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Immagine del redattoreFrancesco Balducci

Valle del Sacco tra inquinamento e mancanza di posti letto negli ospedali

Uno studio del 2016, condotto da Eras-Dep, ha evidenziato un incremento del 34% di rischio di neoplasie polmonari per i cittadini che vivono a meno di 5 km dalle discariche

“Il Monocolo” ha intervistato Stefano Fabroni, presidente del Comitato Salute e Ambiente dell’ASL RM 5, ex dirigente medico del servizio di Anestesia e Rianimazione della medesima azienda presso l’ospedale di Palestrina, Colleferro ed Anagni.

Qual è la situazione sanitaria attuale nella zona e negli ospedali del territorio, anche alla luce della nuova ondata Covid? Il dato dei posti letto potrebbe abbassarsi?

Negli ultimi anni nella nostra ASL abbiamo avuto un posto letto ogni mille abitanti nel periodo pre-covid, dato quindi relativo agli ultimi 15 anni.

Prima stavamo intorno ai 2 posti letto, il che si è tradotto a 900 posti letto per 500mila abitanti. Attualmente viaggiamo intorno ai 400 posti letto, constatato il fatto che l’ospedale di Palestrina è diventato per la terza volta centro Covid.

Da oltre un anno, quando questa struttura venne chiusa per trattare il Covid, tutto il peso dell’utenza del polo ospedaliero Colleferro-Palestrina, il quale riunisce due distretti territoriali per un totale di circa 200mila abitanti, si è riversato esclusivamente sul nosocomio di Colleferro. Bisogna calcolare che vi è anche una parte dell’utenza della zona di Anagni (Paliano, Serrone, Piglio) che prima aveva un ospedale con 350 posti letto. Tradotto in numeri; oltre 200mila persone hanno un centinaio di posti letto e un solo pronto soccorso per pazienti non Covid.

Lei come descrive concretamente il problema attuale dei posti letto?

Il problema è il seguente; già prima non avevamo un tasso di posti letto ottimale.

Roma viaggiava a 4 posti letto ogni mille abitanti, mentre noi siamo stati al massimo intorno ai 2 posti letto ogni mille abitanti.

Adesso la situazione è gravissima e incandescente; si pensi al pronto soccorso di Colleferro che ormai versa in condizioni incredibili.

L’unica cosa che resta da fare è andare negli ospedali al di fuori di competenza della nostra ASL (Frosinone, Velletri, nosocomi della Capitale).

Intorno alle tematiche circa tali carenze sanitarie, veniamo supportati anche dal Comitato a difesa dell’Ospedale di Colleferro che già da anni porta avanti simili battaglie.

Considerando la zona della Valle del Sacco dove insistono discariche e conseguente inquinamento ambientale, queste carenze sanitarie non sanno un po’ di paradosso?

Queste zone dovrebbero essere potenziate per offrire servizi sanitari, visto che hanno il debito di avere delle discariche sul proprio territorio.

Il rafforzamento principale qui deve interessare principalmente i posti letto, al fine di offrire servizi a persone che potrebbero ad esempio presentare patologie polmonari. Avendo vissuto in questi territori della Valle del Sacco (Anagni, Colleferro) conosco la problematica ambientale. Ho perso amici giovani per neoplasie polmonari e genitori di miei amici.

Ho avuto un carissimo amico deceduto a 32 anni.

Da quanto tempo è nota questa problematica ambientale nei territori della Valle del Sacco?

Questa problematica è nota ufficialmente dal 1957, quando un senatore della zona fece un’interrogazione al Senato, riportando i pericoli gravanti sulla salute e provocati dall’inquinamento della Valle del Sacco.

Personalmente potrei mostrare un volantino datato 1979, nel quale si avvisava la popolazione circa la pessima condizione ambientale del territorio.

Negli ultimi anni si sono verificate delle novità; arriva la discarica di Colleferro, poi i nuovi insediamenti industriali (depositi di Amazon, Leroy Merlin), il parco giochi MagicLand e il Valmontone Outlet. Ciò ha portato ad un incremento dell’inquinamento dell’aria anche sotto il profilo veicolare, dato che il polo di Valmontone è diventato ormai da anni un’attrattiva turistica.

Veniamo all’ultimo studio di Eras-Dep del 2016, quello riguardante l’incremento del 34% di rischio di neoplasie polmonari per i cittadini che vivono a meno di 5 km dalle discariche. Che ne pensa in merito?

Da questo studio già sappiamo che c’è un aumento reale del rischio del 34% di neoplasie polmonari per i cittadini che vivono in un raggio inferiore a 5 km dalle discariche (Colleferro e Guidonia). Durante questi 6 anni cosa è stato fatto per potenziare la sanità sul territorio e per rispondere a questo incremento non solo di patologie tumorali ma di un 5% di aumento di ricoveri per problemi respiratori, specie nei bambini? Io vorrei sapere questo.

Ci si è limitati a stilare atti burocratici, ad avviare uffici e studi.

Oltre all’avvio fittizio della bonifica della Valle del Sacco, quali sono state, secondo Lei, le altre carenze?

Non abbiamo ottenuto alcun potenziamento delle strutture sanitarie.

Questa zona necessiterebbe di un incremento di posti letto negli ospedali, di controlli epidemiologici sui giovani, sui ragazzi, sulle persone che per motivi di lavoro sono a contatto con sostanze inquinanti.

A tutt’oggi questo non esiste. La politica di prevenzione è sulla carta. Bisognerebbe agire su due livelli; bonificare i territori inquinati a livello di acque, terreni ed aria e fare un controllo epidemiologico in modo da trovare rapidamente la patologia tumorale, quella respiratoria cercando d’intervenire sul singolo paziente.

Il più delle volte si arriva quando il danno è fatto.

Quello che si sta sviluppando oggi è il cosiddetto turismo sanitario.

Noi siamo costretti spesso, come cittadini di questa ASL, a fare dei viaggi all’Aquila, a Roma, a Latina, a Frosinone per veder soddisfatti i nostri diritti alla salute che sono costituzionali.


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