamente, rafforzare il potere in capo ai rispettivi padrini politici.
Minimizzare la vicenda, edulcorarne gli effetti o, peggio, mostrare indifferenza, suona offensivo sia per chi a quel concorso ha partecipato senza avere “angeli” protettori, sia per quanti si affannano, giorno dopo giorno, per farsi strada nella vita, si impegnano negli studi e si sacrificano.
Quale esempio si offre ai tanti giovani in cerca di lavoro? Non è retorica. E’ un punto ineludibile. Soprattutto se il cattivo esempio alligna nelle stanze delle istituzioni e si diffonde negli anfratti del Potere.
E poi, come la mettiamo con l’etica della responsabilità e la moralità pubblica? Quante volte abbiamo dovuto ascoltare prediche moralistiche e sermoni stucchevoli da chi del moralismo issa la bandiera solo se gli torna comodo; da chi fa il garantista a giorni alterni, e soltanto se la questione non lo tocca da vicino; da chi confonde la politica con il carrierismo e tesse silenziose trame di potere che nulla hanno a che fare con il bene comune.
Finora, l’unico che ha fatto le spese della Concorsopoli e ha rassegnato le dimissioni è stato il presidente del Consiglio Regionale, Buschini. Alle sue dipendenze, nella sua segreteria, c’era pure -udite! udite! - il sindaco di Allumiere. A parte lui, però, nessun altro si è dimesso. Incredibile. Abbandona la carica il Presidente del Consiglio e i membri dell’Ufficio di Presidenza che con lui avrebbero dovuto vigilare sulla trasparenza delle procedure, rimangono incollati alle poltrone. Su quelle portone siede anche la moglie di Franceschini, il ministro della Cultura. Nel frattempo, le assunzioni sono state sospese. Il nuovo Presidente, subentrato a Buschini, ha azionato la leva della autotutela. Il minimo che si potesse fare con le inchieste in corso.
Non è finita. Mentre si allarga a macchia d’olio lo scandalo dei concorsi di Allumiere, ecco scoppiare un caso simile a Rocca Santo Stefano, paesello di 951 abitanti tra i monti Prenestini a 60 chilometri da Roma. Anche qui, a quanto pare, si sarebbero svolti concorsi farlocchi che hanno regalato decine di posti a politici e collaboratori di consiglieri regionali del Pd. Spunta una graduatoria di funzionari pubblici i cui nomi porterebbero dritto alla presidenza del Consiglio regionale del Lazio - sempre lì - quando a guidarlo c’era l’attuale vicepresidente della Giunta Zingaretti, Daniele Leodori.
Tra vincitori e idonei, anche in questo caso, la lista dei sindaci, dei consiglieri comunali e dei “parenti” vicini a nomi altosonanti del partito democratico è lunga.
Coincidenze anche queste?
Nessuno ha nulla da dire? A volte, il silenzio fa più rumore della foresta scossa dal vento.
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