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UN CENTRO DESTRA DA RIPENSARE

Aggiornamento: 5 mag 2021

A distanza di qualche settimana dal voto amministrativo di Colleferro, ci pare utile una riflessione più ponderata su un risultato che era nelle previsioni, ma non nelle proporzioni così trionfali per il sindaco uscente, Pierluigi Sanna, e così catastrofiche per i suoi sfidanti.

Molti i fattori da mettere a fuoco. Iniziamo dal Sindaco. Occorre dare atto a Sanna di aver sfruttato, nel corso del suo primo mandato, le ricadute negative di una gestione del Comune da parte del centrodestra, soprattutto nell’ultimo triennio (2013-2015), tutt’altro che felice. Mentre, sul piano dell’azione amministrativa, i molti progetti, avviati in passato, sono stati conclusi durante la sua gestione. E’ quel che avviene spesso: beneficia della realizzazione dell’opera pubblica chi taglia il nastro, non chi quell’opera ha pensato e avviato.

Sarebbe, comunque, limitativo, ridurre il successo soltanto a questi due fattori. La questione ambientale, nella sua narrazione forzatamente ideologica e, spesso, lontana dalla realtà, ha fatto breccia in una opinione pubblica bombardata dalla propaganda contraria ai termovalorizzatori e alla discarica. Una narrazione talmente distorta da criminalizzare i primi, come se l’inquinamento atmosferico fosse imputabile a quell’impianto e non invece a ben altri fonti, e spacciare per una grande vittoria la chiusura della discarica, dopo che la stessa era stata, irresponsabilmente, ampliata dallo stesso Sanna per accogliere un milione di tonnellate di rifiuti provenienti da Roma.

A quella narrazione distorta hanno fatto da contrappunto poche, isolate voci. Insomma, il clima che ha accompagnato al successo il sindaco uscente non poteva essere a lui più favorevole. Il resto – e questa non é questione affatto secondaria – lo ha fatto il centrodestra. O, meglio, quella sorta di centrodestra disarticolato, diviso e, in parte, raffazzonato che si è presentato come antagonista.

Potremmo dire: lo avevamo detto. Ma non è questo che può confortare. Il centrodestra, purtroppo, è arrivato all’appuntamento elettorale su posizioni divaricate. La scelta dei due candidati, entrambi con limiti oggettivi e liste scarsamente competitive, è stata palesemente sbagliata.

L’uno, il candidato sindaco di FdI e Lega, non è riuscito a scrollarsi di dosso la responsabilità di aver condiviso a suo tempo la decisione di aver fatto saltare la giunta di centrodestra e di avere, nelle elezioni del 2015, organizzato una lista in contrapposizione alla destra. L’altro, già sindaco della città e più volte amministratore, ha pagato lo scotto di un passato amministrativo non brillante e di una pervicace attitudine a salvaguardare la propria poltrona. Della città, delle sue criticità e del suo futuro, sia a destra che a sinistra, nel corso della campagna elettorale non abbiamo sentito nulla. Nessun progetto. Nessun programma degno di questo nome. Nessuna idea che potesse animare passioni e alimentare speranze. Eppure di argomenti ce ne sarebbero stati (ce ne sono) a iosa: dalla crisi economica e sociale, accentuata dalla pandemia, alla perdita di centralità del nostro Comune nel territorio vasto della Valle del Sacco; dalla disoccupazione crescente alla questione sicurezza, alla desertificazione delle realtà commerciali di prossimità, alle scelte urbanistiche. Con al centro la domanda delle domande: quale identità dovrà avere la nostra città di qui ai prossimi venti anni?

Questo è il punto. Siamo passati da una città industriale, con la grande industria che scandiva la vita della comunità, garantendone livelli occupazionali congrui e ritmi sociali, ad una realtà diversa. Dalla fondazione in poi, a Colleferro, l’industria ha avuto un peso decisivo nella economia del territorio. Con i processi di finanziarizzazione, prima, e l’avvento delle nuove tecnologie, poi, quel paradigma industriale si è modificato notevolmente. A cavallo tra gli anni Novanta e il primo decennio del Duemila, terminato il ciclo della grande industria come fonte reddituale prevalente per migliaia di famiglie, si è affermato un nuovo modello: la logistica e la città dei servizi. Se oggi, nonostante le crisi devastanti del 2008 e da Covid-19, ancora c’è una ossatura su cui ancorare la ripartenza, è proprio perché quelle scelte (logistica, alta tecnologia, soprattutto nel campo aereospaziale, e-commerce, servizi) sono state quanto mai azzeccate e lungimiranti.

Ecco, se il centrodestra, invece di imbarcarsi in sterili e frustranti polemiche interne o, peggio, affogarsi nei personalismi, avesse optato per una battaglia dai contenuti nobili ed alti, non si sarebbe annullato.

Va da sé che, sull’altro versante, è stato gioco facile puntare sullo slogan “Un’altra città”. Slogan che, a ben vedere, non dice nulla. Ma che, nel vuoto di una proposta alternativa, ha fatto presa sui cittadini.

Mai come stavolta il voto amministrativo si è giocato al di fuori delle tradizionali categorie di sinistra e di destra, che esistono ancora, ma non hanno impedito a molti progressisti di votare il sindaco uscente e a molti moderati di orientarsi verso le liste civiche (quelle che hanno fatto la differenza tra il successo di Sanna e la disfatta del centrodestra).

In una situazione di incertezza, ci si è affidati bene o male a chi ha retto il timone. Ora, il centrodestra o, più esattamente, chi vorrà proiettarsi a costruire una alternativa possibile e concreta, dovrà essere consapevole che non sarà una passeggiata. Sarà una maratona che richiede serietà, resistenza e forza morale. Al Sindaco, inebriato dall’ampio consenso elettorale, spetterà il compito di non svilirlo in sterili prospettive per la Città. A volte, può capitare di prendere tanti voti. Ma se poi non li utilizzi al meglio, c’è il rischio di impantanarsi. Non sempre, in politica, si può giocare di rimessa.

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