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Immagine del redattoreAlessandra Lupi

UN GLORIOSO SAPONIFICIO DI CUI RESTA LO SCHELETRO

Storia della famosa azienda Annunziata di Ceccano, oggi in liquidazione

Fiore all'occhiello dell'industria frusinate l'opificio oggi è in completo abbandono.

Dopo la dichiarazione di fallimento, il Saponificio Annunziata, uno dei più grandi imperi economici del frusinate, è oggi sotto la gestione di un commissario liquidatore che da anni provvede a vendere pezzi e materiale vario per recuperare liquidità e fronteggiare le richieste dei creditori.

L'epoca d'oro dell'immane impero del sapone è solo un lontano ricordo.

L'area risulta essere oggi una delle più inquinate della zona, insieme alla cartiera di Ferentino, una vera bomba ambientale a causa degli scarichi del betaesacloro-cicloesano, presente nelle acque del fiume e nei terreni circostanti.

L'enorme complesso silenzioso e minaccioso è stato in un passato non troppo lontano un fiore all'occhiello per la comunità e uno dei più grandi attivi opifici del nostro Paese.

Antonio Annunziata, il suo fondatore, apparteneva a una famiglia che di mestiere produceva sapone. Il nonno Michele, infatti, già nel 1890 aveva avviato un’attività artigianale per la produzione di sapone da bucato. Tale attività all’inizio del 1900 veniva portata avanti dal figlio Luigi, che, per tanti anni, con il suo carrettino faceva il giro dei macellai per raccogliere il grasso necessario alla produzione. Era un’attività dura e dai non facili guadagni; in una realtà frutto di tantissimi sacrifici nasce nell’ ottobre 1906 Antonio Annunziata. La sua non è un’infanzia né un’adolescenza tranquilla. Trascorre le giornate dentro l’opificio a lavorare e ad impadronirsi del mestiere, seguendo attentamente il lavoro del padre apprezzandone i sacrifici. A 17 anni è in grado di dirigere l’opificio, forte dell’esperienza acquisita sul campo.

Non è una leggenda metropolitana quella che rappresenta l’imprenditore che assaggia il sapone per misurarne il grado di alcalinità. Queste prove, questo singolare test lo farà sempre, fino a quando avrà la forza di varcare i cancelli della sua fabbrica.

Nel 1938 si costituisce la Società anonima Stabilimenti Annunziata, con capitale sociale di 250.000 lire e con una superficie di terreno acquistato di ben 50.000 mq. L’ottima capacità di riuscire a coniugare lavoro, produzione e una buona attitudine a pubblicizzare il prodotto, fa sì che il capitale sociale salga a 800.000 lire con sessantatré dipendenti, di cui dieci donne. Dopo la fine della seconda guerra mondiale la crescita del saponificio è immane, la Società chiederà allo Stato un indennizzo di 200 milioni di lire per i saccheggi e per i danni causati dal secondo conflitto, e il sapone in quel momento storico è un genere di prima necessità.

Nel 1948 la società si trasforma in SpA Annunziata con aumento di capitale a 4 milioni e l’anno successivo può essere considerato l’anno dell’avvio dell’innovazione, con un ciclo espansivo che non avrà attimi di rallentamento. Nel 1959 la SpA Annunziata dava occupazione a 500 operai, artefici di una produzione giornaliera di 2500 q, pari a 1/3 del fabbisogno nazionale e poteva contare su ben quattordici filiali di vendita in tutta Italia. La crescita dell’azienda vede l’ingresso ai vertici dei due figli di Antonio: Luigi come responsabile vendite e amministrazione e Pasquale per gli acquisti e lo sviluppo. La Annunziata creò un forte legame con la città non solo per l’importantissimo impatto occupazionale ma anche finanziando e sponsorizzando la squadra locale di calcio che ottenne piacevoli risultati nella propria categoria, facendo dimenticare l’assenza di rappresentanza sindacale in fabbrica.

Un momento magico (per il commendatore), una vera luna di miele con la città, ma l’ingordigia causa sempre brutti scherzi.

Il 25 e 26 maggio 1952 si votava per le elezioni comunali e per quelle provinciali e qualche giorno prima la direzione dell'azienda fece circolare un manifesto minaccioso, in cui diffidava dal votare per i socialcomunisti, pena lo spostamento degli investimenti in un’altra squadra di calcio, probabilmente a Sora. La campagna elettorale si svolgeva quando la squadra di calcio "Annunziata" vinceva il proprio girone, imbattuta e al massimo della popolarità.

