top of page
Claudio Sammartino

Velletri e Gioacchino Murat


VELLETRI - Nell'introduzione al suo insuperabile capolavoro il buon Manzoni scriveva che la storia "è una guerra contro il tempo" perché richiama in vita gli anni trascorsi, impedendo loro di essere sepolti nell'oblio generale.

Condividendo pienamente il pensiero di don Lisander, voglio proporvi e richiamare in vita un eroico gesto degli abitanti di Velletri che nel febbraio del 1798 si ribellarono contro la municipalità filo giacobina e partirono armati, per portare aiuto ai trasteverini dell'Urbe che stavano tentando di liberarsi del governo filofrancese.

L'insurrezione dei trasteverini si estese rapidamente ai Castelli Romani, e da Albano, Castel Gandolfo e da Velletri senza indugio partirono gruppi di cittadini armati alla meglio, ma con un forte proposito di liberare la Città Eterna dai filogiacobini.

L'odio antifrancese dei nostri predecessori era motivato dal comportamento vessatorio che le truppe al seguito di Napoleone misero in atto nei confronti delle popolazioni a loro avviso liberate, e ciò a partire dal 1796, anno dell'invasione dell'Italia.

I nostri antenati mal sopportarono l'anticlericalismo, le ruberie, gli atti sacrileghi (a Casamari ne sanno qualcosa!) e la tracotanza dei liberatori d'oltre Alpe; i Francesi ed i loro "collaborazionisti" si distinsero anche nell'abolire congregazioni religiose e nell'appropriarsi dei loro beni materiali. Si comprende allora la reazione delle nostre popolazioni che si mossero in difesa dei valori della tradizione e della religione, ma anche dei legittimi monarchi spodestati con la forza.

Ed ecco che i nostri figli di Velletri, mentre si dirigevano a Roma per l'aiuto concreto ai Trasteverini, ebbero la sfortuna di incontrare presso le Frattocchie un contingente di fanti e cavalleggeri francesi comandati dall'astro nascente Gioacchino Murat, il quale per le sue vittorie era da poco tempo stato promosso generale.

Inutile spiegare come mai con i suoi dragoni ed ussari il Francese ebbe subito ragione dei nostri compaesani, che disponevano soltanto di vecchi fucili, coltellacci, ed asce, ma soprattutto non erano guidati da un esperto ed autentico capo militare.

Non soltanto i nostri furono disarmati senza sparare un colpo, ma dovettero anche pagare un duro prezzo per la loro insurrezione.

Velletri si salvò dal saccheggio francese con una grossa multa in moneta sonante ed impegnandosi anche a mantenere a proprie spese un distaccamento francese, ospitato in città per controllarne la lealtà repubblicana.

Sinceramente non saprei dire se in Velletri questo eroico ma sfortunato episodio sia ricordato con qualche lapide o citazione; sarebbe auspicabile però che l'impresa dei legittimisti Veliterni fosse rivisitata con una conferenza oppure con un mini-convegno, che disseppellirebbe l'eroico gesto di chi mise in atto una sacrosanta ribellione contro l'imposizione della libertà non con la forza della ragione, ma con quella delle armi straniere.



6 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page