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Nel 2050. Passaggio al nuovo mondo

Aggiornamento: 2 mar 2023

di Paolo Perulli

(il Mulino)

Il Disordine è la cifra del tempo attuale. La guerra di tutti contro tutti, in cui l’ordine del mondo è interrotto.

Cresce l’ostilità tra gli Stati e negli Stati, tra le società al loro interno, tra le grandi civiltà sempre meno “civili” e, soprattutto, tra l’uomo e il suo ambiente, l’ecosistema terrestre.

Di questo Disordine la pandemia del 2020 è stata il tratto tipico. Il prologo del saggio di Paolo Perulli, Nel 2050. Passaggio al mondo nuovo, edito da Il Mulino, offre al lettore la chiave di lettura del mondo di ieri, un mondo che si sta esaurendo in una drammatica successione di crisi, e la suggestione del mondo che verrà, nella speranza che il domani sia il migliore dei mondi possibili.

L’autore è un sociologo dell’economia. Ha insegnato nelle Università del Piemonte Orientale, a Venezia, Cambridge, Parigi, Lugano.

Ha dato alle stampe testi di notevole interesse, sondando, con forte spirito critico e analisi originali, le fasi evolutive del capitalismo (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo Ed. La Nave di Teseo).

Quest’ultimo libro inizia nel 1989 e finisce nel 2050, è l’avvertimento iniziale che Perulli consegna al lettore. “Racchiude due date simbolo, e noi stiamo esattamente nel mezzo, a guardare indietro e a scrutare avanti. Nel 1989 finiva bruscamente l’ordine mondiale del XX secolo, sparivano i vecchi contendenti e il neoliberismo mondiale si insediava senza rivali.

Il 2050 è per molte agenzie internazionali il termine ultimo: allora sapremo se e come sopravviveremo alle sfide che l’uomo sta portando alla Terra.

Il libro è un appello al lavoro intellettuale perché si mobiliti nel poco tempo che resta per progettare un nuovo mondo”. Detto così, l’appello può apparire velleitario.

Ma scorrendo le pagine del libro, la traiettoria offerta dall’autore appare più chiara e, per molti versi, convincente. Muove dalla considerazione che ormai il pensiero, nelle sue variabili conservatrici e progressiste, è datato e superato.

Entrambi questi filoni culturali avevano sostenuto la globalizzazione e si è visto come è andata a finire con l’emergenza pandemica, con l’arresto della crescita, che da sistemica è diventata frammentata e squilibrata, con la democrazia ridotta in permanente stress.

Insomma, siamo ad una svolta, avverte lo studioso: “Se proseguirà il trend del trentennio appena trascorso la conseguenza sarà catastrofica: le emergenze climatiche, virali, finanziarie, sociali si sommeranno e ne saremo travolti.

Infatti, l’una alimenta l’altra in una spirale senza fine”. A decidere, nell’emergenza permanente in cui siamo immersi, oggi è un’élite screditata, una classe dirigente opaca e priva di circolazione, incapace di offrire regole alla convivenza regionale e planetaria.

A farne le spese sono la “neoplebe”, un aggregato sociale privo di riferimenti valoriali e di risorse materiali, e la stessa “classe creativa”, svuotata del ruolo che il lavoro intellettuale aveva in passato. Che fare, allora? Per il sociologo dell’economia non resta che “smontare e rimontare l’intero circuito rappresentativo deliberativo”, orientandolo verso un nuovo rapporto con le drammatiche urgenze della globalità delle Terra e della Natura.

E se l’intero percorso dall’Illuminismo al razionalismo moderno va ormai ridiscusso, élite, classe creativa e neoplebe vanno profondamente trasformate.

Occorre una nuova sintesi tra intelligenza e Natura, superando ogni forma di contrapposizione tra di esse.

“Il mondo di ieri ci ha mostrato un drammatico crescendo di crisi sistemiche con lunghi strascichi:1989, 2001, 2008, 2020. Crollo del comunismo. Emergenza terrorismo, Crisi finanziaria. Pandemia. Il nuovo mondo da costruire sarà l’espansione della conoscenza verso un nuovo incontro con l’ecosistema terrestre: un nuovo oikos accogliente, dopo che l’economia ha rischiato l’ecocidio, la distruzione del Pianeta”.

Nel crogiuolo del mondo che verrà, si intrecciano i profili di una economia che si connette e incastra con le società locali, di Stati che si fondono in aree continentali meglio regolamentate e pacificate pronte ad ospitare una “globalizzazione dal basso” che mette fuori gioco gli attori del passato, Banca mondiale in testa, sostituita da nuovi soggetti finanziari continentali; spuntano imprese-rete filiere di circuiti continentali, palestre di nuove idee e persino l’era del petrolio tramonta lasciando alle spalle Stati islamici indeboliti, costretti a fare la pace.

Mentre alla Natura viene finalmente riconosciuta quell’autonoma sovranità che era stata sfidata dalla volontà di potenza dell’uomo. E’ l’epilogo suggestivo di una visione profetizzante che trasporta il lettore al 2050.

Suggestione, appunto. Al termine di un viaggio le cui tappe sono però ancora tutte da scrivere.

La storia, si sa, è ricca di imprevisti. E nulla appare scontato.

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