Il 21 giugno 1952 il comunista Vincenzo Bovieri, sostenuto dai consiglieri comunali comunisti e socialisti venne eletto sindaco. Fra i 10 eletti nel gruppo del PCI c’era anche Romolo Battista, operaio del saponificio. Gli avvenimenti dimostrarono che il commendatore Annunziata aveva il dominio nell’interno del saponificio ma non era capace di conquistare l’animo dei ceccanesi. Ne prese atto e rinunciò a qualsiasi ritorsione contro la città.

Il 'comandante' Annunziata fu sempre considerato un grande imprenditore, un accentratore di potere, che però non teneva conto dei diritti dei lavoratori; fu proprio questa la miccia che portò a non poche problematiche all'interno dell'opificio.

Nel luglio 1953 si manifestò un primo tentativo di portare la rappresentanza sindacale da parte di Romolo Batista, figura popolare e chiamato “il capitano” per il ruolo che ricopriva nella squadra di calcio.

Ma l'azienda rispose con il licenziamento di undici persone, otto uomini e tre donne che erano coinvolti nell'iniziativa sindacale. L'atto padronale echeggiò come una dichiarazione di guerra e la CGIL, forte di consensi fuori della fabbrica, dichiarò lo sciopero.

Da questo preciso momento il saponificio fu teatro di contestazione e rappresaglie arrivando anche a un'accusa da parte dell'avv. Ambrosi, consigliere comunale, di non veridicità del reddito netto dichiarato che secondo i suoi calcoli si sarebbe dovuto aggirare intorno ai 15 miliardi di reddito lordo, ed assicurare, quindi, al comune un'imposta annua di 165 milioni, ipotesi però mai dimostrata.

Il conflitto sociale all'interno dell'azienda cresceva sempre di più, nel frattempo anche la squadra di calcio che tanti consensi portava al commendatore, finì la sua gloriosa vita.

Otto anni dopo l'ingiusto licenziamento degli operai e tre dopo il licenziamento delle cinque donne colpevoli di aver illustrato agli ispettori del ministero del lavoro le drammatiche condizioni di lavoro, la situazione improvvisamente cambiò, i lavoratori mostrarono coraggio e ottimismo.

Il 9 agosto 1961 segnò la data di spartiacque tra abuso e legalità, tra comprensione padronale e democrazia sindacale, con le elezioni di una rappresentanza sindacale all'interno del saponificio, i punti erano tanti, tra cui quello più toccante delle donne addette alle 'macchinette' che erano costrette a lavorare in ambiente insalubre e pericoloso, al freddo o in ambiente caldissimo, con a terra il pavimento bagnato e le scarpe e gli indumenti non idonei.

Richieste future mai accordate dal commendatore portarono a nuovi scioperi e disordini che culminarono il 28 maggio 1962: alle 19,45 le forze dell'ordine, che avrebbero dovuto solo piantonare e scongiurare pericoli di assalto da parte degli scioperanti, iniziarono a sparare senza motivo.

Luigi Mastrogiacomo, 44 anni, iscritto alla CISL, pendolare edile a Roma che aveva raggiunto i suoi compagni fuori al saponificio, è il primo a essere colpito. Altre persone che passavano in quella zona vennero raggiunte dai proiettili impazziti delle forze dell'ordine.

Una storia travagliata quella del grande saponificio ed Antonio Annunziata, anche dopo i gravi episodi, continuerà a non cedere, ad essere antagonista e nel frattempo ad essere sommerso di debiti che pian piano ha accumulato per acquistare nuovi macchinari all'avanguardia.

Il sindaco, il 4 agosto 1962, preso atto della gravissima situazione, constatato che le cause delle tensioni sono da ravvedersi nel comportamento intransigente del proprietario, ordina la requisizione dello stabilimento.

Rientrata l'emergenza, trovati compromessi con gli operai, per altri trent'anni l'attività produttiva proseguirà tra alti e bassi, ma il superamento delle saponette in favore del detersivo liquido e in polvere porterà a una netta contrazione delle vendite.

Troppi gli investimenti necessari per riconvertire gli impianti e, con una produzione ormai inadatta alle esigenze di mercato, dichiarerà fallimento nel 1999.

UNA IDEA ORIGINALE PER RIDARE LUSTRO

ALL'EX SAPONIFICIO DI CECCANO


Interessante progetto di riqualificazione per trasformare il sito in una Smart City

Stravolgere totalmente e ribaltare da problema a risorsa il Fiume Sacco che lambisce e costeggia l'intera area e che ad oggi costituisce una delle criticità maggiori in quanto nota fonte di inquinamento, trasformando le sue acque, una volta purificate, nella fonte energetica principale per il nuovo insediamento.

Un progetto di dimensioni notevoli, quello di avvalersi delle più avanzate tecniche di costruzione, per far nascere una “green city”.

