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Se vinci in quel di Regalbuto

Alfredo Paniccia, colleferrino doc, si afferma da allenatore nel campionato italiano di calcio a5.

E’ una bella storia quella di Alfredo Paniccia. La storia di un ragazzo che lascia la sua terra natia, Colleferro, per inseguire i suoi sogni.

Una storia fatta di sacrifici, di orgoglio, di passione, di studio. E di valore. Era poco meno che adolescente, Alfredo, ma già aveva in mente un tarlo fisso: fare l’allenatore del settore giovanile nel Calcio a 5. Uno sport duro, quello del Calcio a 5, fatto di contrasti feroci, dove la palla viaggia a velocità doppia e, se alla tecnica non accompagni l’intelligenza tattica, resti a guardare gli avversari che giostrano la palla senza neanche fartela vedere.

Ci vuole fisico, destrezza e testa per vincere ogni duello. Ma ci vuole soprattutto visione di gioco e senso di squadra se vuoi aggiudicarti la partita.

Alfredo Paniccia come allenatore dei settori giovanili ne ha fatto di strada. Fino a toccare la vetta più alta: la vittoria nel campionato nazionale giovanile. In quel di Regalbuto, piccolo paesino siciliano, cui spetta il pregio di aver dedicato buona parte della toponomastica ai numerosi militari regalbutesi che, nel corso della Prima Guerra mondiale del 1915/18 perdettero la vita per difendere la Patria.

La metà delle vie cittadine sono intitolate a loro, agli eroi della Grande Guerra, a quei giovani che caddero lungo le sponde del Piave e dell’Isonzo, nelle trincee del Carso, della Bainsizza, di Caporetto e Vittorio Veneto.

“Nei nomi delle piazze e delle vie cittadine c’è tutta la storia del nostro Paese, c’è la storia di personaggi del passato, anche lontanissimo, che si distinsero in campo nazionale e locale nella medicina, nella ricerca, nella letteratura, nella vita politica e sociale”, scrive Francesco Miranda in un bel libro dedicato a questo paese dalle origini saracene, di poco più di settemila abitanti.

Ed è qui che Alfredo Paniccia ha portato al successo una squadra di ragazzi tutti italiani e per l’80% siciliani. Nessun giocatore straniero. Tutti calciatori provenienti dal vivaio giovanile e dalla scuola calcio di Paniccia. Un progetto pensato un paio di anni fa e portato al successo in tempi record, sulle ali dell’entusiasmo e con il sostegno di una intera comunità cittadina.

L’ultima partita, a Pesaro, ha fatto la storia del Calcio a Cinque di Regalbuto e ha incoronato Alfredo Paniccia come uno dei più validi e promettenti allenatori giovanili d’Italia. Un campionato difficile. “La vittoria non era scontata. Ma noi abbiamo fatto un campionato meraviglioso. Nessuna sconfitta. Una prova di maturità sorprendente per ragazzi così giovani”, racconta Alfredo.

L’ emozione è forte. Lo abbiamo raggiunto al telefono mentre ancora non è spenta l’eco dei festeggiamenti. La città è impazzita. E’ atteso in comune dal Sindaco. Il presidente della società sprizza gioia da ogni poro della pelle.

L’eroe di questa incredibile impresa, confessa alle emittenti televisive che lo intervistano per carpire il segreto di un successo conquistato contro compagini sportive più ricche e blasonate, è soltanto lui: Alfredo Paniccia. A sentirlo, da colleferrini, proviamo orgoglio. “E’ dal 2004 che ho iniziato la mia avventura. Ho lavorato molto e studiato tanto soprattutto per instaurare un rapporto positivo con i ragazzi.

Credetemi, oggi i ragazzi sono più fragili rispetto ai loro coetanei di dieci, quindici anni fa. Hanno bisogno di sentirsi circondati di fiducia. Solo così riescono a maturare e ad assumere comportamenti responsabili”.

E’ l’allenatore che parla come un padre. Che sa coccolare e al tempo stesso educare i “suoi” ragazzi. Il talento che non lascia nulla al caso. Che sa di pedagogia e psicologia. Che sa quale linguaggio parlare per gratificare i giovani e far loro dare il meglio di se stessi nello sport, come nella vita.

“Per me lo sport è vita. Mi sento un privilegiato perché sono riuscito a fare quel che più mi piaceva. Con passione, entusiasmo e quella eccitazione di cui si nutrono le forti emozioni”.

A sentirlo, Alfredo, ci viene spontanea una domanda: ma perché sei dovuto andare a Regalbuto per dimostrare il tuo valore, la tua forza?

“Lì ho trovato un ambiente che ha creduto in me e mi ha sostenuto”, risponde.

“A Colleferro, ci tengo a dirlo, soltanto Daniele Mandova, anni fa, dando vita alla scuola calcio, mostrò fiducia nelle mie qualità. E ancora oggi lo ringrazio”.

Ora siamo noi a ringraziarlo. Per aver portato in alto il nome della nostra città. E ancor più il nome di Regalbuto. Ma si sa, nessuno è profeta in Patria.


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