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COLLEFERRO AVRA’ LA SUA PISTA CICLABILE INUTILE (O QUASI)

I nuovi percorsi non appaiono funzionali per il miglioramento della mobilità urbana

Finanziata dalla regione Lazio e dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) la pista collegherà Colleferro Scalo con il quarto chilometro, sviluppandosi quasi interamente al di fuori dell’agglomerato urbano di Colleferro.

“La sua realizzazione cambierà l’approccio dei cittadini alla mobilità e migliorerà la qualità della vita dei Colleferrini” dichiara il sindaco Pierluigi Sanna.

Purtroppo, la probabilità che questo possa avvenire appare molto remota ed il rischio che ci si trovi di fronte all’ennesimo sperpero di denaro pubblico è invece la quasi certezza.

La realizzazione di percorsi ciclabili volti ad incidere ed a migliorare la mobilità rendendola “sostenibile” passa infatti inesorabilmente attraverso l’impostazione di uno schema di rete.

Lo schema di rete dovrebbe essere disegnato partendo dalla rilevazione dei flussi di traffico esistenti e potenziali: una rete ciclabile che funzioni e che abbia senso, dovrebbe fare in modo che sempre più cittadini abbandonino l’auto ed usino la bicicletta nei propri spostamenti quotidiani.

La domanda da porsi allora è: quali sono gli spostamenti che la maggior parte dei cittadini fa quotidianamente? Fino a prova contraria, i flussi principali avvengono nelle direttrici casa-scuola e casa-lavoro (alias stazione ferroviaria). I flussi secondari potrebbero interessare invece le aree del centro, sede di servizi pubblici e commercio.

Ora, quali dei suddetti flussi passano attraverso la direttrice che collegherà Colleferro Scalo con il Quarto Chilometro? Chi mai abbandonerà la macchina per andare da Colleferro Scalo al Quarto Chilometro o viceversa se non per fare una passeggiata in bicicletta nel tempo libero?

Ecco che sarebbe quindi più corretto parlare di infrastruttura per il tempo libero che non di asse per la mobilità urbana: un nastro di asfalto sul quale fare andata e ritorno fino a quando l’entusiasmo iniziale per la novità non lasci spazio alla noia.

Per carità, meglio di niente, in una panorama piuttosto carente di strutture per il tempo libero.

Tuttavia, triste è pensare che si sarebbero potuti mettere a disposizione e spendere quei soldi per cambiare davvero l’approccio dei cittadini alla mobilità su percorsi dotati di senso e inquadrati in un progetto di rete.

Uno dei sistemi sempre più utilizzati per promuovere e realizzare efficacemente la mobilità ciclabile è, ad esempio, il ricorso a piste ciclabili “pop-up”, progettate da esperti. Colleferro più di altre città si presterebbe a tale tipo di realizzazioni. La maggior parte delle strade a doppia corsia (a partire da corso Filippo Turati) sono da anni utilizzate a senso unico: la corsia in più consentirebbe, in questi casi, la facile collocazione di una pista pop-up.

Le piste pop-up sono infatti infrastrutture economiche e leggere che possono spuntare rapidamente sul territorio senza complicazioni burocratiche o cantieristiche, a patto di essere ben concepite.

Si possono costruire con poco, andando a delimitare (con criterio) una parte della carreggiata esistente.

Il vantaggio è quello di riuscire in breve tempo ad offrire una rete ciclabile integrata che contribuisca nei fatti e non a parole alla mobilità dei cittadini.

Se poi, per errata valutazione, alcuni tratti dovessero non funzionare, altrettanto rapidamente potrebbero essere smantellati o spostati senza danni economici alla collettività. Percorsi risultanti invece funzionali e validi potrebbero essere oggetto nel tempo di una consolidamento definitivo.

Anche nel caso delle piste pop-up tuttavia, per incidere davvero sulla mobilità urbana, il progetto della rete dovrebbe precedere la realizzazione di un qualsiasi tratto.

Strutture costose concepite episodicamente, avulse da un disegno di insieme, portano quasi sempre a risultati parziali o totalmente nulli. Soldi buttati in pratica, utili solo a riempire di contenuto la narrazione facebook di amministratori influencers.

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