La green city è un modello di città, sperimentato e affermato a livello europeo e internazionale, che punta sulla elevata qualità ambientale in tutti i suoi principali aspetti, decisivi anche per la qualità dell'aria, non come obiettivi isolati e circoscritti, ma come parti di un ampio disegno di rigenerazione e riqualificazione urbana, con attenzione anche alle implicazioni economiche, occupazionali e sociali.

Obiettivi da conseguire attuando principalmente azioni volte alla forestazione urbana, con il ruolo prioritario svolto dagli alberi: in città si estendono le infrastrutture verdi che assorbono inquinanti e contribuiscono a ripulire l'aria, intorno alla città si fermano il consumo di suolo e la cementificazione e si costituiscono vere e proprie cinture verdi periurbane. E volte anche a promuovere la mobilità sostenibile: incentivi per chi sceglie la mobilità alternativa e la messa a disposizione per i cittadini di mezzi pubblici ecologici, servizi di Car sharing e taxi elettrici.

E’ in questo contesto e secondo queste linee guida progettuali e strategiche, che si inserisce la proposta dell’Architetto Ilio Crescenzi, la cui visione della città del futuro passa inderogabilmente per il recupero e la bonifica delle aree abbandonate e dismesse che molte volte troviamo all’interno dei nostri centri urbani e spesso sono anche fonte di inquinamento, da compiersi per mettere un freno al consumo del suolo attuando e mettendo in pratica i concetti cardine delle “green city”.

La proposta progettuale dell’architetto per il recupero dell’area “Ex Annunziata”, ha come obiettivo di fondo quello di realizzare una città nella città, con residenze, scuole e strutturare un polo di ricerca scientifico in collaborazione anche con gli atenei universitari, un parco esteso lungo il fiume con moli in legno e un ampio viale alberato di collegamento con diverse ed ampie aree verdi attrezzate, che sia completamente sostenibile e con edifici NZEB (Nearly Zero Energy Building) ovvero edifici dalle prestazioni elevatissime con un’elevata efficienza energetica, il cui funzionamento richiede una quantità di energia davvero minima.

Demolire le costruzioni in lamiera e le strutture precarie, mantenendo gli edifici industriali storici o con rilevante valore architettonico, ristrutturandoli e integrandoli nel nuovo progetto, lasciandoli come testimonianza storica del passato che hanno rappresentato. Sopra di essi, il progetto prevede la realizzazione di tre piastre che sembrano quasi essere sospese nel vuoto, a 15 metri di altezza che poggia ciascuna su tre basamenti dalla geometria irregolare.

Si tratta di volumi che si estendono su grandi piani orizzontali sospesi, sotto i quali al livello del suolo, si sviluppano percorsi pedonali, aree verdi e molteplici attività rappresentative della mixité urbana, con spazi prevalentemente aperti che assolvono al ruolo di cerniera dei nodi infrastrutturali sottostanti alternati a nuovi edifici modulari, spazi esclusivi a servizio dei locali soprastanti, delle scatole vetrate.

Le “piastre volanti” sono pensate per ospitare le funzioni produttive, terziarie, e anche le nuove residenze. Gli aspetti più rivoluzionari sono diversi:

  • Orti urbani e spazi verdi come ad esempio le coperture verdi per le piastre in grado di assorbire la CO2 prodotta ed isolare energeticamente l'edificio sia in estate che in inverno. Il sistema di copertura, uno degli elementi più importanti del progetto, costituisce un vero e proprio basamento su cui installare un pacchetto fotovoltaico con oltre 2.500 metri quadrati di pannelli ad alta efficienza capace di produrre energia pulita.

  • Scuole e luoghi di aggregazione culturale per i giovani aperti h24;

  • Collaborazione tra cittadini, pubbliche amministrazioni e forze dell'ordine per mantenere il decoro urbano e garantire il pieno rispetto delle regole;

  • Utilizzare ogni tipo di tecnologia applicata al risparmio energetico come i sistemi fotovoltaici, i microeolici e il solare termico;

  • Recupero di tutte le acque di scarico in enormi cisterne nel sottosuolo al fine di trattare i liquami, e i biogas formati in seguito a tale trattamento possono essere immediatamente riutilizzati nelle cucine dei medesimi edifici, mentre i residui solidi vengono successivamente prelevati e trasformati in concime.

Fondamentale per questo per gli altri progetti similari è la partecipazione, il coinvolgimento, il dialogo e soprattutto l'interazione tra cittadini e amministrazioni, una città co-progettata, frutto di un processo partecipativo nel quale gli individui ritrovano la consapevolezza di poter essere coautori delle politiche pubbliche.




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