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Vola alto il lavoro di Colleferro

Fa piacere che la Colleferro industriale, la Colleferro dello Spazio trovi il giusto risalto nell’ Expo internazionale di Dubai. Fa piacere che “Voli alto il lavoro di Colleferro”, come recitava il fortunato slogan degli anni Novanta che campeggiava nel manifesto che riproduceva l’Ariane e indicava le città europee che avevano costituito la CVA, La Comunità dei Comuni dell’Ariane, il vettore europeo i cui buster vengono realizzati nella cittadina laziale.

Il manifesto della fondazione, nel 1998, della Community of Ariane Cities

Fa piacere che proprio questa Comunità, realizzata dietro impulso dell’azienda Avio e con il concorso fattivo del Comune, quando nessuno ci pensava e il rapporto tra la città e la fabbrica risentiva ancora della diffidenza indotta dal classismo ideologico che aveva scandito la storia industriale e sindacale del territorio, torni ad essere un riferimento valido.

In uno dei primi numeri de Il Monocolo, in una bella intervista con l’Ing. Grande, (https://www.ilmonocolo.com/post/dalle-munizioni-allo-spazio-la-storia-di-una-grande-azienda) abbiamo ricostruito le fasi di costituzione della Cva, e ricordato come quella iniziativa si ponesse due obiettivi importanti: la valorizzazione dell’industria spaziale, facendone un elemento identitario della città, e la realizzazione di uno strumento idoneo a intercettare risorse comunitarie.

Il primo obiettivo, d’ordine culturale, mirava a superare la dicotomia frabbrica/città, a ri-comporre una quadro comunitario, a sanare ferite aperte di una storia punteggiata da lotte, occupazioni, frizioni, da incomprensioni e da politiche aziendali non sempre indovinate.

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, i processi di finanziarizzazione, la parcellizzazione dell’ex tessuto industriale della BpD, lo smantellamento del Centro Studi di ricerca, tra i più qualificati in Europa, avevano procurato una crisi devastante, espulso dalla catena produttiva migliaia di lavoratori, desertificato interi settori.

Fu in quel frangente che il Comune e la Comunità, insieme, seppero trovare forza e idee per reagire ad un destino di abbandono e di chiusure che appariva ormai ineluttabile: la stessa Fiat Avio (allora si chiamava così) minacciava di smantellare i reparti e andar via.

Scongiurato il rischio abbandono, dopo lunghe e tormentati confronti e trattative in sede confindustriale e governativa, fu avviata una delicata e complessa fase di ricostruzione e razionalizzazione, favorita da una proficua opera di sensibilizzazione circa la portata dell’industria spaziale italiana a livello europeo.

L’amministrazione del Comune svolse un ruolo decisivo.

Un ruolo che porterà Colleferro, di lì a poco, ad essere protagonista principale nella creazione della Cva e l’Avio a imporsi con il lanciatore leggero Vega tra i principali competitor mondiali.

In quel lavoro, in quelle intuizioni, in quelle straordinarie capacità ingegneristiche, in quel disegno politico strategico va rintracciato il seme della costruzione di una identità industriale del tutto nuova per la nostra città.

La trasformazione di una fabbrica di esplosivi e di armi in una sofistica, avveniristica azienda ad altissima tecnologia.

Quanto al secondo obiettivo, la dimensione europea della CVA e ancor più la perspicacia e la determinazione con le quali l’Italia si è ritagliata, grazie al contributo della Agenzia spaziale e dei governi, un ruolo di tutto rispetto tra i partner comunitari, hanno fatto il resto e consolidato la posizione di avanguardia del nostro Paese nel settore.

Ora, ci troviamo ad un punto di svolta. La sfida passa per una nuova generazione dei vettori leggeri.

L’esplorazione dello spazio segna una ripresa importante.

Nuovi competitor si affacciano nel Mondo. Non possiamo restare indietro.

Abbiamo intelligenze e capacità per imporci. E aver assimilato una cultura dello Spazio, sedimentata nel tempo, ci pone in una condizione di vantaggio. Purchè la vetrina di Dubai non si riduca a mera esibizione.

E si comprenda che la Cultura non può mai essere appannaggio di una parte, come sembra voler far credere chi usa questo termine prigioniero di una visione ideologica.

Non a caso per questi ultimi Pier Paolo Pasolini pronosticava la deriva in una specie di “rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali”.

L'urlo della Scimmia


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