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QUALITA' DELL'ARREDO URBANO

NON BASTANO GLI INTERVENTI EPISODICI, BISOGNA CURARE LE INTERCONNESSIONI E L'INSIEME

Il Design di una città dev'essere coerente con il tessuto sociale ed economico del territorio

Occuparsi dell’arredo urbano di una città non vuol dire solo installare nuove panchine e nuovi cestini.

Quello dell’arredo urbano è piuttosto l’ultimo tassello di un processo multidisciplinare di progettazione urbana che riguarda l’assetto, l’aspetto e le funzioni che si vogliono assegnare ad una città e ai suoi quartieri.

La progettazione urbana opera su scale diverse, dalla macro scala della struttura urbana (pianificazione, zonizzazione ed organizzazione dei trasporti e delle reti infrastrutturali) alla micro scala dell’arredo e dell’illuminazione. Tutte sono strettamente interconnesse. Agire sulle ultime senza tenere conto del quadro generale in cui si sta operando, indebolisce e vanifica il potenziale fornito da un design urbano coerente e funzionale in tutti i suoi aspetti.

Il design urbano infatti può influenzare in modo significativo i risultati economici, ambientali, sociali e culturali di un luogo.

Come si vede dalla piramide rovesciata del grafico (preso in prestito dall’Urban Design Protocol for Australian Cities), l’arredo urbano è, di fatto, il punto di arrivo degli elementi che, affrontati e risolti in un processo sequenziale dall’alto verso il basso, compongono il design urbano.

E’ pur vero che le città cambiano, si evolvono con il passare degli anni ed il suddetto processo spesso non potrà essere ripercorso interamente dall’inizio alla fine (difficilmente si potranno modificare la struttura o la grana del tessuto urbano).

Tuttavia le interconnessioni restano ed un qualsiasi intervento di arredo urbano non può prescindere dall’essere coerente con il tessuto sociale ed economico della città (vera spina dorsale della piramide rovesciata) e dall’avere a che fare almeno con gli elementi che rientrano nel cosiddetto “livello delle persone” ovvero quello in cui le persone quotidianamente vivono, interagiscono tra loro e con i luoghi fisici intorno a loro.

Tali elementi sono:

1. Il paesaggio stradale ed urbano con la propria segnaletica, impiantistica pubblicitaria, alberature, infrastrutture commerciali come chioschi, gazebo, insegne.

2. le facciate degli edifici con il loro colore, i loro materiali, la loro alternanza di vuoti e di pieni ed il loro rapporto con il contesto;

3. i dettagli e gli aspetti ravvicinati di oggetti e superfici di elementi arredo, pavimentazioni, sistemi illuminanti.

Da questo confronto, ci si aspetterebbe armonia, coerenza, organicità, qualità, funzionalità, sicurezza ed un contributo fondamentale al rafforzamento del fenomeno identitario per la città nel suo insieme. Il “livello delle persone” o livello dello spazio pubblico costituisce infatti la struttura portante della società civile, culturale ed economica di una città. E’ il livello dell’aggregazione sociale che attiva tra l’altro i processi di identificazione tra chi abita la città e la città stessa. Più alta è la qualità urbana, più forti sono i legami sociali.

Invece? Invece lo sguardo si perde tra una moltitudine di elementi eterogenei e sovrapposti, scarsamente manutenuti ai quali a loro volta si uniscono fioriere, gazebo, insegne, totem, pannelli, tettoie, in una convulsa varietà di cifre estetiche che declinano i gusti più disparati e spesso i più antiquati, gretti e afasici. Per non parlare della presenza sempre più ingombrante e diffusa di decine e decine di bidoni della raccolta differenziata permanentemente esposti su marciapiedi e piazze, quasi a costituire loro stessi il vero elemento unificante dell’identità di questa città. Prendere il caffè ai tavolini di un bar seduti tra macchine e bidoni è diventata, in tutta Colleferro, la normalità.

Alziamo gli occhi alle facciate degli edifici, che contribuiscono anch’esse, e non poco, a qualificare lo spazio urbano: il massacro operato da chi, in totale assenza di regolamentazione, controllo e cultura, ha permesso di collocare di tutto su balconi e facciate (caldaie, camini a parete, armadi, condizionatori, tettoie, tubi, antenne) rende impossibile percepire una qualsiasi identità formale.

Del caos che regna invece ai lati delle strade periferiche e non, dove le alberature sono sostituite o si alternano a centinaia di cartelloni pubblicitari di diversa fattura e di scarsa qualità ci siamo già occupati in passato. Il risultato anche qui è di una mancata sintesi formale del paesaggio che non fa altro che lasciare lo spazio ad ulteriore caos.

Di fronte a questo scenario di disordine e disattenzione, occorrerebbe al più presto il ritorno ad una strategia di riqualificazione dell’ambiente urbano che restituisca una immagine armonica e soprattutto coerente con una ritrovata identità forte. Il cambio di rotta è più che mai urgente, visto che l’abitudine al degrado estetico e funzionale dell’ambiente urbano si sta sempre più sedimentando.

Esso passa attraverso processi progettuali di qualità, che prendano in considerazione non il singolo cestino, la singola fioriera o la singola piazza ma di ritrovare quella relazione di armonica reciprocità tra i cittadini ed il luogo in cui hanno scelto di vivere.



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